Sofia (Foto: X Factor Italia, pagina Facebook)

A X Factor vince la bambinizzazione della società, che paura e che noia

Simonetta Sciandivasci

Sofia porta a casa la X del talento, i Sierra tornano a Roma, Robbie Williams viene trattato come un Cugino di Campagna e Ultimo dimostra di nuovo di essere un grande mistero italiano

A Milano è molto difficile trovare un taxi, specie per telefono, però Malika Ayane è riuscita a prenderne parecchi e ieri sera ha detto che avrebbe vinto Sofia perché era nell’aria, e perché tutti i tassisti glielo avevano detto. Ed è davvero andata così: ha vinto Sofia. Contro tutti i pronostici, e pure le visualizzazioni, i like, i download, le condivisioni, che ci avevano dato per vincitori certi i La Sierra. I tassisti a Roma dicono a Max Pezzali quanto è messa male l’Inter e quanto lontana è la Tomba di Nerone (“in culandia”, per la precisione), mentre a Milano oracolano sul Sanremo di Sky. Sempre Zeitgeist è.

 

Sofia non meritava la vittoria, anche se all’inizio era sembrato di sì. I meritevoli erano i La Sierra, ma visto che non le previsioni ma le incidenze rilevano che vincere X Factor non fa troppo bene alla carriera, poco male. Nel mondo fuori dall’oblò, li aspettano tutti tantissimo. “Stamo a fa' er panico”, ha detto un loro amico che è andato a trovarli in studio, prima della diretta, quando Sila Bower, quello che dei due è il solo a usare l’autotune, quello nato in cardigan che neanche per cantare con Robbie Williams s’è messo addosso una giacca, gli ha chiesto cosa si dice di loro nel quartiere. Roma aspetta i La Sierra, dopo averli prestati a Milano, che a questo punto si spera li restituisca e non li inghiotta in quella sua idrovora dove vanno a finire tutti i cervelli in fuga dal Meridione, insieme alla pasta al forno in barattoli con cui le loro famiglie li inseguono.

 

 

Sofia non meritava la vittoria nonostante sia bravissima, abbia una voce eccezionale e a soli quattordici anni abbia scritto una canzone che cantano anche i boomer e che dice un paio di cose facili e irreali, nelle quali abbiamo creduto tutti, attraversandone l’illusione (tutti tranne lei, che non ci è passata se non per intuizione), e cioè che in amore sopravvive chi crede nel futuro e che chi sa aspettare resta vivo. Gli italiani non affiderebbero a un sedicenne neanche una busta della spesa ed è per questo che li televotano sempre quando possono: si scaricano così la coscienza, assolvono così al dovere di garantire una continuità generazionale. In più, gli italiani amano l’irrealtà perché è poco impegnativa e molto oziosa e si capisce che rispetto ai La Sierra, che scrivono e cantano con una certa insistenza di sudore, impegno, vita che è corsa campestre, discorsi che sono da pronunciare con enfasi, graffi che sono da guarire senza soccorso, Sofia che canta di lasciarsi semplicemente andare al fatalismo per vivere felici e contenti non può che trionfare.

 

 

Brava, brava anche con anima, certamente più di tutti gli altri, ma rispetto ai Sierra è un’artista striminzita (e scusate se lo diciamo, chiamate pure il telefono azzurro – sì, esiste ancora – e denunciateci per svilimento di minore).

 

Grazie lo stesso, La Sierra, ci rivediamo su Spotify, dai finestrini delle macchine in fila sul raccordo anulare ma pure su molte altre circonvallazioni siamo piuttosto certi che sentiremo venir fuori più quel vostro verso che fa “Io sono profondamente, io vivo profondamente, io amo profondamente, io dormo profondamente, io scrivo profondamente” che il mite e insipido “Il vento spettina soltanto i pensieri ma te ne freghi e balli in punta di piedi” di Sofia, o almeno così speriamo, non vorremmo friggere anche nel traffico. La vittoria di Sofia è l’ennesima prova di come in questo paese (come in molti altri) la bambinizzazione di tutto sia la sola regola vigente.

 

 

Meglio Sofia di Davide Rossi, comunque, che a un certo punto è sembrato potesse vincere e se fosse accaduto saremmo stati costretti, per riprenderci, a emigrare in un paese dell’Est Europa o a nasconderci sotto al letto rileggendo romanzi russi con i personaggi coi cognomi difficili e impronunciabili e non memorizzabili, per sanarci dall’ondata di anonimato che ci avrebbe travolti. Pensate che fatica sarebbe stata. Grazie per avercela risparmiata, italiani che comandate fino a quando avete stretto in mano il vostro telecomando. Che i Booda siano arrivati secondi è un altro mistero italiano, forse spiegabile con il fatto che l’elettorato virtuale e televisivo partecipa ai Friday for future e quindi non appena sente parlare di animali perde la testa – altrimenti perché a qualcuno dovrebbe piacere una canzone che suona più o meno come un bidone del vetro quando viene svuotato e dice “fatti un giro allo zoo, dove tutto è concesso, i leoni per uccidere non chiedono permesso” (che a pensarci bene è una regola che starebbe bene nella policy del Blog delle Stelle, e forse già c’è, anche se scritta diversamente – andiamo a controllare, poi vi facciamo sapere).

 

 

Sullo show cosa dire, se non che a Robbie Williams, non proprio un Cugino di Campagna, è stato rifilato il ruolo di maestro dello zecchino d’oro, mentre a Ultimo, uno spocchioso romano che fa sold out al Circo Massimo sempre per via di quei molti misteri italiani che fanno di tutti noi cittadini imbrigliati nell’oscurità, è stato regalato il palco del Forum di Assago per un tempo infinito. E’ l’Europa che cambia e si rimpicciolisce e rivuole la città stato: l’artista internazionale suona dieci minuti insieme agli imberbi, l’artista (beh!) nazionale suona il quadruplo, e da solo, su un palco assoluto, trattato come fosse il Re Sole.

 

 

Robbie Williams ha scritto “Angels” e Ultimo ha scritto “siamo soltanto bagagli, viaggiamo in ordini sparsi”, e noi ancora ci occupiamo di gender gap, ma non vediamo che burrone enorme continuiamo a scavare tra meritevoli e immeritevoli, e come portiamo in alto i secondi e in basso i primi, ma possibile che abbiamo tutte le priorità sbagliate?

  

 

Meno male che esiste anche un paese altrove, fuori da questo schifo di bolla che soltanto i tassisti sanno capire. Meno male che esiste una parte di questo paese dove fioriscono ventiseienni capaci di scrivere che “L’America ha scoperto la trap e l’Italia ha scoperto l’America”. Fa niente se a loro gli italiani da casa hanno preferito una ragazzina accerchiata da un coro di altre ragazzine in tuta rosa. C’est la vie, nananananaaa.

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