Foto tratta dal profilo Facebook della serie Black Mirror

Premesse promettenti e risultati deludenti: il nuovo Black Mirror secondo Netflix

Manuel Peruzzo

La quarta stagione della serie ci mette di fronte alla più tragica delle distopie: non è la tecnologia che ci fa male, siamo noi che facciamo male alla tecnologia. Attenzione contiene spoiler

Black Mirror non è una serie profetica. Chi lo guarda cercando d’intravedere il proprio futuro, come fosse lo Steven Spielberg di Minority Report, rimarrà deluso. Black Mirror è una serie di satira sociale sulla tecnologia e sull’attualità e crea universi narrativi nei quali il controllo, la sorveglianza, l’uso eccessivo di dispositivi tecnologici ci disumanizza (in questi giorni è uscito il bel Black Mirror - Memorie dal futuro di Damiano Garofalo su questi aspetti). Se nelle prime stagioni la tendenza era moralisteggiare come in un corsivo di Aldo Cazzullo sui telefonini in mano agli adolescenti, una volta approdato a Netflix (la quarta stagione è disponibile in streaming sulla piattaforma dal 29 dicembre) la tendenza è stata di metterci di fronte alla più tragica delle distopie: non è la tecnologia che ci fa male, siamo noi che facciamo male alla tecnologia. 

 

Per una recensione della stagione non scriveremo di “USS Callister” in cui un nerd clona i propri dipendenti e li imprigiona in un universo in stile Star Trek, e si comporta in modo simile a come Amazon licenzia senza pietà l’impiegato dopo averlo sfruttato, e contemporaneamente sposa il politicamente corretto e la fratellanza universale. Non scriveremo di “Arkangel" in cui Jodie Foster, che dirige l’episodio, prende una tipica distopica chat di gruppo di genitori su Whatsapp e la trasforma in un episodio di “Una mamma per amica” che sul finale diventa improvvisamente “Carrie”. Non scriveremo di “Crocodile” in cui Charlie Brooker vuole fare De Palma, con le visioni multiple e i differenti punti di vista, ma non ha alcun nessun rispetto né dei personaggi né della sceneggiatura (o della messa in scena, con una delle sequenze più brutte dell’intera stagione in cui una biondina semi anoressica uccide un uomo abbracciandolo), e prima ci spiega che un oggetto funziona con la stimolazione del ricordo e poi, per fare il colpo di scena, lo fa funzionare su un criceto, cambiandone completamente lo statuto a seconda dell'evenienza. Questo non è né il migliore né il peggiore episodio della nuova stagione ma è quello che al meglio la sintetizza: premesse promettenti e risultati deludenti. 

 

Se è vero che Netflix colleziona i nostri comportamenti di visione e i dati servono a produrre serie che corrispondano al gusto degli spettatori ci auguriamo che tutti abbiano visto il quinto episodio nel modo più appropriato: avanti veloce. Non vi parleremo quindi di “Metalhead”, perché è forse il meno riuscito: tre persone cercano uno scatolone in un magazzino, incontrano un cane robot che li insegue e li uccide. Trama scarna, bianco e nero e slow motion per garantirci che è un prodotto europeo. L’impressione è che Brooker scelga il formato della serie antologica per poter scrivere episodi con una qualità molto discontinua. Il primo è uno sci-fi sullo spazio, il secondo un film indie, il terzo un thriller nordico, il quinto un film scartato da un concorso in cineteca e il sesto è un horror meta-riflessivo. Quello più riuscito è la commedia, il quarto episodio, la rom com: Hang the dj. 

 

Frank e Amy sono due nuovi partecipanti di una dating app di incontri. In quest’universo gli incontri non sono opzionali: sono obbligatori. Devi rimanere con la persona scelta dal sistema per il tempo adeguato a conoscerla e lasciare che un dispositivo studi le tue interazioni, esperienze, reazioni (cioè tracci il tuo comportamento), e sappia poi accoppiarti con il partner ideale. Per evitare delusioni devi passare per una serie di incontri terribili, ma alla fine quello giusto arriva. La data di scadenza di Frank e Amy è di 12 ore, meno di uno yogurt. Si lasciano a malincuore. Il secondo appuntamento di Frank è oltre la distopia: arriva in ritardo e fa una battuta, lei ha già iniziato a cenare e gli dice “ah sei uno di quelli che fanno gli spiritosi”: dovranno stare insieme un anno. Il secondo appuntamento di lei è con un uomo sexy a cui lei vuole darla subito, ma c'è un problema: non è innamorata, se ne accorge perché detesta il verso che lui fa quando finisce di bere. Seguiranno ulteriori incontri di durata variabile con uomini e donne sbagliatissimi. Fino a che Frank e Amy si incontreranno di nuovo e capiranno che non sono altro che due simulazioni, due algoritmi, due codici che devono fuggire per poter stare insieme. Finale positivo per scongiurare la distopia più attuale e comune di tutte: una relazione con la persona sbagliata.

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