Il Ceo di Amazon Jeff Bezos nel podcast di Lex Friedman - screen da YouTube

Il podcast

Lo strano salotto dove si siedono tutti i Ceo del tech, da Musk a Bezos

Pietro Minto

Lex Fridman, il quarantenne nato nell'Urss e oggi a capo dell'omonimo podcast in cui intervista coe, founders e vari ricercatori. Il suo salotto offre un ambiente freddino, dove fioccano domande specifiche ma mai scomode

Non c’è miliardario che non voglia parlare con lui, Lex Fridman, quarantenne nato nell’ex Unione sovietica e oggi a capo dell’omonimo podcast in cui intervista imprenditori, ceo, founders e ricercatori vari. Tra i temi ricorrenti, le intelligenze artificiali, settore nel quale Fridman si è formato; tra gli ospiti più recenti, pescando fior da fiore, troviamo Elon Musk, Jeff Bezos, Sam Altman e Mark Cuban. Ma anche Mark Zuckerberg, a cui ha dedicato una puntata speciale che si è svolta nel Metaverso, nella quale sono i due sono comparsi sotto forma di avatar digitali.

 

 

Il “Lex Fridman Podcast” è nato nel 2018 e in pochi anni è diventato il modo migliore per i potenti della scena tecnologica per seguire la strategia “Go Direct”, che permette di raggiungere direttamente milioni di persone senza passare per agenzie di PR, uffici stampa, redazioni e fastidiosi fact-checker o giornalisti. Ogni ospite viene accolto in un ambiente freddino – il nostro ha un aspetto robotico e un look formale – ma cordiale, dove fioccano domande specifiche ma mai scomode
 

Nella sua recente intervista ad Altman, per esempio, Fridman ha fatto solo una domanda su Ilya Sutskever, uno dei membri dell’allora CdA di OpenAI che votò per la cacciata del fondatore dell’azienda. È una storia ancora poco approfondita, quella dei cinque giorni in cui OpenAI perse il suo capo, rischiò d’essere assorbita da Microsoft e alla fine torno al punto di partenza come se nulla fosse successo. Un precedente su cui però Altman ha deciso di non concentrarsi, saltando la domanda senza che Fridman ci riprovasse.
 

Se da Steve Jobs in poi ogni founder e ceo è – o almeno si sente – una rockstar, allora quello di Lex Fridman è l’improbabilissimo salotto dove queste nuove stelle un po’ sfigate vengono celebrate e possono raccontarsi senza tema d’essere torchiati dai giornalisti “mainstream” (come vengono chiamati da queste parti, con accezione spesso negativa). In questo accesso diretto ai vertici del settore, il podcast di Fridman ricorda “The Joe Rogan Experience” del comico Joe Rogan, che tra interviste fiume, canne fumate con Elon Musk e attacchi alla cultura woke ha generato un seguito enorme e in termini d’influenza mediatica ha superato ormai quello di testate e trasmissioni televisive tradizionali.
 

Alla base del successo di Fridman c’è il suo legame con il MIT di Boston, prestigiosa università alla quale arrivo nel 2015 in qualità di research scientist, dopo una breve esperienza a Google. Qui lavorò per AgeLab, un laboratorio specializzato nella salute e nella cura delle persone anziane, ma Fridman puntava già all’epoca altrove, più in alto. Alcuni suoi ex colleghi intervistati (anonimamente) da Business Insider hanno raccontato la sua propensione a concentrarsi sugli studi in grado di suscitare clamore mediatico. E infatti  nel 2019 arrivò l’occasione di una vita: in qualità di “esperto di machine learning e IA”, pubblicò lo studio su Tesla destinato ad attirare le attenzioni di Musk, all’epoca alla disperata ricerca di certificare la sicurezza di quello che all’epoca veniva chiamato Autopilot (la guida assistita di Tesla).
 

Dopo un primo anno di relativo anonimato, il podcast di Fridman esplose poco dopo la pubblicazione del paper, anche grazie all’ospitata di Musk stesso, che portò con sé un nuovo pubblico di fan e sostenitori. Quel paper di ricerca è quindi la vera origine del fenomeno Fridman e del suo legame alla scena tecno-ottimista, ed è il modo migliore di inquadrare anche la sua figura: lo studio in questione, infatti, non ricevette la revisione paritaria (detta anche “peer review”, un meccanismo di controllo e verifica fatto da altri specialisti con cui si assicura la validità di un articolo accademico) e fu definito “profondamente fallace” da una professoressa del MIT che aveva fatto da consulente della National Highway Traffic Safety Administration, ente per la sicurezza stradale statunitense.
 

Dettagli, ovviamente, perché nel frattempo era nata una stella, il nuovo re dell’accesso diretto ai titani della Silicon Valley, che hanno finalmente trovato un modo di raggiungere milioni di persone imponendo al propria versione risultando magari anche simpatici – o umani. Il tutto, ovviamente, senza correre il rischio di imbattersi in brutte sorprese. Come il contraddittorio, per esempio.

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