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Lo spot

La versione italiana di “Weather Kids”. Bambini meteorologi per sostenere idee di adulti immaturi

Antonio Gurrado

In occasione della giornata mondiale della tecnologia l'Onu affida ai bambini la campagna sul cambiamento climatico. Essendo particolarmente immaturi, gli adulti di oggi forse ritengono che le proprie idee debbano essere avallate (se non perfino pensate) dai bambini

Piove, spunta il sole, e in tv c’è una bambina che, anziché attaccare con la solfa di marzo pazzerello, tiene finte previsioni meteo in cui ci mostra come sarà il tempo nel 2050. È la versione italiana del programma Weather Kids, un’iniziativa dell’Onu che – fra un cessate il fuoco e l’altro – affida a bimbi di tutto il mondo la campagna sul cambiamento climatico e sui disastrosi effetti, in occasione della giornata mondiale della meteorologia.

Accompagnata dalla fida traduttrice per non udenti, la piccola Sara ci onora di un “bollettino meteo molto speciale”, che in un minuto concentra tutto quello che avremmo voluto sapere sul cambiamento climatico, e che non osiamo più chiedere perché ce lo ripetono continuamente. Quasi reincarnazione più giovane – e perciò più innocente e veritiera – di Greta Thunberg, Sara esordisce col catastrofismo, dicendoci che “da nord a sud abbiamo tanti problemi”, e ci ammonisce poiché, “se non ascoltiamo gli scienziati, le cose saranno anche peggiori, quando crescerò”. Infatti, nel 2050, le ondate di calore impediranno ai bambini di giocare all’aperto (all’epoca, tuttavia, lei dovrebbe essere sulla trentina) e la siccità estrema renderà più difficile fare la pizza. Quando si presume che già i telespettatori stiano abbandonando la poltrona in favore del bunker, ecco che Sara da profetessa di sventura si fa sacerdotessa paradisiaca: “Non preoccupatevi!”, ci consola, vedremo cieli limpidi se si creerà un “sistema di alta pressione” di adulti che intervengano per proteggere i bambini, nonostante il prevedibile sollevarsi di “forti venti politici”, tuttavia non paragonabili al ciclone Elsa, ovvero la madre della fanciulla quando si arrabbia.

La réclame ci lascia assicurandoci che “questo problema è completamente risolvibile”, perché “è il nostro futuro”. Sara non lo sa, ma è l’ultima generazione – no, non in quel senso: quello lo sa benissimo – dicevo, è l’ultima generazione di quell’organismo politicamente modificato che è il bambino del Palasharp. Ve lo ricordate il dodicenne che inveiva contro Berlusconi? Serviva a dimostrare ai genitori di essere nel giusto poiché i figli ripetevano ciò che avevano sentito da loro; essendo particolarmente immaturi, gli adulti di oggi evidentemente ritengono che le proprie idee debbano essere avallate dai bambini, se non addirittura derivare dai loro cervellini. Dietro lo spot dell’Onu giace lo stesso principio che, da “Bravo bravissimo” in poi, induce i grandi a sdilinquirsi per i piccoli che li imitano, per la marmocchia con gli occhiali che s’ingobbisce come Andreotti, per i tre tenorini che sparano acuti con le loro voci biancastre. E, dovendo imitare adulti non particolarmente originali, la povera Sara – che da grande forse se ne renderà conto – ricorre al loro armamentario di luoghi comuni, primo fra tutti l’alternanza fra l’esordio catastrofistico (tutti si lamentano, tutti hanno paura) e la conclusione consolatoria (nessuno vuole lamentarsi davvero, nessuno vuole guardare la paura in faccia). Usa la parolina magica “futuro”, che vuol dir tutto ma soprattutto non vuol dire niente, riferendosi a qualcosa che non esiste; si concede un détour grillino criticando i politici in generale, probabilmente perché all’Onu siedono pizzicagnoli e liutai; a contraltare chiama gli scienziati, anche qui ridotti a categoria astratta, che se vogliamo prendere il testo alla lettera dovrebbero fomentare una rivolta dell’opinione pubblica adulta (la famosa “alta pressione”) allo scopo di proteggere i figli.

Ne deduco che io, non essendomi riprodotto, posso circolare in elicottero, gettare batterie nel Seveso e tenere il condizionatore al massimo, non avendo nessuno da proteggere. Tutto però si conclude e culmina nella battuta da prete sulla mamma-ciclone, di cui la povera Sara incosciente dovrà vergognarsi per tutta la vita; infatti, di fronte a un qualsiasi bimbo noi vogliamo dire “Oh che carino” anche quando, come nelle chiese barocche dedicate alle anime del Purgatorio, ci mostra un teschio e ci apostrofa: “Lo vedi questo? Presto sarai così”. 

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