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Intelligenza artificiale

Cos'è la democrazia? Risposte dal chatbot di Anthropic. Per una “IA costituzionale”

Ludovica Taurisano

La start-up fondata dagli ex programatori di OpenAi ha lanciato Claude, l'assistente virtuale addestrata attraverso la Dichiarazione universale dei diritti umani del 1948

Uno pronuncia “democrazia” confidando nella potenza denotativa di questa parola, credendo cioè che in questa comunicazione l’emittente e i riceventi si troveranno allineati concettualmente. Ma la parola in questione è talmente poderosa da necessitare di accorgimenti per ottenere un reale consenso semantico su ciò di cui stiamo parlando quando parliamo di democrazia. L’idea a cui crediamo di riferirci in modo unanime e condiviso, è invece spesso resa malsana dalla pallida cera del pensiero confuso, che confonde le declinazioni. “Viviamo in una democrazia, la democrazia è morta viva la democrazia”, sono tutti abbagli cognitivi che ci afferrano, se non facciamo uno sforzo di specificazione: è una democrazia tecnocratica o plebiscitaria quella che stiamo invocando? Quanto rappresentativa? Quale componente deliberativa ha al suo interno? Cosa intendiamo per “partecipazione” dentro questo poliforme contenitore democratico?


Nell’esercizio di autocomprensione normativa che il modello teorico fa di sé, si deve passare per la pratica concreta che testa il prototipo ideale; a volte, il processo è inverso, e i mutamenti di passo vengono in seguito sistematizzati filosoficamente. Ciò è stato vero per gli anni Sessanta, quando l’ideale di autodeterminazione individuale cercava una comunione con quello di fraternità nella cosiddetta democrazia partecipativa. Ed è ancora più vero oggi, quando sui grandi temi polarizzanti (tra tutti il cambiamento climatico) le innovazioni democratiche provano a recuperare la dimensione collettiva di produzione di pareri attraverso il dibattito. E se davvero la democrazia è una creatura viva, un’istituzione palpitante ed eternamente in stato nascente, eccola alle prese con la peculiare rivoluzione del suo tempo, quella digitale. Sono innumerevoli i punti di contatto, forse frizione, tra le nuove intelligenze artificiali e le antiche sapienze democratiche: che ne sarà delle elezioni autenticamente libere, dove comincia a inquinarsi il dibattito pubblico, come si esercita la cittadinanza digitale e che possibilità concrete si immaginano per l’e-democracy. Oppure, avremo o no il diritto di esprimerci sull’IA se proclama di dilagare pervasiva nelle nostre vite? Mentre i policy makers e i lobbysti fanno la loro parte, tra audizioni in Senato e tech congress da Austin a Lisbona, anche Meta si è attivata implementando un forum collettivo basato sul deliberative polling, strumento formulato da James Fishkin negli anni Novanta.

Più recente l’asso nella manica di Anthropic, startup fondata da Daniela e Dario Amodei, in precedenza programmatori per OpenAi. Il chatbot di Anthropic, Claude, è stato lanciato nella sua ultima versione nel luglio 2023, proclamando un modello di apprendimento volto a creare una “IA costituzionale”. Ciò ha implicato l’uso della Dichiarazione dei diritti umani del 1948, assieme ad alcune linee guida di Apple più in sintonia con i bisogni della contemporaneità più attuale, nel processo di addestramento del chatbot. Ancora più degno di nota il processo deliberativo online avviato da Anthropic per la “costruzione collettiva” di una costituzione per l’IA. Come per i processi deliberativi classici basati su un principio di lotteria democratica, e cioè di coinvolgimento di un campione rappresentativo della cittadinanza di riferimento, Anthropic – in collaborazione con Polis e Collective Intelligence Project – ha posto una serie di domande per raccogliere pareri che determineranno poi le risposte stesse dell’IA. Tra le questioni più divisive, e quindi scartate, il bilanciamento tra preferenze individuali e interesse pubblico: in caso di dubbio, su cosa significhi in ultima istanza democrazia, lasceremo decidere a Claude.