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Facebook e Instagram avranno una versione a pagamento. Sono mai stati veramente gratuiti?
Il Regolamento generale sulla protezione dei dati dell'Unione europea ha spinto Meta a cambiare. L’iniziativa di Zuckerberg avrà successo o andrà incontro a un fallimento annunciato?
Il lancio di una versione di Facebook e Instagram a pagamento porta con sé un convitato di pietra, ovvero il Regolamento generale sulla protezione dei dati (più noto come Gdpr, dall'inglese General data protection regulation). Ma cosa c’entra il regolamento dell'Unione europea che disciplina il modo in cui le aziende e le altre organizzazioni trattano i dati personali con la scelta di una multinazionale? Molto a livello comunicativo, ben poco a livello commerciale. Anche se potrebbe sembrare il contrario, i due livelli sembrano collidere con le intenzioni che Meta vuole portare avanti nel mercato europeo.
Facebook è mai stato veramente gratuito?
Una delle promesse imperiture di Mark Zuckerberg è che Facebook sarebbe rimasto gratuito “per sempre”. Nominalmente è sempre stato così, lo si leggeva financo in prima pagina, anche perché nessuno - prima della spunta blu a pagamento o della scelta di ieri - aveva mai pensato di pagare un solo centesimo per accedere. In realtà, due anni fa, il Consiglio di stato aveva detto che Facebook non poteva più pubblicizzare il proprio servizio come gratuito, e l’utente doveva essere informato sulla commercializzazione dei suoi dati. L’oggetto del contendere era il provvedimento del 29 novembre 2018 dell’Autorità garante della concorrenza e del mercato con cui l’Antitrust italiana aveva contestato alle società Facebook Inc. e Facebook Ireland Limited la messa in campo di due distinte pratiche commerciali scorrette. I dati valgono qualcosa, sono una merce di scambio, questa la tesi.
La scelta di far pagare per essere coerenti al Gdpr
Se già allora il Consiglio di Stato aveva ribaltato l’interpretazione del “dato personale” che sosteneva Zuckerberg, il rischio che possa avvenire di nuovo è concreto. Nel lungo comunicato si legge che “per rispettare l'evoluzione delle normative europee, stiamo introducendo una nuova opzione di abbonamento nell'Ue, nello Spazio economico europeo e in Svizzera. A novembre offriremo [...] la possibilità di continuare a utilizzare questi servizi personalizzati gratuitamente con annunci pubblicitari o di abbonarsi per non vedere più annunci pubblicitari. Finché gli iscritti sono abbonati, le loro informazioni non verranno utilizzate per gli annunci”.
Traducendo in maniera più diretta, bisogna pagare per non essere tracciati come è accaduto in questi anni. Un dilemma non da poco che, con buona probabilità, diventerà un nuovo tema di scontro legale: un profilo a pagamento è conforme al GDPR a cui dice di attenersi Meta? Perché, nei fatti, è praticamente un aut aut: se puoi permettermi di abbonarti, ti potrai godere i tuoi diritti da cittadino europeo altrimenti non avrai la possibilità di disattivare le forme di tracciamento per personalizzare la pubblicità.
Perché si paga di più su iOS e Android?
Abbonarsi costerà una bella cifra che cambia a seconda di dove ci si vorrà abbonare: si pagherà da un minino di 9,99 euro via web a un massimo di 12,99 euro al mese se si sceglie di farlo tramite smartphone. Questa scelta, comune a tante altre applicazioni, si scontra con un altro problema che meriterebbe un capitolo a parte: Apple chiede il 30 per cento di commissioni a chi utilizza l’App Store per i pagamenti digitali, similarmente fa Google sul suo corrispettivo. Insomma, in questa inedita battaglia tra colossi, ognuno cerca di guadagnare qualcosa dal mercato dell’altro. Niente di nuovo, ma è una comodità – quella di abbonarsi dal proprio cellulare – che costerà cara, non a caso i cosiddetti marketplace digitali sono una delle attività più redditizie in questo business.
Trovata geniale o fallimentare?
Rimane un ultimo quesito da risolvere, forse il più importante. L’iniziativa di Zuckerberg avrà successo o andrà incontro a un fallimento annunciato? La pubblicità non sembra riscuotere un grande interesse nel pubblico generalista dei social network: gli annunci non sono un tema così importante, anzi spesso danno fastidio perché sono incoerenti con i nostri interessi. Il che dice molto di quanto lavoro debba ancora fare la stessa Meta per continuare a incassare miliardi di dollari dagli inserzionisti. Insomma, sembra molto più facile vendere una spunta blu per dire alla propria zia che siamo davvero noi che trovare qualcuno disposto a pagare per non vedere più la Pro Loco che sponsorizza la sagra del proprio paese.
la causa negli stati uniti