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Virus tecnologici

Da Nyt a Bbc. L'incidente ai cloud dei grandi siti è una luce sulla prossima pandemia

Carlo Alberto Carnevale Maffè

Meno del 5 per cento dell'enorme mercato dei servizi dati è in mano a player europei. Una dipendenza tecnologica che rischiamo di pagare a caro prezzo

La prossima pandemia non sarà biologica, ma tecnologica. Se non si predispone un piano di prevenzione – istituzionale e condiviso – contro i rischi di default del sistema informativo che ormai regge tutti i processi della vita sociale contemporanea, si mettono a repentaglio l’economia e la democrazia dell’Occidente. L’incidente di ieri a un provider di servizi cloud che ospita, insieme a servizi del governo britannico, anche alcuni dei più importanti siti internet dell’informazione mondiale – dalla Bbc alla Cnn, dal New York Times, a Le Monde, The Guardian, Financial Times, Il Corriere della Sera, alle piattaforme Vimeo, Reddit e Twitch – ha bruscamente ricordato anche ai distratti europei i rischi di una tanto miope quanto irresponsabile dipendenza tecnologica. Oltre a questi ormai frequenti malfunzionamenti infrastrutturali, si ripetono attacchi hacker devastanti, come quello che ha bloccato la rete di oleodotti della Colonial Pipeline in USA e che ha portato, stando a Bloomberg, al pagamento di un riscatto milionario ai pirati di DarkSide. Le istituzioni Usa, insieme al poderoso ecosistema tecnologico americano, stanno reagendo: il 12 maggio Biden ha firmato un importante ordine presidenziale per rafforzare la sicurezza e l’affidabilità delle infrastrutture cloud, considerate interesse strategico nazionale. L’intervento impone severi processi di prevenzione e controllo sulle infrastrutture digitali e si orienta verso la “zero trust architecture”, ovvero la logica di massima protezione per ogni device e ogni accesso ai sistemi critici. E da noi?

 

Proprio mentre il piano Next Generation Eu punta alla trasformazione digitale come paradigma per la ripresa post-pandemica, l’Europa rischia di pagare carissimi decenni di frammentazione nazionalistica delle scelte politiche in tema di tecnologie digitali. L’emergenza sanitaria ha accelerato la migrazione su piattaforme digitali di una vasta gamma di servizi e, con loro, di grandi masse di utenti. Secondo Gartner, tuttavia, meno del 5 per cento dell’enorme mercato dei servizi dati su cloud per società quotate è in mano a player europei. I governi dell’eurozona sono stati impegnati a coltivare gli orticelli tecnologici dei propri campioncini nazionali. Il risultato è sotto gli occhi di tutti: mentre gli americani hanno affermato il loro dominio globale sulle architetture cloud, l’Europa ha finora fatto solo del gran fumo. L’antagonismo sovranista che considera i big player statunitensi un nemico da sconfiggere, magari per favorire commesse tecnologiche locali, è del tutto velleitario. La strada corretta è un modello aperto e federato, interoperabile e responsabile. E’ l’approccio del progetto Gaia-X, nato su spinta franco-tedesca e - tuttora timidamente - appoggiato anche dal Governo italiano; oggi associa centinaia di imprese private e istituzioni pubbliche europee nello sforzo di definizione di un modello architetturale che coniughi robustezza e trasparenza, affidabilità e inclusione. Vi partecipano anche i grandi cloud service provider Usa, in uno sforzo che vede l’intero occidente collaborare alla creazione di istituzioni tecnologiche ispirate ai valori delle democrazie liberali, senza affidarsi ciecamente a oligopoli privati ma anche senza velleità di interventi statalisti, come invece accade nel caso cinese.

 

E in Italia? Il Recovery Plan promette finalmente di realizzare una tardiva migrazione al cloud dei servizi della Pa, ma non chiarisce del tutto a che condizioni tecnologiche, economiche e istituzionali avverrà questa fondamentale trasformazione organizzativa. La stessa interdipendenza tecnologica globale che ci ha salvato dal Covid-19 – grazie alla ricerca scientifica, al lavoro in remoto e alla didattica a distanza – sarà domani il più grande vincolo e insieme la più grande opportunità per lo sviluppo economico e sociale. Costruire tecnologie affidabili è un’ineludibile scelta istituzionale, se non addirittura precisa strategia geopolitica. Il cloud è ormai piattaforma abilitante di molti beni pubblici, come l’informazione, l’educazione, la sanità, la sicurezza: è troppo importante per lasciarlo agli informatici. Ma è troppo critico per affidarlo a una politica provinciale, distratta e impreparata.
 

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