Facebook, in Svezia i primi server al di fuori degli Stati Uniti (foto LaPresse)

Social network, nuovo Leviatano

Tendono a diventare un soggetto politico, a scapito della sovranità degli stati e dei popoli, scrive Robert Redeker su FigaroVox. Un potere crescente e fuori controllo

Ogni lunedì, segnalazioni dalla stampa estera con punti di vista che nessun altro vi farà leggere, a cura di Giulio Meotti


    

Mai l’adagio spinoziano “Non ridere, non lugere, neque detestari, sed intelligere” è stato così appropriato come nell’affaire in cui la vittima è Benjamin Griveaux (ex candidato al comune di Parigi per la République en marche, il partito del capo dello stato francese, Emmanuel Macron) – scrive Robert Redeker* su FigaroVox. Deplorare, lamentarsi, dare lezioni di morale sono inclinazioni e riflessi che, in tali circostanze, rendono ciechi. Siamo ben lungi dall’aver cominciato a pensare quali siano le conseguenze dei social network sulla vita politica. Forse siamo solo all’inizio di una rivoluzione nella vita pubblica di cui facciamo fatica a definire i contorni, e dove la disavventura in forma di innaffiatore innaffiato capitata a Benjamin Griveaux non è altro che l’episodio di apertura.

 

Dietro due fenomeni imparentati, l’apogeo di Greta Thunberg e la caduta di Benjamin Griveaux, riscontriamo gli indizi di una riconfigurazione di vasta portata dei codici e delle strutture della vita politica. La digitalizzazione del mondo, accelerata dai social network, provoca dei cambiamenti nei comportamenti umani, che fanno saltare definitivamente un certo numero di barriere, tra cui quella che separa la vita pubblica dalla vita privata. Nel libro “L’Espace public”, il filosofo Jürgen Habermas ha ricordato che la vita privata è stata distinta dalla vita pubblica, e dunque ritenuta uno spazio inviolabile, con l’ascesa della borghesia al tempo dei Lumi. La sacralizzazione della vita privata è legata all’opera di civiltà dell’epoca borghese della storia, di cui è il suo miglior frutto, e da cui stiamo uscendo.

 

La rivoluzione tecnologica in corso – la rivoluzione digitale – rifiuta l’organizzazione borghese della vita collettiva del passato. A causa di queste tecnologie, gli uomini non potranno più prendersi cura di giardini segreti dai fiori poco velenosi. L’utopia digitale lo esige: nel nuovo mondo, non ci sarà più nessuna doppia né tripla vita, e l’animo umana dimenticherà quei numerosi recessi oscuri, ribelli alla trasparenza, quei rifugi fatti per l’invisibilità che lo caratterizzavano. L’universo digitale che grava su di noi vuole che l’animo umano sia semplice e translucido, che sia solo un’entità senza doppio né triplo fondo. Queste tecnologie preparano il trionfo dell’uomo unidimensionale. Il paradosso di Frankenstein, la cui creatura, dotata di intelligenza e di linguaggio, si rivolta contro il creatore, diventa, con Twitter e Facebook e i loro cloni, realtà. Di fatto, anche se non ne hanno l’aria, assomigliando a uno strumento al servizio degli interessi e delle passioni umane, i social network sono una macchina che, alla maniera del mostro confezionato da Frankenstein, si è autonomizzata, fagocitando i suoi utenti, gli internauti. Inghiottiti, diventano parte di questa macchina, che li metabolizza, e di cui non sono altro che funzioni. Ormai, sempre di più, e in un numero crescente di settori, sono i social network, ossia i dispositivi tecnici, che prendono le decisioni. Non si accontentano di decidere se questo o quell’attore ha il diritto di essere onorato al Festival di Cannes. Vanno molto più lontano. Scelgono chi può presentarsi davanti agli elettori. La decisione appartiene sempre meno agli uomini e sempre più ai social network. Questi ultimi sono diventati dei dispositivi tecnici che cercano di indicare una morale e dettare la legge al posto delle istanze tradizionalmente adibite a questi compiti: le istituzioni politiche, filosofiche o religiose.

  

Identifichiamo in questa sostituzione la vera rivoluzione violenta della nostra epoca. La figura dello stato-Leviatano, di cui Thomas Hobbes fu il teorico, si è imposta in Europa nel Diciassettesimo secolo per uscire dall’anarchia violenta in cui era caduta dai tempi del Rinascimento. Secondo Hobbes, questo “grande Leviatano che chiamiamo repubblica o stato”, è “un uomo artificiale” composto dalla moltitudine degli uomini di una terra. Insomma, una macchina composta da uomini. In esso, dice il filosofo, “la sovranità è un’anima artificiale”. Un’altra macchina, composta anch’essa da uomini – l’insieme dei social network – entra ormai in concorrenza con questi stati, minando la loro legittimità a governare e a prendere delle decisioni.

  

Armati della loro buona coscienza, reincarnazione parodistica dell’anima buona di un tempo, questi social network si pongono al di sopra degli stati. Ritengono di avere la vera sovranità, si sostituiscono a quella che è stata enunciata un tempo da Hobbes – l’anima digitale del mondo. Anima: realtà che dice ciò che è il bene e ciò che è il male, ciò che è giusto e ciò che è ingiusto, che giudica e condanna, che fa applicare queste sentenze, in altre parole il potere spirituale. In quest’ottica, lo stato crolla al rango di esecutore di sentenze pronunciate dai social network, riconoscendo l’abbandono della propria sovranità, la propria anima.

  

Questo slittamento della decisione verso nuove istanze stravolge la ripartizione dei poteri, ignora e declassa – malgrado le resistenze, destinate al fallimento, di alcuni stati, come la Cina, la Russia o l’Iran – le frontiere geopolitiche, altera la sovranità degli stati, rimette in discussione la costituzione dei popoli e delle nazioni. Tutti possono constatarlo: i social network sono dei dispositivi tecnologici che si comportano come se fossero dei popoli o delle nazioni, prendendo il loro posto. Detto in altri termini, sono delle macchine che cercano di diventare il nuovo soggetto politico, anelando a rispedire i soggetti polititi che conoscevamo fino a oggi, i popoli e le nazioni, alla preistoria dell’umanità. In questo ruolo, formano un nuovo Leviatano, ma a differenza del vecchio, senza contorni e senza frontiere, si organizzano in una sorta di cielo, il famoso “cloud”, nuvola che, nonostante la sua natura virtuale, genera terribili effetti di realtà. Bisogna identificare e pensare il male prima di combatterlo. In questi tre verbi – identificare, pensare e combattere il nuovo Levatiano, per salvaguardare l’umanità complicata, non unidimensionale – si condensa il compito politico delle nuvole generazioni.

  

(Traduzione di Mauro Zanon)

 

*Scrittore e professore di filosofia, Robert Redeker ha appena pubblicato “Les sentinelles de l’humanité. Philosophie de l’héroïsme et de la sainteté” (Desclée de Brouwer)

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