Mark Zuckerberg (foto LaPresse)

Credere ai buoni propositi di Zuckerberg sulla privacy?

Eugenio Cau

La rivoluzione copernicana di Facebook ha un problema: continuare a fare soldi

Milano. Quando, mercoledì nella notte italiana, Mark Zuckerberg ha pubblicato un lunghissimo post annunciando che Facebook sarebbe diventato un social network che mette la privacy al primo posto, molti osservatori hanno cominciato a parlare di Exxon e di Saudi Aramco. Facebook che parla di privacy è credibile tanto quanto i giganti estrattori di carburanti quando parlano di cambiamento climatico, dicevano. Sulla violazione della privacy Facebook ha costruito la più grande macchina pubblicitaria della storia (l’altra è quella di Google), che l’anno scorso ha fruttato 55 miliardi di dollari di entrate e un margine di profitto del 45 per cento. È comprensibile lo scetticismo attorno ai buoni propositi di Zuck, che difficilmente metterà a repentaglio tutta questa abbondanza.

  

Torniamo un attimo indietro. Il post pubblicato da Zuckerberg si intitola “Una visione concentrata sulla privacy per i social network”, e porta dentro di sé idee che potrebbero essere una rivoluzione copernicana per Facebook, che vorrebbe diventare il social network della privacy. Elenchiamoli brevemente: il “News Feed” di Facebook diventerà obsoleto; la comunicazione diventerà più intima e si sposterà nelle chat, come Messenger e WhatsApp; queste chatterranno unite e comunicheranno tra loro; queste chat saranno protette da crittografia end-to-end, che significa: nessuno, nemmeno Facebook potrà accedervi; se l’utente vuole, queste chat potranno sparire dopo un tempo determinato; Facebook si impegna a garantire la sicurezza degli utenti e a non conservare dati in stati autoritari, cosa che impedirà definitivamente l’ingresso del social network in Cina e forse provocherà la sua cacciata da altri paesi.

   

Dal punto di vista dell’utente preoccupato, la prospettiva sembra ottima. Zuckerberg vuole che Facebook smetta di essere una grande piazza comune e diventi un insieme di chat intime e accoglienti, private e protette da crittografia. Questo non migliora il problema della misinformazione (anzi, lo peggiora: esattamente come ci si scambia informazioni dannose e pericolose sui gruppi Facebook, si continuerà a farlo sui gruppi di chat, con la differenza che la polizia postale non potrà accedervi), né risolve i problemi politici (chi considera Facebook una minaccia per la democrazia continuerà a farlo), ma quanto meno dovrebbe alleviare i patemi di chi sente la sua privacy continuamente minacciata.

  

Peccato che Zuckerberg, in oltre tremila parole di post, dimentichi di spiegare una cosa, che ha notato su Twitter Geoffrey A. Fowler, il columnist del Washington Post: “Non ha detto in che modo Facebook farà soldi in un mondo in cui rispetta la privacy”. Zuck ha scritto che ci sono molte “prospettive di business”, e alcuni hanno immaginato un modello simile a quello della app cinese WeChat, che è una piattaforma per fare acquisti e comprare infiniti servizi. Possibile, ma WeChat non è certo un campione di privacy, anzi. Altri, invece, hanno semplicemente immaginato l’ipotesi peggiore: Zuck ci sta menando per il naso ancora una volta. Facebook ha annunciato moltissime soluzioni per la privacy che non ha mai adottato. Nel 2015 disse che avrebbe consentito agli utenti di fare login in maniera anonima (non è mai avvenuto). Lo scorso maggio, promise che gli utenti avrebbero potuto cancellare la loro cronologia di navigazione connessa a Facebook (ancora oggi non possono farlo). E proprio in questi giorni, mentre annuncia un nuovo “focus sulla privacy”, Facebook sta combattendo ferocemente contro una nuova legge in California che, guardacaso, difende proprio la privacy.

   

Il modello di business di Facebook dipende dall’accesso ai dati riservati degli utenti. Concentrarsi sulla privacy significa che Facebook ha trovato un modello di business completamente diverso da quello che l’ha reso una delle dieci aziende di maggior valore al mondo, e che ancora non ce lo vuole dire. Altrimenti, Zuckerberg è pronto ancora una volta a distorcere il concetto di cosa significa privacy.