Il Ceo di Microsoft Satya Nadella, di origine indiana (Foto LaPresse)

La pazienza di Satya Nadella

Eugenio Cau

Un timido ceo di origine indiana ha fatto uscire Microsoft dal rischio dell’oblio, contro tutte le attese. Decisivi due libri, e un’intuizione

Una delle mosse più importanti che abbia fatto Satya Nadella durante la sua carriera da ceo di Microsoft è stata una rinuncia. Da molti anni a questa parte, il mercato più promettente del mondo è quello degli smartphone. Apple è diventata l’azienda più ricca della storia grazie al suo iPhone, Google ha fondato buona parte del suo predominio tecnologico sul sistema operativo Android; perfino Amazon, in tempi relativamente recenti, ha provato a mettere sul mercato un suo smartphone, il Fire Phone, che fu annunciato nel 2014 e fu un flop. Altre aziende del settore tecnologico, come Facebook, contano sul settore degli smartphone per una fetta ormai predominante delle proprie entrate, anche se non hanno prodotto il loro apparecchio.

Nel 2010, Microsoft decise di unirsi alla festa e lanciare il suo Windows Phone, un sistema operativo per smartphone che aveva molti elementi interessanti, a partire dal design. L’anno successivo, Microsoft siglò una partnership esclusiva con Nokia, la casa finlandese che, nonostante il declino, ancora godeva di eccezionale fama data dal suo antico predominio sul mercato. Nel 2014 Microsoft completò l’acquisto dell’intera azienda per 5,4 miliardi di euro. Nel frattempo, aveva cominciato a produrre i suoi smartphone, i Windows Phone, che ottennero anche un certo successo. Non erano prodotti di fascia alta, ma telefoni affidabili che costavano poco. Fino a qualche anno fa ce n’erano molti in giro in Italia, con quel loro software fatto a piastrelle colorate, si chiamavano “Lumia”, dal nome che Nokia aveva dato alla sua linea di smartphone. Per un periodo alcuni ritennero che Microsoft avrebbe potuto fare bene sul campo. Gli analisti di Idc dissero perfino che entro il 2015 i Windows Phone avrebbero superato gli iPhone in diffusione. Non è mai successo.

 

Da due settimane Microsoft combatte testa a testa con Apple per il podio di azienda di maggior valore al mondo. Non succedeva da 20 anni 

La massima quota di mercato che gli smartphone di Microsoft sono riusciti a ottenere è stato il 3 per cento nel 2013 (dati Gartner). Non è un numero terribile: stiamo parlando di un business multimiliardario, e avere anche soltanto il 3 per cento significa ottenere entrate lucrose. Ma la cifra non era sufficiente per compensare gli investimenti che Microsoft aveva fatto nel settore. Steve Ballmer, il successore di Bill Gates che è stato ceo di Microsoft fino al 2013, lo ammise in un’intervista: siamo stati troppo lenti a capire dove andava il mondo.

 

A questo punto, siamo attorno al 2013, Microsoft aveva due scelte davanti a sé. La prima era quella di perseverare nell’impresa di conquistare il settore degli smartphone. Non era insensata. Ormai tutti avevano capito che il futuro della tecnologia risiedeva in quel mercato, Microsoft è un’azienda ricca che può investire miliardi di dollari con facilità, e soprattutto ne aveva già investiti molti, di miliardi. Non sarebbe stato folle pensare a un grande piano di rilancio: una volta che sei entrato nella mischia devi continuare a combattere fino alla vittoria, no? La seconda possibilità per Microsoft era abbandonare tutto. Ci abbiamo provato per anni, abbiamo investito miliardi, non è andata bene. Concentriamoci su quello che sappiamo fare meglio. Entra in scena Satya Nadella.

Quando, nell’agosto del 2013, Steve Ballmer annunciò il suo ritiro da ceo di Microsoft, pareva che nessuno volesse prendere il suo posto. I risultati finanziari di Microsoft erano buoni, ma l’azienda aveva progressivamente perso importanza nel pantheon tecnologico. I nuovi alfieri del futuro erano altri, si chiamavano Google Facebook e Amazon, e Microsoft avrebbe dovuto accontentarsi di un ruolo di secondo piano, e di un declino quanto più possibile dolce. L’azienda era ancora ricca e produttiva, non rischiava affatto di fallire, ma ormai sembrava che la fiamma accesa da Bill Gates negli anni Settanta e Ottanta fosse spenta per sempre. Inoltre, la cultura interna a Microsoft era terribile: lotte intestine, scarsa collaborazione tra settori, caos organizzativo. Bloomberg pubblicò un pezzo intitolato: “Perché nessuno vuole diventare ceo di Microsoft”, con un’illustrazione che parlava del “Peggior lavoro del mondo”. Nel febbraio del 2014 Microsoft indicò Nadella come nuovo ceo, e tutti pensarono: non ce la farà mai.

 

Quando nel 2013 si ritirò Steve Ballmer, si disse che il lavoro di ceo di Microsoft è il “peggiore del mondo”, nessuno credeva in Nadella

Nato a Hyderabad, in India, nel 1967, figlio di una professoressa di sanscrito e di un attivista di sinistra che attaccò al muro della sua cameretta un poster di Karl Marx, Nadella si trasferì negli Stati Uniti a 21 anni, per studiare nell’Università di Wisconsin–Milwaukee. Trascorse un breve periodo a Sun Microsystem, poi entrò in Microsoft, a 25 anni appena. Questo significa che Nadella ha trascorso più anni dentro all’azienda di Redmond che fuori. Nel 2014, nessuno pensava che un insider rispettato ma non certo bombastico avrebbe saputo fare quel lavoro da spezzarsi i polsi che sarebbe stato riaccendere la fiamma di Microsoft.

Nel suo libro “Hit Refresh”, uscito un anno fa, Nadella – che ha un ufficio così pieno di volumi da sembrare una “libreria di quartiere”, come si legge in un profilo su FastCompany – ha detto che il suo stile di leadership è stato profondamente influenzato dalla idee di Carol Dweck, professoressa di Stanford e autrice di un libro intitolato “Mindset”. Nadella scrive che è stata sua moglie, Anu, a consigliargli il libro qualche anno fa, e che il pensiero di Dweck gli ha “cambiato la vita”. Il concetto di base di “Mindset” è: gli esseri umani si dividono in due categorie, in base alla loro mentalità e ai loro schemi di pensiero. C’è chi ha una “mentalità fissa” e che tende a iterare, nella vita come nel lavoro, le cose che ha già imparato, e non vuole rischiare di fallire a provarne di nuove. Poi c’è chi ha sviluppato una “mentalità di crescita” ed è capace di avere un pensiero sempre curioso, sempre pronto a imparare cose nuove, e capisce che per avanzare e migliorare è necessario tentare molte strade, anche se ci saranno molteplici fallimenti, e molti progetti dovranno essere abbandonati.

Nadella ha applicato questa lezione alla sua attività di ceo, e una delle sue prime decisioni importanti è stata quella di abbandonare un’impresa che si stava rivelando fallimentare: Windows Phone. Tra il 2015 e il 2016, con costanza e con una certa dose di sofferenza, Nadella ha smantellato la divisione di Microsoft che si occupava di smartphone. Windows Phone ha chiuso ufficialmente nell’ottobre del 2017. Molti giudicarono la mossa come il ridimensionamento definitivo delle ambizioni di un’azienda che aveva dominato il mondo tecnologico. Fu un processo terribile. Microsoft aveva da poco ultimato l’acquisizione di Nokia, e la rivendette a una startup finlandese perdendo denaro. Poi annunciò il licenziamento di 7.800 impiegati. Non è mai un buon segno quando lasci andare così tanta gente, specie in un settore che cresce da pazzi in tutto il mondo. Si disse: ok, Nadella è stato assunto come curatore fallimentare, per supervisionare il lento declino del gigante.

 

Microsoft aveva investito miliardi nel settore degli smartphone, ma il nuovo ceo fece la scelta durissima di rinnovare ciò che funzionava

In realtà Nadella stava applicando le teorie di “Mindset”, e aveva appena cominciato. Anzitutto, si era liberato di un peso. Non importa se il settore degli smartphone è considerato strategico da tutti, Microsoft stava soltanto perdendo tempo e denaro. A quel punto, Nadella ha preso i punti di forza di Microsoft e li ha trasformati, infondendo loro vita nuova. Anzitutto, ha utilizzato l’influenza che Microsoft ancora ha nel mondo dei computer per lanciarsi nella costruzione di apparecchi innovativi, i Surface, che sono mezzi tablet e mezzi pc.

 

I primi Surface sono stati presentati prima che Nadella diventasse ceo, nel 2012, ma lui ha deciso di puntarvi in maniera decisa, e i prodotti hanno avuto un buon successo. Nadella ha cambiato anche l’idea che Microsoft dovesse fare software soltanto per sistemi Windows, e ha aperto ad altre piattaforme con programmi stabili e ben curati. Anche in questo caso: curiosità e voglia di imparare. Soprattutto, ha deciso di adottare una mentalità di crescita e di buttarsi su settori in cui la sua azienda non era “in ritardo”, come era successo con gli smartphone. Due su tutti: la realtà aumentata, attraverso i dispositivi Hololens, e soprattutto i sistemi cloud, dove Microsoft è diventato un gigante che se la gioca alla pari con Google e Amazon.

 

Il secondo cambiamento culturale fatto da Nadella deriva ancora una volta da un libro. Si chiama “Nonviolent Communication”, di Marshall Rosenberg, ed è un volume sull’empatia, che il ceo di Microsoft ha dato da leggere a tutti i suoi manager. L’azienda di Redmond era un luogo famoso in tutta l’industria per le violentissime faide interne, lotte distruttive fatte di invidie e di gelosie che immobilizzavano ogni possibilità di sviluppo. Queste lotte facevano parte dello stile di leadership tanto di Bill Gates quanto di Steve Ballmer, che cercavano di creare una feroce competizione interna per aumentare produttività e creatività.

 

È una strategia nota: tutti conoscono e ammirano l’attitudine mercuriale e in alcuni casi crudele di Steve Jobs, il luminare di tutti i ceo tech del mondo. Bill Gates, che oggi circola per gli show televisivi di metà mattino in maglioncino a parlare di progetti benefici, nei suoi anni d’oro non era da meno, non faceva mai un complimento anche quando il lavoro svolto era ottimo, trattava tutti i sottoposti con ferocia. Oggi il personaggio pubblico di Gates è quello di uno zio placido che consiglia libri online e presenta progetti di sviluppo per l’Africa, ma negli anni Novanta Gates era il prototipo dello squalo. Con il tempo il confronto dentro a Microsoft era diventato guerra aperta. Così Nadella ha inaugurato un nuovo stile: più positivo e aperto, basato sulla collaborazione e la pacificazione, a tal punto da attaccare in giro per il quartier generale ritratti di Gandhi. Dentro a Microsoft ci hanno messo un po’ per capirlo: essere empatici non significa essere soft. Ma alla fine Nadella ha avuto la meglio.

L’epilogo momentaneo di questa storia già lo conosciamo. Questo mese Microsoft è tornata a essere l’azienda di maggior valore al mondo, superando Apple, cosa che non succedeva dai tempi in cui Bill Clinton era presidente degli Stati Uniti d’America. Apple si è poi ripresa il podio, Microsoft ha risposto, e da giorni le due aziende combattono testa a testa, in una lotta che non era nemmeno immaginabile soltanto un anno fa. La ragione di questo sorpasso sta in parte nel crollo in Borsa di Apple, che negli ultimi mesi è andata giù assieme a buona parte dei titoli tecnologici dopo la diffusione di voci su vendite insufficienti degli iPhone. L’unica a non essere crollata, e anzi a moltiplicare i suoi guadagni, è stata proprio Microsoft, il cui business, guardacaso, non dipende dagli smartphone.

 

Sarà un caso che gli studenti delle business school studieranno con attenzione, perché la ripresa di Microsoft sfida la vulgata sul darwinismo sociale dell’industria tech. I vecchi giganti sono destinati a morire di una morte lenta a opera di aziende più innovative e veloci a comprendere i mercati, dice la vulgata. I vecchi giganti che hanno lasciato che la fiamma dell’innovazione si spegnesse non possono più riaccenderla, dice la vulgata. Nadella la fiamma l’ha riaccesa.

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  • Eugenio Cau
  • E’ nato a Bologna, si è laureato in Storia, fa parte della redazione del Foglio a Milano. Ha vissuto un periodo in Messico, dove ha deciso di fare il giornalista. E’ un ottimista tecnologico. Per il Foglio cura Silicio, una newsletter settimanale a tema tech, e il Foglio Innovazione, un inserto mensile in cui si parla di tecnologia e progresso. Ha una passione per la Cina e vorrebbe imparare il mandarino.