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editoriali

Il Tar da una mano al piccolo San Siro

Redazione

Il vincolo resta ma scatta dopo i 70 anni. Intanto si può ristrutturare, forse  

Qualcuno è riuscito persino a scrivere (compresa Rainews, ma non erano in sciopero?) che “lo stadio San Siro non può essere abbattuto”. Peccato che il ricorso al Tar che era stato avanzato dal Comune di Milano non contestasse alcun divieto di demolizione, e peccato che il dispositivo del Tar – che ha respinto l’istanza – non ne parli nemmeno. La faccenda del vecchio-nuovo stadio di Milano è assai contorta, ma la sostanza della decisione del Tar resa nota ieri è diversa nel contenuto e nei possibili effetti.

Il Comune ha “perso”, ma va chiarito su cosa. Il Tar ha dichiarato inammissibile il suo ricorso contro il vincolo preventivo prospettato dalla Sovrintendenza sul secondo anello di San Siro. Ma per un semplice motivo: il vincolo ancora non c’è, bisogna attendere il 2025, quando sarà applicabile la regola dei 70 anni. Di fatto – visto che l’ipotesi di abbattere il Meazza per lasciare spazio a un nuovo stadio era già stata abbandonata – resta in piedi la possibilità di una riqualificazione, quella prospettata dal Comune ai club tramite Webuild, che entro la data del vincolo può riguardare anche il secondo anello, visto che lo stesso Tar spiega che al momento il parere della Sovrintendenza non è in essere. Poi, dopo il 2025, si vedrà.

Beppe Sala ha perso, ma non proprio. Resta che quello che poteva essere un progetto win-win per i club, il quartiere e l’amministrazione non ci sarà. Il Comune sta disperatamente cercando di evitare un esito lose-lose, in cui cui a perderci sarebbe soprattutto la proprietà pubblica. Il ricorso respinto dal Tar in pratica lascia carta bianca all’operazione del “restyling leggero”. Ne uscirà un Meazza appena migliorato, lontano dai sogni e bisogni dei club, il Comune eviterà di trovarsi a custodire un bidone, ma il quartiere San Siro non ne avrà giovamenti di riqualificazione (chi paga?).

Poteva andare meglio, per tutti.

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