Foto GettyImages

Il Foglio sportivo

Romario non ha ancora finito di giocare

Fulvio Paglialunga

A 58 anni il campione brasiliano torna in campo con il figlio nella squadra di cui è presidente

Il “primeiro treino” è un’emozione anche a 58 anni. “Que momento”, c’è scritto tutto in maiuscolo nella didascalia di un video in cui Romario de Souza Faria, che noi chiamiamo solo Romario – uno dei più forti giocatori di sempre, il quarto miglior marcatore della storia – è seduto sulla panca di uno spogliatoio, si tira su i calzettoni e si allaccia gli scarpini prima di entrare in campo, con i capelli bianchi, il voto un po’ scavato e il fisico ancora asciutto. Il primeiro treino, il primo allenamento, non è proprio il primo della carriera di chi ha giocato quasi 900 partite, ha vinto un Mondiale (di cui è stato eletto anche miglior giocatore) e due volte la Coppa America con il Brasile. È, però, quello che segna il suo ritorno in campo, la decisione di rimettersi in gioco. Sì, a 58 anni Romario torna a giocare. Sì, con il consenso del presidente, non fosse altro che il presidente dell’America RJ, squadra di Rio de Janeiro che gioca nella seconda divisione carioca, è lui stesso. Quello che si scopre sui social poi diventa vita vera, i post si fanno sudore, talento, eccitazione: Romario si allena e ha ancora il controllo di palla di un tempo, scalda il piede tirando in porta, allunga i muscoli, corre con gli altri, che sono tutti ragazzi molto più giovani di lui. Potrebbero, documenti alla mano, essere tutti suoi figli e infatti uno lo è davvero: Romario de Souza Faria Filho, detto – ovviamente – Romarinho, esterno d’attacco, carriera di secondo piano, trentenne nato (nel 1993) a Barcellona perché erano gli anni in cui l’estro del padre era la gioia della gente catalana. 


Questa è una storia diversa da quella di una vecchia gloria che non si arrende ai riflettori spenti: è quella di un padre che, invece, approfitta delle luci basse per provare a realizzare un suo sogno personale, andare in campo, almeno in una partita ufficiale, con suo figlio. Poi, certo, se Romario torna a palleggiare tutto si illumina di nuovo, ma a quel punto la decisione è presa e quindi diventa più importante ritrovare la forma, conoscere i giovani compagni di squadra, capire quanto si può spingere, perché avrai anche avuto una vita da campione, ma agli anni non si può mentire troppo. Nemmeno Romario ha intenzione di esagerare: alla fine del primo allenamento, sorridendo, ha immaginato l’ingresso della barella per aiutarlo in carenza di ossigeno ed è stato anche attento a non alzare le aspettative; è vero che vuol tornare in campo, ma per qualche partita, magari alcuni spezzoni, soprattutto per stare al fianco di Romarinho appena sarà possibile, completare il racconto di una storia di famiglia. Perché l’America RJ è la squadra per cui tifa da quando era bambino, la passione gliel’aveva trasmessa Edevair de Souza Faria, suo padre. E nel suo nome già era tornato a giocare nel 2009, un anno e mezzo dopo il ritiro, per mettere la propria firma sulla promozione che era in bilico: venticinque minuti in campo, l’America che vince il campionato, Romario felice, il ricordo del padre onorato.


Ora il padre è lui, i ruoli sono rovesciati. Romario, che nel frattempo ha anche avuto fortuna politica diventando senatore del Partito Socialista e anche vicepresidente del Senato, della squadra per cui tifava il padre è diventato presidente, eletto a novembre del 2023, ora vuole giocare con il figlio. Perché esiste un calcio dei sentimenti, di campioni che tornano alle origini, coltivano sogni diversi dal grande trofeo o il conto corrente traboccante. Lo aveva dimostrato, prima di lui, anche un altro campione del Mondo brasiliano, un altro dei migliori del mondo: Rivaldo, che già a gennaio del 2014 aveva deciso che la tappa più simbolica per chiudere la carriera fosse il Mogi Mirim, nello stato di San Paolo. Quella era la squadra da cui era partito, tornava per restituire. Quella era la squadra di cui era diventato presidente, voleva aiutarla a stare tra le migliori. Quella era la squadra di suo figlio (Rivaldinho, ovviamente) e voleva giocare con lui. Ci provò, ci riuscì, poi però decise di ritirarsi a marzo perché sentiva gli acciacchi dei quarantadue anni e non era il caso di forzare. Almeno, fino alla tentazione successiva, di un anno e mezzo più tardi. Come per Romario, annunciata sui social. Giugno 2015: “Ho deciso di entrare a far parte della rosa del Mogi Mirim, che sta giocando nella Serie B brasiliana. Questo non significa che ho intenzione di giocare, se non altro perché mi sono fermato per un po’ per gestire il club. 15 mesi fa ho smesso di giocare e il ginocchio ora va bene, posso anche aiutare la squadra in alcune partite”. Quello che Rivaldo non sapeva è cosa sarebbe avvenuto in queste “alcune partite”. In una in particolare, che magari Romario si è appuntato invece come prossimo sogno da raggiungere. La partita è Mogi Mirim-Macaé del 15 luglio 2015: prima segna Rivaldinho, di testa, su cross di Rivaldo a sua volta innescato da un colpo di tacco proprio del figlio. Poi c’è un rigore e stavolta segna il padre. Cosa resta di bello e ancora possibile dopo aver giocato nella stessa squadra con il figlio e aver segnato nella stessa partita? Forse niente, nel dubbio meglio fissare la fotografia del momento successivo al rigore: subito dopo l’esultanza istintiva, Rivaldo Vitor Borba Ferreira Junior detto Rivaldinho si inginocchia dinanzi al monumento umano che è suo padre, Rivaldo Vitor Borba Ferreira detto Rivaldo, gli chiede di mettere il piede sinistro, quello con cui ha appena calciato il rigore, sul suo ginocchio destro e gli bacia lo scarpino. “Ho sentito di padre e figlio giocare insieme – disse Rivaldo a fine partita -, ma è certamente la prima volta che vanno a segno tutti e due in una partita ufficiale”. Solo che non era ancora spuntato Romario, che magari non lo dice, non lo confessa, dice che vuole solo giocare, forse solo qualche partita che vuoi che sia? Ma quando si scende in campo, di nuovo, a cinquantotto anni, si possono tenere a freno le ambizioni? Soprattutto se non ci sono soldi da inseguire (Romario, da senatore, dovrà restituire lo stipendio – minimo – che gli verrà dato), ma solo il fortissimo desiderio di dare al pallone la forma di una promessa fatta da bambino e mantenuta?


Il campionato dell’America RJ comincia il 18 maggio e finisce il 20 luglio (poi playoff a quattro per un posto nella massima serie) e forse nessun risultato sarà degno di attenzione, ma tutto sarà l’attesa di un momento, di una posa da immortalare. Sono sempre belle le foto dei padri con i figli, figuratevi in un campo di calcio.
 

Di più su questi argomenti: