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Il campione

Quello che non dovremo dimenticarci quando Sinner farà il primo passo falso

Giorgia Mecca

Ora il giovane azzurro punta a dominare l'Europa. Una sfida più difficile, dove potranno esserci errori. E in quel caso, ricordiamoci delle domeniche di fine gennaio e di fine marzo

Gli capiterà un giorno, contro pronostico, di perdere una partita contro un avversario considerato meno forte di lui, e quindi tutto il resto del mondo dal 1° gennaio a oggi. Succederà, perché nel tennis la sconfitta è all’ordine della settimana e prima di essere stato un incredibile campione, chiunque è stato un inconsolabile perdente. Proprio per questo, ciò che ha conquistato Jannik Sinner in Florida, regalando all’Italia un po’ di gioia e tantissimo sole nell’uggiosissima domenica di Pasqua, acquista ancora più valore. Al momento la cosa peggiore che possa capitare a un giocatore ad alti livelli è sapere di dover affrontare, dall’altra parte del campo, un ragazzino italiano di ventidue anni, con il capellino sempre in testa, due gambe che sembrano grissini, solo pelle, nervi e ossa, che è stato capace di trasformarsi in muro, senza crepe apparenti. “È fantastico guardarti. Al contrario, affrontarti non lo è per niente”, ha detto ridendo, ma neanche troppo, un rassegnato Grigor Dimitrov, convinto di star vivendo una seconda giovinezza prima di trovarsi faccia a faccia nella finale di Miami contro l’azzurro. Come ha detto Ivan Ljubicic, fino a domenica il tennista bulgaro sembrava camminare sulle acque; Sinner, con tutta l’educazione di cui è capace, lo ha riaccompagnato a riva, spegnendo dopo poco più di un’ora e dieci minuti ogni sogno di gloria vintage.
 

Non è mai presunzione quella di Sinner e nemmeno arroganza, ma piuttosto l’atteggiamento di chi da piccolo ha imparato una lezione che forse serve ancora di più fuori dal campo: si sta con la testa bassa e si fatica alla stessa maniera e con la stessa concentrazione contro il numero uno e contro il numero duecento del mondo. “Sono un predestinato, sì. Un predestinato del lavoro”, ha detto il numero uno azzurro, un ragazzo che si allena allo stesso modo il giorno dopo una vittoria e il giorno dopo una sconfitta; uno che dopo la conquista del terzo titolo della stagione al massimo si è concesso una cena, prima di pensare al ritorno del tour in Europa e all’inizio della stagione sulla terra rossa; uno che considera la gioia che ci regala e lo stress che questa gioia (anche nostra) provoca (solo e soltanto a lui) un privilegio. (“Nel nostro mondo c’è molta pressione. Ma non è niente in confronto a quella di un medico che ogni giorno deve salvare una vita”, ha detto).
 

Grazie alla vittoria del Masters 1000 di Miami, Jannik Sinner è salito a ventidue vittorie e una sola sconfitta nel 2024 e soprattutto ha conquistato il best ranking, sorpassando l’ex bestia nera Carlos Alcaraz e salendo al secondo posto in classifica. Bisogna credergli quando dice che questi numeri gli interessano ma non troppo. C’è chi ha pensato che abbia esultato con eccessivo pudore dopo il suo successo (in un’intervista a Vanity Fair ha confessato che dopo gli Australian Open quelle che sembravano lacrime di gioia fosse invece umanissimo sudore). Ma da quando il pudore è un difetto? Inoltre, forse, nel mood da campione in cui sembra essere entrato, essere numero due è un traguardo transitorio. Il pensiero è già un po’ più su. Vincere aiuta a vincere e aiuta a voler vincere. I campioni si alimentano così. La terra rossa potrà essere un tappeto meno soffice del previsto per un giocatore come lui. L’Europa sarà più difficile da dominare. Ci saranno passi falsi, ci saranno per forza anche se oggi sembra impossibile, noi abbiamo il solo compito di non dimenticarci delle domeniche di fine gennaio né di quelle di fine marzo.
 

A proposito di Jannik Sinner vale la pena parafrasare le parole che Emanuela Audisio ha usato per parlare di Paolo Rossi, un ragazzo che ci sta portando alla conquista del mondo senza mai farci pesare il viaggio.

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