Guglielmo Vicario (Ansa)

il ritratto

Guglielmo Vicario e il gran valore della gavetta

Francesco Gottardi

Dai dilettanti agli Azzurri, da ‘Fagiolino’ a Venom. A quasi 28 anni il portiere del Tottenham ha finalmente debuttato in Nazionale: un traguardo meritato, avvicinato con decennale pazienza e un’abnegazione d’altri tempi. Così oggi è tra i migliori

È stato a lungo il numero due. Se non tre o quattro. Abituato a tenersi pronto, mentre in partita gli preferivano spesso un altro portiere. Oggi invece Guglielmo Vicario para più di tutti. E bene come pochi altri. Così il debutto in Nazionale – con tanto di clean sheet, nel 2-0 sull’Ecuador – è apparso perfino in discesa, talmente era nell’aria anche se tardivo a concretizzarsi. Come se quella porta l’avesse difesa da sempre.

Eppure, se c’è una cosa che il ragazzo ha imparato nel corso della sua singolare carriera è che non conta arrivare per primi. O peggio, bruciare le tappe. Ma arrivare bene, per restarci: piedi per terra e atterraggio morbido. “L’Italia è un traguardo che mi ero prefissato”. E ancora una volta se l’è preso. Ci sono soprannomi che raccontano un calciatore più di mille parole. Altri invece mandano fuori rotta. Prendiamo Vicario. Ai tempi di Venezia, i tifosi l’avevano affettuosamente battezzato ‘tegoina’: cioè fagiolino, per quel suo fisico filiforme e poco incline a spaventare gli attaccanti avversari.

La scorsa estate, firmando per il Tottenham, viene chiamato Venom: come il mostruoso antagonista di Spider Man, con velocità e riflessi sovrumani. Nel mezzo,
un quadriennio, si dedurrebbe che Vicario sia caduto nel proverbiale pentolone di pozione magica. Invece ha semplicemente lavorato duro, affinando in palestra – quello sì – un corpo atipico rispetto ai canoni muscolari del portiere moderno. E il potenziale difetto ne è diventato la sua forza. Perché tra i pali Guglielmo ha il senso della posizione di un rapace, la reattività di un gatto e le leve di un trampoliere. Chimera di successo: è l’estremo difensore che ha respinto più tiri nella Serie A 2021/22, il quarto per percentuale di parate (73,9) nel campionato seguente e il quinto per l’indicatore preferito dagli inglesi (gol subiti attesi meno gol effettivamente concessi: 3,2) nella Premier League in corso. A quasi 28 anni, com’è possibile che il grande calcio ci abbia messo tanto ad accorgersi di lui?

L’inizio prometteva bene. Udine, sognando Handanovic. Per la classe 1996-97, le giovanili bianconere contavano su un pacchetto di formidabili guantoni: Simone Scuffet, Alex Meret, Samuele Perisan e appunto Vicario. Che dei fantastici quattro sembrava il meno predestinato. Addirittura snobbato dal professionismo: la prima volta in prima squadra è con il Fontanafredda in Serie D. Poi nel 2015 lo vuole il rinascente Venezia, stessa categoria ma tutt’altra storia. Vicario si tuffa nella polvere, conquista la Serie C sul campo – uno piuttosto mal ridotto, in verità, nelle Prealpi bellunesi – e definirà quell’esperienza “il mio spartiacque”.

Poi altra gavetta, con Pippo Inzaghi allenatore. Fa il secondo portiere di Andrea Facchin e poi di Emil Audero. Ma intanto si sale: Serie B, da titolare, quando un illustre
predecessore come Walter Zenga decide di puntare su di lui. Il ragazzo subisce tanti gol (oltre uno a partita) ma ne salva di più. Nel 2020 lo compra il Cagliari in Serie A: sarà di nuovo il secondo, dietro Alessio Cragno. La squadra retrocede, lui no. Viene ceduto all’Empoli, prestito con diritto di riscatto a 10 milioni: due stagioni dopo i toscani lo rivenderanno a più del doppio. Nel frattempo lo show in area piccola, le paratone a favor di social, i riflettori che Vicario ha sempre evitato con cura. Preferisce leggere, giocare alla playstation, mangiare pesce al ristorante. Magari laurearsi, un giorno.

È il ritratto della consistenza. Del binomio talento-lavoro, così raro in quest’epoca di edonismo calcistico. Perché a Vicario nessuno ha regalato nulla. Nemmeno la fortuna, che arrise così presto ai suoi compagni dell’Udinese. Soltanto Meret, scudettato a Napoli, è riuscito a costruirsi una carriera migliore. Il punto è che quella di Guglielmo – grande Londra, obiettivo Europei – è appena cominciata.

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