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IL FOGLIO SPORTIVO - IL RITRATTO DI BONANZA

Rafael Leão e il coefficiente p

Alessandro Bonan

Possedere in squadra un giocatore del genere produce l’enorme vantaggio di rendere qualsiasi partita incerta, anche quando l’esito sembra scontato. E pazienza se ogni tanto latita

Ci sono calciatori che vanno giudicati per quello che a me piace definire il coefficiente p. Vi spiego dove nasce questa teoria fatta in casa (come una crostata della nonna). Il parametro p, rappresenta la quantità di energia presente in un metro cubo di gas. È molto importante in quanto se il vostro coefficiente p è più elevato, significa che pagherete una bolletta superiore, poiché maggiore è il potere energetico del vostro gas. Trasferendo questa teoria in un metro cubo di Rafael Leão (altezza 1,88), vi ritroverete davanti a un calciatore dalla potenza energetica superiore a qualsiasi altro, con tutte le conseguenze del caso (anche nel prezzo). Perché infatti, essendo il portoghese il calciatore più veloce e potente della Serie A, il suo coefficiente p è altissimo. Ora, giustamente, obietterete che Leão non è un gas, questione che mi pare del tutto marginale. 

Leão infatti per il Milan, oltre a essere un calciatore, è l’energia stessa della squadra, le cui prestazioni dipendono direttamente dal suo stato di forma. Quindi non mi interessano i discorsi sulle sue scarse attitudini al gol, mentre sono fortemente attratto da suo coefficiente p. Leão accende San Siro e rianima tutti i presenti, pubblico, allenatori, difensori. È successo anche contro lo Slavia Praga dove ogni volta che si è messo in moto si sono aperte le acque. Palla al piede, Leão provoca il panico, semina zizzania, attira come mosche gli avversari, i quali raddoppiano, triplicano e a volte non basta. Questo, a mio parere, misura la grandezza di un calciatore: il livello di allerta scatenato da ogni singola iniziativa. Leão parte all’offensiva e si determina un tremolio, lo stadio vacilla, e i cani abbaiano, come succede nelle vicinanze di un forte temporale. Possedere in squadra un giocatore del genere produce l’enorme vantaggio di rendere qualsiasi partita incerta, anche quando l’esito sembra scontato. Leão è un corpo estraneo dentro una squadra, l’eccezione dentro la regola. Fa arrabbiare un po’ tutti perché potrebbe dimostrarsi più continuo, ma chiedere costanza a un atleta così è come pretendere da un grande attore di recitare sempre la stessa battuta. Leão tende a sbagliare quando pensa alla rete, mentre azzecca la giocata quando non lo fa (giovedì sera, nei gol di Giroud e Pulisic, voleva passarla o segnare?). La sua forza non è la logica, ma il controsenso, la palla oltre le gambe avversarie per poi chissà, perdersi oppure lasciarsi andare a un sorriso semplice, che resta uguale anche di fronte ad un errore. La sua potenza non è l’atto ma la potenza stessa. Ridotto a una lettera, il suo fattore p.

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