pedalare l'Italia

Il successo del Giro d'Italia d'Epoca e delle ciclostoriche non ha a che fare con la nostalgia

Giovanni Battistuzzi

Aumentano sempre più i partecipanti alle corse non competitive su biciclette d'epoca. In Italia si pedala di più, ma spesso e volentieri lontano dalle strade. Quello che fa perdere al paese in termini di turismo l'insicurezza stradale

Piedi infilate nelle gabbiette, mani che lasciano il manubrio per muovere le levette del cambio sul telaio, suoni argentini che si propagano nel vento a ogni sasso che colpisce il telaio. Polvere che si appiccica al sudore e alle maglie di lana. Tutto questo non ha nulla a che fare con la nostalgia. Certo qualche nostalgico dei bei tempi andati c’è, ma sono la minoranza.  

Anche tra chi partecipa, ogni anno con numeri sempre maggiori, a una o a più corse del Giro d’Italia d’Epoca, che altro non è che il “raccoglitore” di quattordici ciclostoriche in tredici regioni italiane, dalla Sicilia al Friuli Venezia-Giulia. Il calendario del nuovo anno (che trovate qui) è stato presentato venerdì scorso a Roma, nel salone d’onore del Coni, a sancire l’importanza di eventi che stanno diventando sempre più parte integrante di un’Italia che pedala e che vuole pedalare. Anche perché tutte le tappe del Giro d’Italia d’Epoca sono espressione dei vari territori, non c’è una regia “superiore”. Ogni corsa è organizzata autonomamente da associazioni ben radicate sul territorio e il Giro d’Italia d’Epoca ha il ruolo di coordinare le varie attività, uniformando gli standard qualitativi e puntando a supportare sempre di più gli organizzatori locali nella promozione degli eventi e sul piano della comunicazione e del marketing. 

Se L’Eroica di anno in anno batte i record di partecipanti, se le corse ciclistiche su biciclette d’epoca aumentano di numero e di iscritti, se il numero di compravendite di biciclette d’antan è in crescita costante, non è perché c’è un reflusso di nostalgia. È anzi vero il contrario. È la voglia di novità e di tranquillità, di vedere l’effetto che fa starsene tranquilli a pedalare dove non l’assillo delle automobili è minore, quasi assente. 

Nel maggio del 2023 una ricerca commissionata dalla Cycling Industries Europe evidenziava come il successo delle manifestazioni ciclistiche per biciclette storiche e quello della vendita delle biciclette gravel (ossia, per farla semplice, biciclette da corsa munite di ruote più larghe, rapporti più agili e una geometria del telaio più comoda, buone per pedalare anche sullo sterrato) andasse di pari passo. E, soprattutto fosse maggiore nei paesi dove la ciclabilità fosse più problematica. L’Italia è tra questi paesi. 

Allontanarsi dalle strade perché non sicure è diventata una tendenza, soprattutto dopo la pandemia di Covid. Perché proprio la pandemia ha contributo nel breve periodo ad aumentare l’utilizzo delle biciclette e, nelle città e nei paesi che hanno saputo adeguare le loro strade, introducendo pedonalizzazioni, strade ciclabili (ossia strade dove le automobili devono procedere a velocità ridotta, 20 Km/h, e nelle quali le bici hanno la precedenza), corsie ciclabili e ciclovie, questo aumento è continuato e anzi è incrementato. 

Negli altri casi le biciclette sono aumentate comunque, ma spesso hanno cercato dimora in quei luoghi dove le automobili e il traffico veicolare non arriva. Ossia in quelle strade sterrate che si susseguono in tutta la penisola. Quelle che un tempo erano considerate una rogna, un simbolo di arretratezza perché ancora non avevano incontrato l’asfalto e che oggi invece sono una risorsa che richiama biciclette e turismo. Negli ultimi cinque anni i cicloturisti che si muovono lontano dalle vie principali di spostamento, e quindi anche sulle strade sterrate d’Italia, sono decuplicati e nel 2022 hanno raggiunto il 4 per cento delle presenze turistiche totali nel nostro paese. 

E grazie anche alle corse che rientrano nel calendario del Giro d’Italia d’Epoca questi sterri sono stati conservati, sistemati e fatti scoprire a un numero sempre maggiore di persone. Anche perché “tutelare le strade bianche italiane e far conoscere il loro valore, non solo paesaggistico ma anche di protezione da eventi calamitosi, rappresenta per la nostra associazione una importante missione educativa”, come ricorda la presidente del Giro d’Italia d’Epoca, Michela Moretti Girardengo. 

La bicicletta sta portando persone e benessere tra le colline d’Italia. Stupisce che tutto questo non sia preso in considerazione dal governo, dai ministri del Turismo e dei Trasporti, dalle autorità e da chi amministra le grandi città. Soprattutto alla luce degli ultimi dati provenienti da Berlino e da Monaco di Baviera che parlano di un incremento dei cicloturisti del 19 e del 27 per cento negli ultimi due anni e un introito stimato di 1,2 e 1,8 milioni di euro. 

Più corse e più bici possono parte della soluzione di molte situazioni critiche in Italia. C’è un continente intero, d’altra parte, che ha messo al primo posto l’Italia come meta di vacanze in bicicletta (il 55 per cento di chi abitualmente fa cicloturismo sarebbe interessato a una vacanza in Italia, ma a venirci è il 14 per cento, dice un recente studio della European Cyclists’ Federation: il motivo? La sicurezza stradale e infrastrutture non all’altezza). 

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