Jannik Sinner (foto Ap, via LaPresse)

l'editoriale del direttore

Se vi chiedete perché i tennisti sollecitano lacrime impreviste, rileggetevi Agassi

Claudio Cerasa

Advantage, service, fault, break, love. Le cinque regole dell'ex tennista americano su cosa ha a che fare il tennis con la nostra vita

"Advantage, service, fault, break, love”. Andre Agassi diceva che i cardini della nostra esistenza sono sintetizzati nelle cinque parole chiave che governano il tennis. Vantaggio, servizio, colpa, rottura, amore. Sono i cardini del tennis, sono i cardini della nostra vita e sono i cinque ingredienti che, diceva Agassi, permettono alla nostra esistenza di diventare più bella o più complicata, a seconda delle scelte che ciascuno di noi fa in campo o fuori dal campo.

La felice intuizione di Agassi ci può aiutare a capire perché le scelte compiute domenica scorsa da Jannik Sinner in finale agli Australian Open hanno permesso ai suoi tifosi di entusiasmarsi non solo per quello che il tennista di San Candido ha fatto vedere sul campo, rimontando una partita che sembrava persa contro il russo Daniil Medvedev, ma anche per tutto quello che la partita ha significato per tutti coloro che lo guardavano fuori dal campo. Il tennis, lo sappiamo, è uno sport duro, travolgente, ipnotico, entusiasmante, crudele, che sconvolge le emozioni, mette a dura prova la tenuta mentale dei giocatori e offre al pubblico uno spettacolo dove gli scambi sono solo una piccola parte dello show (“E’ uno contro uno là fuori, non c’è modo di nascondersi, non c’è nessuno a cui passare la palla”, ha osservato un giorno l’ex tennista americano Pete Sampras parlando della crudeltà del tennis).

Lo spettacolo sul campo, come è stato evidente domenica, è uno anche uno spettacolo dell’anima grazie a tutto quello che una partita di tennis riesce a innescare nella testa dello spettatore. Cadute, riprese, resilienza, disciplina, carattere, strategia, intuizioni, rispetto per le regole e amore per la sostanza, il punto, ma anche per la forma. La finale degli Australian Open ci ha ricordato che nel tennis saper vincere con stile e saper perdere con classe sono facce simmetriche di una stessa medaglia che si ricompone magicamente quando i giocatori che pochi minuti prima si sono sfidati in campo per aggiudicarsi un titolo si ritrovano fianco a fianco a commentare la partita dell’altro. Nel tennis, come nella vita, la sostanza conta, il risultato pure, ma c’è un momento in cui i contendenti sanno che il proprio eroismo, il proprio talento e le proprie abilità dovranno fare i conti con una prova ulteriore rispetto a quella mostrata sul campo: la capacità di mostrare al pubblico la propria abilità nel gestire l’emozione di una vittoria e la delusione di una sconfitta.

In politica, l’attimo in cui il perdente riconosce la vittoria dell’avversario si chiama “concession speech” e in una certa misura il concession speech è anche uno degli spettacoli sportivi, e anche dell’anima, meno raccontati nel mondo del tennis. E’ in quel momento che ciascuno di noi crea una speciale connessione emotiva con un giocatore, con le sue sofferenze, con le sue gioie, con i suoi risultati, con le sue cadute con una delicatezza e a volte anche uno stile che improvvisamente è lì di fronte a noi a mostrarci cosa significa proiettare le cinque parole di Agassi fuori dal campo. Durante una partita di tennis ci si immedesima nei gesti di un giocatore, in quello che fa, in quello che non fa, in quello che riesce a ottenere. Alla fine di una partita ci si immedesima invece nello spettacolo dell’anima, con le sue confessioni, con le sue emozioni, con i suoi riconoscimenti all’avversario, con i suoi rituali istituzionali. “Voglio congratularmi con Jannik – ha detto Medvedev alla fine della partita di domenica – perché oggi hai dimostrato ancora una volta perché ti meriti di aver ottenuto il successo. Hai lottato fino alla fine, sei riuscito a migliorare il tuo livello, stai facendo un lavoro straordinario e penso proprio che questo non sarà il tuo ultimo slam”.

E se vi chiedete perché i discorsi dei tennisti a volte sollecitano lacrime assolutamente non previste pensate a cosa significano non per la partita che avete appena visto ma per la vostra vita le cinque parole di Agassi: advantage, service, fault, break, love.Viva Sinner.

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  • Claudio Cerasa Direttore
  • Nasce a Palermo nel 1982, vive a Roma da parecchio tempo, lavora al Foglio dal 2005 e da gennaio 2015 è direttore. Ha scritto qualche libro (“Le catene della destra” e “Le catene della sinistra”, con Rizzoli, “Io non posso tacere”, con Einaudi, “Tra l’asino e il cane. Conversazione sull’Italia”, con Rizzoli, “La Presa di Roma”, con Rizzoli, e "Ho visto l'uomo nero", con Castelvecchi), è su Twitter. E’ interista, ma soprattutto palermitano. Va pazzo per i Green Day, gli Strokes, i Killers, i tortini al cioccolato e le ostriche ghiacciate. Due figli.