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Il Foglio sportivo - Storie di storie

Che anno il 1970 per lo sport

Mauro Berruto

L’anno dei Mondiali del Messico, l’anno di una delle partite più iconiche della storia del calcio (Italia-Germania 4-3), l’anno del Brasile di Pelé che trionfa in finale contro i nostri azzurri: due libri

I due libri di oggi ruotano intorno a uno stesso anno: il 1970. L’anno dei Mondiali del Messico, l’anno di una delle partite più iconiche della storia del calcio (Italia-Germania 4-3), l’anno del Brasile di Pelé che trionfa in finale contro i nostri azzurri. L’anno “di grandi cambiamenti e di occasioni mancate”. Proprio in quel contesto, fra sport e storia, nasce il libro di Adolfo Fantaccini, 1970. Romanzo di un anno irripetibile (Urbone publishing, 2023). Fantaccini è un giornalista che ha scritto indifferentemente (e sempre bene) di sport, di musica, di cinema, di cronaca che in un periodo sospeso, quello del lockdown del 2020, intreccia pensieri, memorie e ricerche su internet intorno a un altro periodo sospeso: quell’anno magico, passato da ormai cinquantatré primavere. Un viaggio onirico, la verbalizzazione di uno stato mentale che tiene insieme calcio, cronaca, costume e tantissima musica, quella dei Beatles, da poco sciolti, quella dell’Isola di White e quella di un evento italiano anomalo: il “Palermo pop” una tre giorni in cui, nella città siciliana dove Adolfo Fantaccini è nato, si esibirono Aretha Franklin, il ‘duca’ Duke Ellington, Kenny Clarke, Tony Scott, Johnny Hallyday: “Una rivoluzione, come il Messico, come i Beatles, come il 1970”, anno dell’ultima vera illusione.

Il secondo libro che descrive quel mix di aspettative, speranze, ma anche di una inevitabile rincorsa verso una debacle della storia è di Henrique Schneider, 1970. La tragedia dei desaparecidos brasiliani durante la finale della Coppa del Mondo (Red Star press, 2022). Un romanzo, pura fantasy, che racconta di un tranquillo impiegato di banca, Raul che è ciò che si definisce un buon cittadino: un ragazzo appassionato di calcio, devoto al suo lavoro e completamente estraneo a tutto ciò che ha a che fare con la politica. Un impiegato modello, di gran cuore, forse un po’ ingenuo, visto che dopo tre mesi ancora pensa a Sonia che lo ha lasciato, di punto in bianco. Questo, almeno, fino al giugno del 1970, quando, alla vigilia della finale dei Mondiali di calcio, mentre una strana euforia patriottica avvolge il Brasile, Raul viene scambiato per un militante comunista per un banale motivo: incrocia e si scontra con un ragazzo con la camicia rossa, come la sua. Raul è travolto dalla furia di due poliziotti che lo malmenano e lo caricano su una macchina. All’inizio non capisce ciò che sta succedendo: solo quando gli tolgono il cappuccio e si ritrova in una cella puzzolente realizza di essere vittima di un rapimento. 
Non riesce a darsi pace, chiede spiegazioni, ma riceve soltanto percosse, violente, ingiustificate; subisce umiliazioni, i suoi aguzzini gli ringhiano di confessare di essere “un comunista di merda”. Le sevizie della dittatura lo costringeranno a fare i conti con quella che resta la pagina più buia mai vissuta dall’intero popolo brasiliano. Tutto ciò mentre la nazionale verdeoro si appresta a scendere in campo per vincere la finale della Coppa del Mondo di quell’irripetibile, struggente, iconico, spartiacque Anno Domini 1970.

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