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Il Foglio sportivo

Viaggio dentro il Tehelné Pole di Bratislava, lo stadio più green d'Europa

Roberto Gotta

Il campo dello Slovan e della Nazionale slovacca accontenta tradizionalisti e innovatori. Tra energia rinnovabile e riciclo idrico, un reportage da uno degli impianti più innovativi del calcio europeo

Nella cosiddetta Città Nuova di Bratislava, nascosto in bella vista tra condomini e viali, c’è un prodotto del calcio moderno che, paradossalmente, contro il calcio moderno può essere un antidoto.
È il Tehelné Pole, il “campo di mattoni”, lo stadio da 22.500 posti dello Slovan Bratislava e della Nazionale slovacca, un simbolo, forse involontario, di una città che procede verso il futuro con studiata, nobile lentezza, consapevole forse dei danni che la corsa frenetica, a occhi bendati e coscienza soffocata, ha fatto e sta facendo altrove. Non è certo una novità che in un paese dell’ex blocco sovietico ci sia uno stadio all’avanguardia: gli impianti costruiti in Polonia e Ucraina per gli Europei 2012, quindi oltre un decennio fa, raccontano tuttora di uno sviluppo dirompente, visibile anche nella magnificenza di analoghi stadi a Budapest, Bucarest e Tirana e altri meno noti ma altrettanto ben disegnati, come parte di un rinnovamento consapevole dello sport come privilegiato veicolo di immagine. Bratislava e la Slovacchia non sono avanguardia calcistica costante: dal 1993, anno della suddivisione della Cecoslovacchia in Repubblica Ceca e, appunto, Slovacchia, la Nazionale, ora allenata da Francesco Calzona, ha partecipato a una edizione dei Mondiali (2010, batté l’Italia nel girone perdendo poi agli ottavi contro l’Olanda) e due degli Europei (2016, sconfitta dalla Germania, sempre agli ottavi, e 2020, subito fuori), più quella dell’estate prossima, grazie ad alcuni giocatori di alto livello o comunque molto noti come Marek Hamšík, Martin Škrtel, Ondrej Duda, Milan Škriniar, Martin Dúbravka, Norbert Gyömbér, Stanislav Lobotka e Juraj Kucka, che tuttora gioca nello Slovan. Squadra 13 volte campione di Slovacchia e otto volte di Cecoslovacchia, che diede sei giocatori alla Nazionale unita campione continentale 1976 nella famosa finale contro la Germania Ovest.


Mitteleuropa puro dunque, con il Danubio, osservato dall’alto dal maestoso castello cittadino, a segnare la continuità spirituale con le altre grandi capitali del calcio dell’Europa Centrale: Bratislava è del resto al confine con due stati, Austria e Ungheria, e Vienna è a nemmeno un’ora di auto. Non sorprenderà quindi sapere che lo stesso Slovan fu fondato in uno di quei caffé che a partire proprio da Vienna furono il principale veicolo di diffusione calcistica nei primi anni del secolo scorso. Il Tehelné Pole, inaugurato il 3 marzo 2019 nella grande sfida contro lo Spartak Trnava e costruito in parte con denaro pubblico, è il punto di arrivo di quel percorso accidentato, stadio che può piacere ai tradizionalisti, per la prossimità delle tribune al campo e la pianta quadrangolare, e agli innovatori: il 50 per cento del riscaldamento e raffreddamento viene da fonti di energia rinnovabile, e in estate il calore prodotto dal condizionamento viene utilizzato per acqua calda, riducendo i costi al minimo, mentre l’irrigazione e gli scarichi (le toilette, tra l’altro, sono impeccabili) vengono riforniti dall’acqua piovana, tutte qualità che hanno permesso allo Slovan, con orgoglio, di definirlo “lo stadio più verde d’Europa”, perlomeno quella continentale. Il contratto originale con il fornitore di energia blocca il prezzo fino al 2039, e quello del riscaldamento è un 30 per cento inferiore a quello di altri. L’esterno dello stadio è rivestito da una membrana su tre lati e da un guscio di alluminio sul quarto, e la membrana può cambiare colore, con luci opportunamente piazzate, a seconda dell’evento ospitato, mentre l’angolo sudorientale è occupato da un grattacielo di uffici visibilissimo da tutti gli angoli dello stadio, che diventa così cugino di altri impianti sormontati da alti edifici, che siano parte del complesso, come qui, o semplicemente adiacenti, come ad esempio Basilea. 


All’interno, e la cosa può piacere o meno, non si usa contante, e la tecnologia permette anche il riconoscimento facciale e la possibilità di rilevare la posizione di chiunque sia all’interno dello stadio, una volta varcato il tornello. Soluzione che permette, come dicono orgogliosamente allo Slovan, di identificare presto soggetti non graditi, ma pone anche qualche problema di riservatezza, che pure viene formalmente abbandonata nel momento in cui si compra un biglietto. I cui prezzi partono da 25 euro e arrivano ai 200 per i posti vip, non pochissimo ma adeguati all’eccellente visibilità da ogni settore. Tehelné Pole sorge nel luogo dove dal 1940 al 2013 c’era, orientato così male che il sole al tramonto accecava i portieri, il vecchio, omonimo stadio, un ovale più volte rimaneggiato, mentre a nordest, appena oltre una fila di condomini a torre c’è un monumento del calcio d’oltrecortina, lo Štadión Pasienky, altro catino incoronato da giganteschi piloni della luce in cemento armato, un brutalismo reso ancora più bizzarro dalla colorazione biancorossa con lo sponsor Coca Cola, aggiunto evidentemente dopo il 1993. La forza catartica di un’espressione architettonica e tecnologica del calcio moderno Tehelné Pole rispetto al peggio del calcio moderno stesso sta nella sua intimità, sta nella sua fortissima identità locale, visibile nei volti e percepibile nelle voci e non ancora contaminata da comitive di ‘tifosi’ stranieri, sta persino nella mancanza di un megastore o superstore, sostituiti, curiosamente per un impianto così moderno, da un anonimo container con ingresso contingentato.
 

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