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Il Foglio sportivo

Il derby di Milano cambia faccia per lo scudetto

Marco Gaetani

Da Frattesi e Thuram, da Pulisic a Loftus-Cheek e Reijnders: chi sono i volti nuovi di Inter e Milan, che si preparano a giocare l'attesissima stracittadina 

Il primo assaggio di derby ce l’ha dato, elettrico come suo solito, Davide Frattesi: due sobbalzi improvvisi durante Italia-Ucraina, sfida che aveva il sapore acre del dentro o fuori dopo l’indigesto pareggio di Skopje. Non ha soltanto regalato a Luciano Spalletti la prima vittoria del suo ciclo azzurro, ma anche ricordato a tutti che il campionato riprende da dove aveva finito: da Inter e Milan appaiate in testa alla classifica e ora chiamate a un derby che arriva molto presto sulla tabella di marcia, pronto a scuotere il torpore di un sabato di metà settembre che invece avrebbe richiesto tempi lenti da fine dell’estate, da passeggiata in compagnia, da aperitivo sui Navigli. 

I tanti volti nuovi di Inter e Milan si troveranno invece a San Siro, a leggere proprio i solchi lasciati sull’erba da Frattesi, uno che, fino a questo momento, nelle gerarchie di Inzaghi si è dovuto accontentare dei ritagli, in una gestione a metà tra la protezione dei sacri equilibri di spogliatoio e la volontà di non stravolgere più di tanto un’ossatura che qualche mese fa ha portato i nerazzurri a un passo dal tetto d’Europa. È in buona e nutrita compagnia: l’estate ha obbligato il duo Marotta-Ausilio a fare di necessità virtù e coprire come si poteva le partenze dei vari Onana e Skriniar, Brozovic e Gosens, Dzeko e Lukaku, e la lista non è nemmeno completa. Frattesi si è preso un posto sotto i riflettori del Meazza anche a causa del forfait dell’uomo che ha consentito al Milan di portare a termine un mercato carico di squilli di tromba, Sandro Tonali.

In questa Milano a teatro, l’olè da torero spetterà soprattutto a quelli alle prese con il primo ballo della stracittadina: a Sommer, che difenderà i pali nerazzurri andando all’inseguimento della quarta porta inviolata consecutiva, oppure a Thuram, il vero anticipo di derby, arrivato all’Inter dopo l’inseguimento milanista e così ben calato nei meccanismi di Inzaghi da sembrare il partner di Lautaro Martinez da generazioni, come se Lukaku e Dzeko non fossero mai esistiti. Un impatto che va ben oltre il gol segnato alla Fiorentina o gli assist sfornati in queste prime tre giornate: il figlio di Lilian sembra fatto dal sarto per Inzaghi, tecnico all’interno del quale convivono due anime. Da una parte la rigidità del modulo, la fede cieca e incrollabile nel 3-5-2: dall’altra la capacità di incastrare nelle varie caselle anche giocatori che fino a quel momento non sembravano fatti per quel sistema, segno che c’è del genio anche nel metodo. Ci era riuscito alla Lazio, ci sta riuscendo all’Inter. 

E poi c’è la nuova coppia di centrocampo rossonera, tenuta insieme dalla sapienza tattica di Krunic: Loftus-Cheek e Reijnders, così diversi eppure perfetti nella fusione. L’inglese che non ha paura di affacciarsi in area avversaria dopo aver ingaggiato duelli fisici in mediana, l’olandese che sembra quasi incapace di sporcare il foglio con le sue giocate, avendo però dalla sua la sfrontatezza di numeri come il colpo di tacco a liberare l’area rossonera nei minuti del confusissimo assalto romanista due settimane fa. Volti che si confondono, si mescolano come quelli dei turisti che passeggiano per le strade del centro di una Milano finalmente tornata da qualche anno a sentirsi importante dopo il decennio di dittatura juventina. Volti come quello di Pulisic, icona in patria e troppo a lungo personaggio in cerca d’autore in giro per l’Europa: pareva desse il meglio a sinistra, da esterno alto libero di stringere sul prediletto piede destro, e invece Pioli ci ha consegnato un’ala vecchio stampo, che parte da destra e ha facoltà di muoversi. Soprattutto, ha la libertà di osare e di sbagliare, un concetto che il calcio italiano non considera da tempo, andando alla ricerca di una superiorità numerica che dovrebbe essere un valore fondante. Pulisic porta con sé la conoscenza dei movimenti di Loftus-Cheek dai tempi di Londra e questo ne ha facilitato l’inserimento in una catena di destra in cui Pioli si diverte a far apparire e sparire Calabria, usandolo se necessario anche in mezzo al campo, ma quel che più conta è che lo statunitense a Milano sembra aver trovato le due cose che più gli erano mancate nel corso degli anni al Dortmund e al Chelsea: la serenità e, di conseguenza, i gol. 

C’è poi tutto un sommerso ancora da scoprire, perché finora la facilità con cui Inter e Milan hanno viaggiato in campionato ha concesso agli altri nuovi acquisti soltanto scampoli. Dal già citato Frattesi, quello che più di tutti pare destinato a recitare un ruolo da protagonista nei mesi a venire soppiantando Mkhitaryan (ma non bisogna dimenticare che l’armeno assunse i contorni dell’incubo per la difesa milanista nel derby di andata di Champions League) oppure dando respiro a Barella, all’altro che si prospetta come un titolare pressoché certo: le fortune dell’Inter passeranno inevitabilmente dall’inserimento in pianta stabile di Pavard nel terzetto arretrato, anche se contro il Milan è lecito immaginare in campo ancora una volta Darmian, l’usato garantito, l’amico che non ti lascia mai a piedi quando si ha bisogno di un passaggio. 

Le armi per provare a ribaltare il piano di un ipotetico match bloccato non mancano, quasi tutte al primo appuntamento con un derby di Milano: le sfuriate palla al piede di Chukwueze, che troverà quasi certamente spazio potendo far leva sul rientro tardivo di Pulisic dalla Nazionale statunitense, e l’esperienza di Arnautovic, già dimostratasi particolarmente preziosa nel finale della sfida con il Monza al debutto. L’esuberanza di Okafor, inevitabilmente frenata dall’intoccabilità di un Rafael Leao che sembra pronto all’ennesimo salto di qualità e la voglia di spaccare il mondo di Carlos Augusto, tra i pochissimi rimasti a disposizione di Inzaghi durante la sosta per le nazionali a differenza di un Dimarco apparso da subito centrale nelle idee di Spalletti e proprio per questo un po’ più stanco dell’ex Monza. Prospettive fosche, invece, per Cuadrado, la cui tendinite ha allarmato i medici della Colombia. 

Non saranno, dunque, novanta minuti destinati a cambiare il corso del campionato: un derby che arriva così presto non può per sua natura definirsi decisivo. Saranno però molto utili per provare a capire a quali di queste facce nuove dovremo abituarci con maggiore intensità: un rito di iniziazione all’ombra della Madonnina, un tardo pomeriggio di fine estate nel quale lasciare il primo segno concreto della propria esistenza milanese. 

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