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L'inaspettata premura garantista nei confronti della positività di Paul Pogba

Giovanni Battistuzzi

Il centrocampista della Juventus è stato sospeso dal Tribunale antidoping in via cautelare dopo un test che ha rilevato presenza di metaboliti del testosterone. La corretta attesa di contronalisi e difesa del calciatore non è stata concessa a molti altri sportivi. La speranza che tutto ciò non sia un lusso solo per il francese

A Udine, il 20 agosto 2023, Paul Pogba ha visto dalla panchina l'intera partita, vinta per 0-3 dalla Juventus contro l'Udinese. Rientrato negli spogliatoi è stato sottoposto a un test antidoping che è risultato positivo ai metaboliti del testosterone. I risultati sono stati comunicati ieri alla società bianconera, il giocatore è stato sospeso in modo cautelare dal tribunale antidoping, e la Juventus - si legge in una nota - “si riserva di valutare i prossimi passaggi procedurali”. Verrà analizzato il campione B del test, le cosiddette controanalisi, poi toccherà al giocatore (e al club) presentare la difesa. È la prassi, funziona così in ogni caso di positività riscontrata. Gli atleti hanno diritto a un secondo test e a presentare una difesa per quanto accaduto, se non si vuole subito patteggiare assumendosi la responsabilità di quanto accaduto e quindi professando la propria colpevolezza. Hanno fatto bene a ricordarlo giornali, programmi tv, tifosi bianconeri (e non). Perché un errore può esserci stato, una positività per contaminazione involontaria non è impossibile come si crede. Serve tatto e calma in certe situazioni, perché, quando c'è dimezzo l'utilizzo di sostanze proibite dal regolamento, il rischio dell'infangamento è alto, la possibilità di distruggere la carriera di un atleta o di comprometterla per sempre ancor di più.

Tutto questo, che dovrebbe essere scontato quando si trattano argomenti così delicati, appare però un lusso che si sta concedendo a Paul Pogba e al calcio. Paul Pogba è da qualche anno che se la passa male, tra infermeria, panchina e fatti personali tanto fumosi e incredibili quanto privati. A tal punto male che sono ben pochi i sicuri che tornerà il giocatore che è stato, o quantomeno ad alti livelli. C'è, anche tra i non tifosi della Juventus, una sorta di commiserazione, quasi pena, per le sorti di un centrocampista dalle grandissime capacità e da un presente con più assenze che partite giocate. Una commiserazione che fa nascere una domanda: ma a cosa gli serviva il testosterone? Soprattutto considerando che questa sostanza è facilmente rintracciabile, quasi preistorica nel mondo del doping.

C'è quasi una premura garantista nei confronti di Paul Pogba, spesso nel calcio in generale. Altri atleti in altri sport non hanno mai avuto questa premura. Calma, distinguo, attesa per il giudizio non sono stati concessi loro. Non nel ciclismo, non nell'atletica, non nella ginnastica e in tutte quelle altre discipline sportive dove la fatica o l'esplosività del gesto prevale. Lì è sempre prevalso il pregiudizio che certe prestazioni, certe resistenze, non possono avere a che fare con la “normalità” dell'essere umano. Le controanalisi non sono mai state attese, tanto danno quasi sempre conferma al primo test, il diritto alla difesa non è stato quasi mai concesso. Bastava la positività e si era colpevoli delle peggio nefandezze, reietti.

Certo di casi di positività in questi sport negli anni ce ne sono stati molti, ma sono discipline che il problema l'hanno cercato di affrontare, più o meno bene, creando un catena di controllo ben più serrata di altre. Qualcosa scappa, l'inseguimento dell'antidoping al mercato nero delle sostanze dopanti è difficile, a volte più lenta, quasi mai totalmente efficace. Eppure c'è, continua, ha estirpato l'abuso indiscriminato di queste, a volte eccedendo per severità in quei casi dove la sostanza rinvenuta era ormai talmente desueta e comune da essere assurdo l'utilizzo per migliorare le proprie prestazioni sportive.

La speranza è che la premura garantista usata per Paul Pogba non sia limitata al solo Paul Pogba, ma si diffonda allo stesso modo di come si è diffuso negli ultimi decenni il sospetto e lo sdegno nei confronti di chi dopo la positività a un controllo antidoping si ritrovava nei panni di un assassino dello sport.

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