Foto Epa, via Ansa

ciclismo

La goduria Mondiale di Mathieu van der Poel

Giovanni Battistuzzi

L'olandese ha vinto la prova iridata del Mondiale di ciclismo 2023 (nonostante una caduta). Secondo posto per Wout van Aert, terzo Tadej Pogacar. Alberto Bettiol decimo, ma grande protagonista

I ragazzini che questo pomeriggio giocavano a calcio nel campetto di Kelvingrove Park, a poche decine di metri dalla strada che saliva verso il distretto universitario di Glasgow, probabilmente si sono divertiti parecchio, ma non sanno cosa si sono persi. Chissà se lo hanno capito dopo, nell’udire il brusio della gente, tantissima, che urlava, applaudiva, esultava al passaggio dei corridori che disputavano il Mondiale di ciclismo su strada, o nell’ascoltare i racconti di chi cercava di riassumere in poche parole qualcosa che è difficilmente riassumibile in poche parole. A far la cronaca di scatti, attacchi, tentativi di evasione, inseguimenti, rientri e fughe si riempirebbero centinaia di pagine o centinaia di megabyte. Serve sintesi, e la sintesi è una parola: libidine. Basta questa per riassumere un centinaio chilometri di corsa pedalata senza alcun risparmio energetico. Una corsa più imprevedibile del meteo scozzese, sempre teso tra il sole e il diluvio.

E allora tocca partire dal finale. Mathieu van der Poel ha vinto il Mondiale di ciclismo su strada 2023, correrà un anno vestendo la maglia iridata. Lo ha fatto scattando a ventitré chilometri dall’arrivo, venticinque chilometri da solo, senza nessuno attorno e con parecchio spazio, oltre un minuto, per godersi l’effetto che fa diventare campione del mondo, nonostante una curva che l’ha visto steso al suolo con in dono pantaloncini e maglietta lacerati sulla parte destra. È uomo che si adatta Mathieu van der Poel, che non si preoccupa troppo delle avversità. Sa benissimo che il ciclismo è sport che sa essere crudele e che proprio per questo serve essere più crudeli, più determinati, di tutti i problemi che la strada offre. Si è rialzato, ha continuato a pedalare, s’è preso applausi e urrà. Oltre un minuto e mezzo di goduria a disinteressarsi del tempo che passava nell’attesa dell’arrivo di Wout van Aert, Tadej Pogacar, Mads Pedersen, così sotto lo striscione, per riempire il podio e quelle prime posizioni che magari fanno curriculum, ma delle quali ci si dimentica facilmente.

Ventitré chilometri, gli stessi che Alberto Bettiol aveva pedalato davanti a tutti, inseguito da tutti. L’italiano aveva tentato la mattata, ci ha creduto per un po’, poi ha dovuto fare i conti con le energie consumate, con le pedalate altrui cresciute di tono e le sue erose dalla fatica. Ha provato a resistere, a preservare quel quarto posto che avrebbe giustificato l’azione, il senso tattico della gara nei tempi futuri. È arrivato decimo, negli anni a venire sarà considerato poca cosa. Invece poca cosa non è. Perché l’azione, non la sola, che ha permesso di rendere eccezionale questo pomeriggio mondiale. Sono a volte i tentativi finiti male quelli che chiariscono per bene la qualità di una corsa. E oggi la qualità della corsa era eccezionale, o meglio in perfetta linea con quello al quale ci stiamo abituando.

E per capire che corsa è stata serve guardare l’ordine d’arrivo, o meglio il numero di corridori che hanno pedalato per intero i 271 chilometri previsti: 51 su 195 partiti da Edimburgo. L'ultimo a superare il traguardo è stato Tobias Halland Johannessen a oltre 14 minuti.

Era sfinito Mathieu van der Poel all'arrivo, erano sfiniti tutti gli altri. Wout van Aert guardava il rivale di sempre felice, con l'incapacità di poter far altro che provare a portare aria ai suoi polmoni. Aveva sperato che il vento girasse, che concedesse pure a lui la brezza del sorriso. Non è andata così. Ancora. Un altro secondo posto, l'ennesimo sorrisone visto in faccia agli altri. Manca sempre qualcosa a Wout van Aert, qualcosa che non riesce a trovare, che sfuma sempre al momento meno opportuno, sulla strada che lo conduce all'arrivo.

Quella tra Mathieu van der Poel e Wout van Aert continua a sembrare una sfida impari tra due eccezionali campioni ma che sta concedendo tanta soddisfazione al primo e tante delusioni al secondo. E ben di più di quelle che meritebbe il belga. Va così il ciclismo, A volte anche i migliori possono guardarsi indietro e non vedere grandi successi dietro alle spalle. Ci saranno altre occasioni, l'importante sarà trovarsi pronti. Varrà per il prossimo anno. Non certo per questo, quello perfetto, o quasi, dell'olandese: Milano-Sanremo, Parigi-Roubaix, ora il Mondiale su strada dopo quello di ciclocross. E chissà che non possa completare il ciclo con quello della mountain bike.