guantoni al chiodo

Buffon ha scelto il momento giusto anche per la sua ultima uscita

Umberto Zapelloni

L'addio al calcio di Gigi, che si è arreso all’unico avversario di cui non potrà mai parare un tiro: il tempo che passa. A gennaio ne ha compiuti 45. Anche per Superman sono troppi

Lo stanno salutando tutti come un re. Ed è giusto che sia così perché Gigi Buffon è stato un gigante del nostro calcio, un Superman che ha parato tutto, anche la depressione confessata nella sua autobiografia scritta anni fa con la collaborazione del suo (e nostro) vecchio amico Roberto Perrone. Gigi ha scelto il momento giusto anche per la sua ultima uscita. Non ne faceva a vuoto in campo, non l’ha fatta neppure nel momento di scendere dalla giostra dopo essere andato a raccogliere gli ultimi applausi al Parma. Gigi si è arreso all’unico avversario di cui non potrà mai parare un tiro: il tempo che passa. A gennaio ne ha compiuti 45. Anche per Superman sono troppi. A maggio, quando era intervenuto alla giornata del Foglio a San Siro, aveva lasciato ancora una porta aperta: "Attendere mio figlio in Serie A come LeBron James nella Nba? – ci aveva detto - Non è un mio obiettivo, ma mi hai acceso una lampadina e chissà che potrebbe essere uno stimolo ulteriore ad andare avanti. Io vivo le situazioni con leggerezza, inseguendo sempre dei sogni più o meno realizzabili facendo molta autocritica. L’ambiente di Parma mi aiuta tanto, è un po' come una mamma che è più comprensiva rispetto a un papà come è stata invece la Juventus o ad un amico come è stato il Psg".

Dopo qualche mese di riflessione ha deciso di lasciare i guantoni a qualcun altro. Ci sono mattine in cui nel momento di alzarsi dal letto, i dolori si fanno sentire come un campanello d’allarme. Oggi a 45 anni ci si può sentire giovani, ma non abbastanza per andare avanti ad allenarsi tutti i giorni con compagni che potrebbero essere tuoi figli. Lo ha capito anche Ibra. Arriva un momento in cui è meglio smettere prima che sia qualcun altro ad indicarti la porta per uscire. Da Parma a Parma. Gigi ha chiuso il cerchio decidendo di smettere dove aveva cominciato quando nel novembre del 1995 Nevio Scala gli disse “Oggi giochi tu”. Dopo quella convocazione ci sono state 657 presenze in Serie A, 176 in Nazionale con un record ancora mai superato di imbattibilità lungo 974 minuti. Buffon ha l’armadio pieno di trofei. Dalla coppa del mondo vinta con la Nazionale nel 2006 ai 10 scudetti conquistati con la Juve più tutte le coppe collezionate con Parma, Juve e Psg dove ha vinto anche il campionato francese. Avrebbe voluto una Champions, ma un arbitro “con uno scaldabagno al posto del cuore” gli ha messo i bastoni tra le ruote. Avrebbe sognato di giocare un altro Mondiale, anche da riserva, anche da terzo portiere, chioccia per i suoi eredi, ma a tagliarli le ali è stata la nazionale stessa: “Avrei avuto due occasioni per fare un sesto mondiale ma l’Italia non si è qualificata. Quindi più chiaro di quello come segnale da cogliere non c’è…”. Qualche scivolone in carriera lo ha fatto anche lui come quando scelse il numero sbagliato (88, boia chi molla), quando ha fatto qualche puntata di troppo (ha sempre detto di averlo fatto solo su campionati stranieri o altri sport), quando si è fatto beccare con un diploma farlocco per iscriversi all’università. Ci ha messo la faccia, non si è nascosto. Sapeva uscire anche di pugno se era necessario.

Ha deciso di rescindere il contratto con il Parma e di pensare ad un futuro che non resterà senza pallone. Per lui è pronto un ruolo da capo delegazione in azzurro. Quello che è stato di Gigi Riva e di Gianluca Vialli. Con l’altro Gigi nazionale, chiuso nei suoi silenzi cagliaritani, Buffon ha da sempre un rapporto speciale. Ora che ha tempo andrà a trovarlo per abbracciarlo.  Non sarò una presenza alla Vialli, ma una presenza alla Buffon. "Il futuro? Non ne ho idea, non so se sarei all'altezza di un ruolo come quello di Vialli – ci disse quel giorno a San Siro -. Nella mia testa ci sono tante ipotesi, non ho mai scartato nulla e non ho mai fatto nulla che non sentissi di fare e che mi facesse sentire bene". L’azzurro fa sentire bene chiunque. Soprattutto chi lo ha indossato sempre con stile come SuperGigi.

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