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Il Foglio sportivo

“Senza passione non si arriva”. Intervista a Marco Branca

Alessandro Rimi

Dal campo alla scrivania, dal Triplete ai giovani, il calcio secondo l'architetto dell'Inter vincente di Mourinho e la sua nuova vita professionale: “Quanti talenti nel nord Europa”

Marco Branca è stato architetto di un’impresa storica. Prima dell’Inter, dopo l’Inter, nessuna squadra italiana ha mai vinto scudetto, Coppa Italia e Champions League nella stessa stagione. Quante storie nella storia, frammenti celati. Branca è geloso del suo passato, certi pezzi di vita rimarranno custoditi per sempre. Come in quella Sampdoria che scrisse trame incantevoli. Pagliuca, Vierchowood, Mancini e Vialli. “Un entusiasta della vita – ci racconta Marco Branca – Luca c’era sempre per chiunque stesse affrontando un periodo di sofferenza. Pronto a dare un aiuto, un abbraccio”. Vialli segnava e non si fermava mai, uno scudetto leggendario. Perché la Serie A è sempre più terra di grandi predatori. Come l’Inter. La sua, nel 1995, viveva un periodo di transizione. Eppure lì, scavalcata la soglia dei 30 anni, Branca toccò l’apice: 17 gol in 24 presenze, a fronte di un modesto settimo posto in classifica. A San Siro sarebbero presto sbarcati Djorkaeff, Zamorano, Simeone, Recoba e Ronaldo il Fenomeno. “Perciò dissi a Moratti che non mi sentivo più all’altezza dell’Inter e che volevo andare in Inghilterra – racconta Branca – Non lo sentii più per un anno e mezzo o due ma, quando nel 2001 smisi di giocare, il presidente mi chiamò per offrirmi la carica di capo osservatore”. È già il momento del ritorno ad Appiano, in giacca e cravatta. Con Massimo Moratti il rapporto è proprio speciale, tra i due c’è una sorta di connessione mentale. “Mi seguiva in ogni passo – sottolinea Branca – Un giorno mi convocò nel suo ufficio: ‘Marco, ti voglio a capo dell’area tecnica, te la senti?’ Col terrore nel cuore, accettai. Sapevo di dover imparare tutto in pochi mesi e di dovermela cavare da solo perché, per via della mia giovane età e del mio nuovo ruolo, stavo simpatico a pochi”. Sicuramente tra questi c’era Moratti, la sua fiducia era totale e il tempo dette ragione all’ex numero uno del club. Nel 2009 l’Inter è campione d’Italia da quattro anni filati. Un percorso di crescita netto, sul campo e nei bilanci. Certo, era un calcio ancora lontano dalle restrizioni del Fair play finanziario. “Se lo avessero introdotto in quella stagione non so se saremmo riusciti a starci dentro – spiega l’ex ds nerazzurro – Sicuramente venivamo da anni di vittorie e trofei e io avevo preso diversi giocatori pagati sotto il loro reale valore, alzandolo notevolmente nei successivi 4-5 anni”. Fu l’estate della cessione di Ibrahimovic al Barcellona per circa 45 milioni di euro più il cartellino di Eto’o. Un’operazione di mercato artistica che agevolò gli arrivi di Lucio, Sneijder, Thiago Motta, Pandev e Milito. Colpi da Triplete. Una lussuria tosta da assorbire nel tempo. Cicli che si spengono, come quello di Branca che tre anni dopo passò il testimone ad Ausilio. “Ho favorito il suo ingresso nel 2010 perché Piero era ormai da tantissimo tempo all’Inter – ricorda il Cigno di Grosseto – Mostrava passione e attenzione per i particolari. Se lavori tanto, hai meno possibilità di sbagliare. Sono felice per lui perché deve essere stato difficile gestire quella transizione”.

L’attuale responsabile dell’area tecnica interista dovette infatti remare contro le nuove regole stringenti dell’Uefa, il settlement agreement, i budget iper-ridotti e pure un doloroso passaggio di proprietà. Sfiziosa l’idea di rivedere in pista Marco Branca. In un calcio che, ogni due o tre anni, si trasforma quasi in un altro sport. Ancora e ancora. Intanto, nella prima decade di questo secolo, è stato artefice di un’opera magnifica che, in quanto tale, risulta difficile da replicare. In troppi se ne dimenticarono in fretta. “Ho assistito a pañolade nei confronti di Florentino Perez – conferma Branca – a forti critiche per Berlusconi e Galliani dopo 25 anni di successi nel Milan. Fa parte del gioco. Io tendo solo a ricordare i momenti fantastici che il mio presidente Moratti mi ha dato l’opportunità di vivere”. La storia dice che l’Inter, dopo Branca, ci ha messo dieci anni per tornare a vincere. Con lo scudetto di Conte e Oriali. Lele tornò in nerazzurro dopo l’addio nel 2010 e una rottura totale con l’ex ds del club meneghino. “Non c’è mai stata l’occasione per confrontarci e onestamente non l’ho mai cercata – rivela Branca – Tra tante cose fantastiche che mi sono successe, ci può stare che qualcosa non torni. E su queste non ci ho mai perso tanto tempo”.

Caso chiuso. Altri scenari, invece, avrebbero potuto aprirsi. D’altra parte, se ti chiami Branca non puoi che esser stato per anni sul taccuino di parecchi presidenti. Tra gli altri, lo cercò il Nottingham Forest, tuttavia il suo destino non volle abbracciare un nuovo club. Il calciomercato ancora una volta al centro, ma da un’altra prospettiva, quella di un’agenzia di procura. Due anni fa a chiamare fu Marco Busiello, capitano della First Football Management. “Cercavo passione perché se non ce l’hai con me non scatterà mai nessun feeling – dice Branca – e in First l’ho trovata. Faccio il Direttore strategico, osservo i giovani, anche quelli più piccoli come gli Under 16 e 17 che, negli ultimi anni, sbocciano soprattutto nel nord Europa. Danimarca, Svezia e Norvegia sono straordinari produttori di talento. Non sono solo forti fisicamente, sanno giocare e hanno capacità tecniche che qualche anno fa non si vedevano”.

L’occhio dello scouter per eccellenza e dal background goloso per un’agenzia internazionale. La FirstT, nata nel 2020 con base in Svizzera, ha concluso appunto operazioni in Italia, Germania, Francia, Inghilterra e Turchia, ed è coinvolta nella gestione di calciatori top che vanno da Zaniolo (Galatasaray) e Ikoné (Fiorentina), passando per Dani Olmo (Lipsia). Procura ma anche scouting, strategie digitali, marketing, sponsorship, branded content, data analysis e social training. Con un Branca in più. “Agli assistiti posso parlare di calcio – continua il dirigente – oltre che di valori e spogliatoio dove ho passato trent’anni della mia vita. Condivido comportamenti tecnici e tattici, provo a suggerire con quale allenatore li vedrei meglio, o quale squadra potrebbe esaltarli. Questi ragazzi sanno tutto della mia storia e questo conta quando si interfacciano con me. Possono parlare con un ex calciatore e direttore tecnico che ha gestito calciatori importanti”.

Un vero jolly di lusso che offre ulteriore appeal all’agenzia stessa. Una pedina parecchio pratica. “Ho partecipato alla trattativa per il ritorno di Bakayoko al Milan – dichiara Branca – Più che ai dettagli contrattuali ho dato un contributo nelle discussioni tra club e agente. Magari tornerò anche all’Inter per trasferire un nostro assistito, a patto però che si tratti di un pezzo da novanta. Appena lo trovo, ne parlerò con Ausilio”. Scovare talenti, tracciare per loro una strada, godersi l’evoluzione. Alcuni di loro diventano prima di tutto campioni nella testa. “Per questo se devo fare un nome con cui mi piacerebbe lavorare dico Giovanni Di Lorenzo – conclude Branca – Uno che ha enorme rispetto per il lavoro che fa e si vede dal suo progressivo miglioramento, anche nell’atteggiamento corporeo. I grandi talenti puoi solo accompagnarli, invece uno come Di Lorenzo ti darebbe veramente tante soddisfazioni”. Chi parla la stessa lingua si riconosce a miglia di distanza. Con First è sbocciato un amore mai più trovato con i club, nel raggio di sette anni dall’addio all’Inter. Branca è sbarcato nel suo nuovo pianeta, la scrivania posta in un angolo inesplorato. Raffinato, elegante. Come lui.

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