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oltre il caso juve

Il Chievo non era la Juventus. Parla Campedelli

Francesco Gottardi

“Un tifoso su tre è bianconero: non mi pare il caso di rinunciare a una società così importante. L’ha detto anche Gravina, che bisogna tutelare il brand Juve”, dice l'ex presidente dei gialloblù a proposito del patteggiamento sulla "manovra stipendi". Ma senza rancore: "Sono contento per i bianconeri"

Due pesi e due misure. Ma nessun rancore. “Anzi: sono contento per la Juventus”, dice al Foglio Luca Campedelli, il fu artefice del miracolo Chievo Verona. “Anche se me l’hanno ammazzato”. Il club gialloblù fu radiato dal calcio nel 2021 per inadempienze tributarie. Quello bianconero invece oggi si è rifugiato nel patteggiamento per la manovra stipendi. “Di fatto, se la caverà con una piccola multa: direi risibile rispetto alle casse societarie”: 718mila euro a fronte di 400 milioni di fatturato. “Ne consegue, evidentemente, che ognuno può stringere accordi al di fuori del vincolo federale senza problemi. E così si giustifica questo tipo di operazioni”.

Tutti contenti, insomma. I bianconeri, definito pure il caso plusvalenze, possono finalmente chiudere i procedimenti sportivi a loro carico. “Il calcio italiano ritrova serenità”, dichiara Gabriele Gravina, numero uno della Figc. “E la giustizia sportiva si è dimostrata veloce, puntuale e rigorosa”. Ora spiegatelo a Campedelli. “Il mio Chievo? È stato buttato in pasto ai leoni. Ma neanche, dritto nella spazzatura senza una reale motivazione. Stiamo ancora aspettando risposta sulla norma che fin qui ci ha condannato”. E si sa quanto si possono dilungare le battaglie legali. “Nel frattempo, mi sembra che il calcio italiano sia andato avanti lo stesso: se va bene a loro, va bene a tutti”. Senza la Juventus però, avanti non si andrebbe. “Un tifoso su tre è bianconero: non mi pare il caso di rinunciare a una società così importante. L’ha detto anche Gravina, che bisogna tutelare il brand Juve”.

E quindi, passino le discrepanze in aula. Anche nei confronti della medesima società: la mano di piuma sull’inchiesta stipendi sembra quasi voler compensare il caos che negli ultimi mesi ha travolto casa Juve. Tra dirigenti indagati, ricorsi e controricorsi. Con ripercussioni sulla classifica della squadra di Allegri – punti sottratti, restituiti e ritolti – e sul benessere dell’intera Serie A. Complice la lacuna normativa sulle plusvalenze. “Questa svolta non mi sorprende”, continua l’imprenditore. “L’avevo previsto. Ai miei amici juventini l’avevo pure detto, che sarebbe finita così. Nel complesso, l’intera vicenda lascia perplessi”. Qui Campedelli spezza una lancia in favore dei bianconeri. “Le plusvalenze si realizzano sempre in due: come si fa a condannare la Juve e non le altre società coinvolte? Fermo restando che per me non era neanche da processare”.
Il vecchio patron del Chievo era stato buon profeta: mentre la sua creatura falliva, i grandi club continuavano a sopravvivere sommersi di debiti. Non solo in Italia. Si pensi ai guai del Barcellona. A quelli del Manchester City, accusato di ripetute violazioni delle norme finanziarie federali. Eppure in finale di Champions League. “Nonostante tutto, questo sport mi manca”, ammette Campedelli. “Vicino a Verona c’è una squadra di amici con cui mi trovo bene. Vogliamo ripartire da lì: anche se la categoria è bassa non mi interessa”. Un’alternativa alla Clivense dell’ex bandiera Pellissier, fresca di risalita in Serie D? “Sì. Non sarà una replica dei miei gialloblù, ma qualcosa di significativo rispetto a quel che è stata la mia storia nel Chievo”. Dai dilettanti ai preliminari di quella stessa Champions. “L’unico mio appunto al calcio di oggi è il Var: sono fermamente contrario alla tecnologia”.

Non si tratta di un commento di circostanza. Proprio contro la Juve, nel 2013 il Chievo uscì sconfitto per un gol regolare annullato. E in tutta risposta Campedelli andò a consolare l’arbitro a fine partita, tra gli applausi delle istituzioni. Quel Chievo, quella sorprendente provinciale, ancora piaceva a tutti. “Almeno sul campo, cerchiamo di mantenere i valori di un tempo. Ma per il resto il calcio si evolve: dal punto di vista economico e gestionale non può restare fermo”. Anche alla giustizia non resta che adattarsi.