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Europa League

La testardaggine di Youssef En-Nesyri alla prova Juventus

Andrea Romano

Prima del Mondiale l'attaccante marocchino era finito ai margini del Siviglia: non segnava e l'allenatore non lo considerava nemmeno. Poi i gol in Qatar, le offerte rifiutate, i gol che sono arrivati. E una finale da conquistare

Non c’è attaccante che non corra il rischio di finire intrappolato nello spazio angusto di una cifra. È così per tutti, ma è stato così soprattutto per Youssef En-Nesyri, la punta del Siviglia che fino allo scorso 28 gennaio si era ritrovata incastrata in un numero. Anzi, in un non numero. Zero gol in diciotto partite di campionato. Un fallimento. O quasi. L’attaccante che seminava il panico nelle difese avversarie si era improvvisamente scoperto impaurito. Non importa quante volte ci provasse, la palla si ostinava a non entrare. Mai.

Sampaoli, che a ottobre era subentrato a Lopetegui, aveva messo subito le cose in chiaro con il club andaluso: lui di En-Nesyri non sapeva proprio cosa farsene. Voleva acquistare a tutti i costi Gabigol. E, in alternativa, avrebbe potuto schierare Lamela come falso nueve. Il Mondiale aveva distorto ulteriormente la situazione. Il ragazzo di Fès si era permesso di infrangere addirittura due record. Con il gol rifilato al Canada era diventato il primo marocchino a segnare in due edizioni della Coppa del Mondo. Ma non gli bastava. Ai quarti la sua Nazionale aveva affrontato il Portogallo. Un cross dalla sinistra aveva pescato En-Nesyri nel cuore dell’area lusitana. La punta non era saltata. Era ascesa al cielo. E con la testa aveva messo dentro il pallone del definitivo 1-0. Il Marocco aveva vinto. Il Marocco era in semifinale. A fine partite qualcuno aveva tirato fuori un numero. L’attaccante si era arrampicato in aria per 2.78 metri. Ossia 15 centimetri in più di Ronaldo nel suo iconico gol contro la Sampdoria.

Quelle due prodezze gli erano valse il biglietto per una vita tutta nuova. Si era fatto vivo il West Ham, si era fatto vivo il Nizza. Youssef aveva ringraziato ma non aveva neanche voluto ascoltare le loro proposte. Sarebbe restato al Siviglia. Da sopportato. E più la squadra si avvicinava al ciglione della retrocessione, più l’attaccante si convinceva della sua scelta. "Voglio restare qui - aveva detto pubblicamente - Non è una questione di soldi ma sportiva. Voglio aiutare la squadra nel suo momento peggiore". Sampaoli, che sognava di cederlo per finanziare la sua ricostruzione, aveva masticato amaro: "Se En-Nesyri dovesse rimanere e segnare 20 gol, sarebbe il benvenuto per far uscire la squadra dal punto in cui si trova". Sembrava una sparata, invece si è rivelata una profezia.

Due settimane più tardi l’attaccante si è sbloccato. Due gol all’Elche in poco più di un quarto d’ora avevano fatto cambiare idea al suo allenatore, che lo aveva iniziato a chiamare "giocatore vitale" e "attaccante che genera paura negli avversari". E mentre il regno di Sampaoli si era spento un mese più tardi, quello di En-Nesyri era appena iniziato. Otto gol in Liga. Due in Champions. Quattro in Europa League (di cui uno nella semifinale di andata). Quattro in Coppa del Re. Totale: 18, due in meno rispetto a quelli profetizzati dal tecnico di Casilda. Qualcosa di molto vicino alla rivincita per il gioiello uscito dalla Mohammed VI Football Academy, l’incubatore di talento voluto dal sovrano marocchino per scovare i talenti sparsi per il paese e dar loro l’opportunità di affinare la propria tecnica prima di essere lanciati in un campionato professionistico. E così era stato.

A 17 anni En-Nesyri si era trasferito al Malaga. "Quel ragazzo corre nello spazio come un cervo" aveva detto il suo allenatore José González. Ma quelle parole non gli rendevano giustizia. Youssef è alto 1.92 metri ma correva a 34.5 chilometri orari. Mbappé riesce a toccare i 35, ma è alto 1 e 78. Leganés e Siviglia sono le altre tappe di un attaccante che con Lopetegui è diventato completo: riempie l’area di rigore, segna sia di piede che di testa, ma dà il meglio quando ha campo davanti a sé per partire palla al piede. Stasera contro la Juventus si gioca un pezzetto di futuro. In palio c’è la finale di Europa League. Ma anche quei due gol che gli mancano per zittire Sampaoli. 

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