(foto di Francesco Gottardi)

Il reportage

"Stavolta tocca al Marocco". Cronaca di una festa nazionale

Francesco Gottardi

L'attesa, i souk a tema Mondiali, l'orgoglio di rappresentare l'Africa. Da Marrakech a Casablanca: l'impresa sul Portogallo è andata così

Marocco. Primo tassista sul cammino, dall'aeroporto al centro di Marrakech. "Da dove venite? Italiani? Allora tiferete per noi di sicuro". Poi a gesti ci spiega quello che dicono in Grecia, una faccia una razza. Sorridiamo di rimando: questo Marocco gioca un gran bel calcio. E l'uomo alza le mani sopra di sé, come ad accogliere l'energia sportiva del resto del mondo. "Sabato sarà la grande partita. Inshallah, inshallah". 

(foto di Francesco Gottardi)

Così è stato. Youssef En-Nesyri sale in cielo, Cristiano Ronaldo cade a terra e la squadra di Regragui firma un'impresa epocale. Il bello è che da queste parti se lo sentivano. Dalle botteghe ai riad, le antiche abitazioni tradizionali, il conto alla rovescia scatta sin dal rigore di Hakimi che matò la Spagna. "Peccato che gli Azzurri non giochino più i Mondiali", ci dicono le guide turistiche - dispiacere sincero, un po' brutale, mica sfottò. "Ma questa volta tocca a noi. O alla Croazia, o a qualcun altro che non li ha mai vinti". È l'effetto di Qatar 2022 sulla medina, la città vecchia di Marrakech. Nel souk delle spezie, curcuma e terracotte in esposizione si alternano alle magliette di Ziyech. Che da queste parti vale più di Messi. Poco più giù c'è Jamaa el-Fna: crocicchio di genti, colori, suoni senza tempo. Si dice che sia la piazza più frequentata di tutta l'Africa. Di sicuro, qui l'Africa inizia davvero: unita attorno al Marocco, la prima Nazionale del continente verso la semifinale di Coppa del Mondo. Che appare pure in vendita, in scala uno a uno, tra danzatori e incantatori di serpenti. Perché tutto da queste parti si può comprare, trattando un po'. Guardare la partita invece è proibitivo, le carovane addossate al megaschermo sin di primo mattino - del resto, era forse facile in Piazza del Popolo durante gli Europei?

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Meglio non perdersi nei ricordi. Per il matchday ci spostiamo a Casablanca, tra strombazzare di clacson e i faccioni di Ziyech e Hakimi sui cartelloni pubblicitari. Il Marocco del terzo millennio non è da meno: nei treni, per strada, facce chine sugli smartphone e selfie con la bandiera, pentagramma verde su campo rosso. Dal fischio d'inizio in poi, il centro nevralgico del vecchio protettorato francese va in trance agonistica. Un boato, all'incornata di En-Nesyri. Quindi un'interminabile apnea, dinanzi all'assedio portoghese nella ripresa. Si canta per Amrabat, Ounahi, soprattutto per ogni uscita o smanacciata di Yassine Bounou. Gli unici 'buuu' scoccano all'ingresso in campo di CR7. Occhi e volti di tutte le età. C'è chi prega, forte. Soprattutto una distinta signora: hijab e mani giunte, sembra la madre di tutto il Marocco. Ai pochi stranieri presenti si regala uno sguardo ospitale. E compiaciuto, perché questa squadra è un orgoglio, raccontatelo a casa quando vi farete ritorno.

Ultimi istanti oltre il novantesimo. Il viale attorno al Cafe Belgat - ma l'insegna ha perso la t finale, quasi a ricordare dove ebbe inizio la cavalcata di Hakimi e compagni - è un corpo unico, irremovibile. Basta il triplice fischio. Ed ecco, come un rubinetto aperto, la marea umana bagna di festa ogni angolo di città. È l'ora dei fumogeni, dei balli e delle lacrime. Nel momento in cui scriviamo i caroselli continuano ancora. Scatenati, ma senza eccedere mai.

(foto di Francesco Gottardi)

Flash sparsi nella folla. Una ragazza si offre perfino in sposa, lì per strada, tale è l'euforia del momento. I venditori ambulanti sfornano santini dei ragazzi di Regragui. Le bancarelle fanno affari d'oro. "Quanto costa una maglia della Nazionale? Sessanta dirham", circa sei euro, che non è poco per gli standard locali. "Un mese fa la vendevo a meno", inflazione mondiale. E quella di Ziyech allora, diciamo noi, trecento? "No, finita".

Sullo sfondo di Place des Nations-unies si intravedono ancora le immagini di Humphrey Bogart e Ingrid Bergman, piuttosto sbiadite. È un altro paese. Viene in mente una celebre battuta di Aldo, Giovanni e Giacomo in 'Tre uomini e una gamba', pure invecchiata male: "Va che il Marocco è forte fisicamente!". Oggi è tra le quattro squadre migliori al mondo. È anche un altro calcio.

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