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Qatar 2022

Il Marocco ai quarti conferma che questo è un Mondiale senza “favole” 

Giovanni Battistuzzi

La Nazionale guidata da Walid Ragragui ha battuto la Spagna ai rigori. È tutto il contrario però di un miracolo sportivo: una squadra piena di giocatori di qualità che giocano in grandi campionati, guidata da un allenatore razionalista

Il bello del calcio sta nella sua imprevedibilità, nella possibilità che un progetto che ci sembra folle si possa realizzare, che un Cagliari, un Verona, una Sampdoria possano vincere lo scudetto. O anche no, perché ogni cosiddetta favola dipende da troppe variabili. Ossia che le squadre che dovrebbero giocare un gran bel calcio non giochino un gran bel calcio, che i grandi giocatori si prendano una pausa dall’esserlo, che si instauri una dittatura della buona sorte che spiani la strada di una buona squadra, di solito con poche alternative all’undici titolare, rendendola più agevole di quello che di solito è. Il piccolo e bello è appagante solo se lo si tifa, o se all’estetica del gioco del calcio si preferisce la narrazione, peraltro spesso piena di già sentito, di Davide che batte Golia.

 

Strana cosa il calcio, l’unico campo della società nel quale tutto il ciarlare sul merito viene messo da parte in nome della sorpresa, del piccolo che si fa forte alla faccia del forte che se perde benissimo così. Succedesse altrove, nel lavoro, in politica, in mille altri contesti, si griderebbe allo scandalo. Ma in uno stadio, forse nello sport in generale, non c’è nessuno scandalo, va bene così, anzi è auspicabile che sia così.

 

Ora che il Marocco ha battuto la Spagna, l’elogiata Spagna di Luis Enrique che aveva debuttato in Qatar con un setteazero al Costa Rica che annunciava magnifiche sorti future, l’idea che la “favola” sia riapparsa, si sia imposta ancora su tutto e tutti è tornata in auge. E sì che doveva balenare in mente che la Spagna potesse essere un abbaglio, già dalla partita contro una Germania incompiuta tanto quanto certe cattedrali medievali e un Giappone scioltosi ai rigori contro una Croazia poco slava e molto mitteleuropea. Non è una favola il Marocco, sarebbe sbagliato e un po’ offensivo pensarlo. Significherebbe ammettere di pensare al calcio come monolite immutabile, basarsi solo su quel che è stato senza considerare quel che c’è. Perché la Nazionale marocchina aveva sì raggiunto gli ottavi di finale di una Coppa del mondo solo nel 1986, ma gli uomini di Walid Regragui, sono tutt’altro che dei parvenu del grande calcio. Quattordici dei ventisei convocati giocano, quasi tutti titolari, nei campionati nazionali più importanti d’Europa; qualcuno in Champions League non sfigura, anzi; qualcuno è negli obiettivi di mercato di squadre che puntano a grandi vittorie; e Achraf Hakimi è considerato tra i migliori al mondo nel suo ruolo. Tutta gente di mestiere, non certo mestieranti, a partire da Sofyan Amrabat, che alla Fiorentina sta dimostrando di essere tra i migliori giocatori del campionato.

  

Bela Guttmann, uno degli allenatori più innovativi della storia del calcio, uomo che credeva che la tattica fosse meno utile che avere giocatori buoni, che una squadra doveva pensare a segnare un gol in più e non a subirne uno in meno, e che era capace di tenere in panchina i campioni se erano raffreddati, perché “se non respiri bene non giochi bene”; Bela Guttmann, dicevamo, era convinto che “il sentimentalismo annienta il calcio”, perché “essere soddisfatti quando la squadra più forte non vince, vuol dire ammettere che la mediocrità è una cosa meravigliosa”.

 

Non sarebbe stato meraviglioso vedere Polonia-Senegal giocarsi l’accesso a una semifinale, e nemmeno Corea del sud-Giappone. Il Marocco non sfigura tra le otto che si giocheranno il Mondiale: ha smascherato il bluff del Belgio, fatto soffrire la Croazia. A questo Mondiale le favole sono evaporate presto, hanno disoccupato la strada del sogno, sono rimaste le solide realtà, come nemmeno in una pubblicità di Immobildream di Roberto Carlino. C’è nessun Costa Rica versione 2014, nessuna Corea del sud (peraltro parecchio aiutata) o Turchia 2002. C’è tutto il meglio che c’è in giro, e con loro il Marocco, che tra le otto sta parecchio bene, perché guidato dalla panchina da un allenatore capace e razionalista, e in campo da giocatori abituati ai palcoscenici di primo livello.

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