Foto Ap, via LaPresse

qatar 2022

Il Brasile con la saudade socialista

Jack O'Malley

La Croazia è già data come la vittima sacrificale del futebol bailado. Per salvarci dalla retorica tocca augurarci un insuccesso di Messi e compari stasera contro l’Olanda

Ve lo ricordate quando nessuno voleva occuparsi del Mondiale perché in Qatar i gay non si possono sposare? Sembra passato un secolo, una delle cose positive del calcio – oltre alla birra da bere mentre si guardano le partite, i cori, gli insulti agli avversari, la sensazione di fine del mondo quando ti segnano un gol contro al centesimo minuto – è che a un certo punto si impone per quello che è: ventidue uomini in pantaloncini corti che inseguono un pallone e alla fine non vince la Germania.

 

Dopo le prime inutili partite, quando sembrava più interessante a tutti occuparsi dei diritti invece che delle verticalizzazioni, abbiamo cominciato finalmente a occuparci di chi la butta dentro e come, e non di chi lo butta dentro a chi. Con non poco cinismo, tra l’altro: Nasser Al Khater, amministratore delegato dei Mondiali in Qatar, ha commentato la morte dell’ennesimo lavoratore dicendo che “la morte è una parte naturale della vita”, e a pochi la cosa è interessata. D’altra parte, in occidente le battaglie civili si portano bene quando non sono troppo faticose e fino a quando non c’è altro da fare. Chi lo avrebbe detto che i due giorni di pausa dalle partita sarebbero stati così insopportabili, poi. Confesso di avere atteso i quarti di finale come da sempre attendo la mia bionda al pub, osservando la vostra tristezza da lontano: mentre i nostri giornali parlano del Mondiale, voi siete costretti a esaltarvi per l’amichevole del Milan contro il Lumezzane, per i video in cui Hakimi dice “forza Inter” (ma col cazzo che ci torna) e con le noiosissime intercettazioni dei dirigenti della Juventus che dicono cose che tutti sapevano e che solo i giornalisti di Gazzetta e Tuttosport credevano vere (se Arthur vale 75 milioni io sono un omosessuale astemio).

 

Oggi è il giorno di Croazia-Brasile e Paesi Bassi-Argentina. I croati sono raccontati da tutti come le vittime sacrificali del futebol bailado, e temo che finirà così: con Pelé in fin di vita una vittoria di Neymar zoppo e compagni darebbe linfa retorica per i prossimi dieci anni al giornalismo sportivo. E non solo a quello sportivo: pensate che bello raccontare la vittoria del paese appena liberato da Lula proprio con la maglia verdeoro usata come simbolo da quel cattivone di Bolsonaro, vedo già plotoni di storyteller improvvisamente esperti di Sudamerica pronti a mirare alle nostre palle con decine di articoli pieni di saudade socialista. Per non parlare della tremenda danza del piccione, che verrà riproposta in tutte le salse da tutti in ogni angolo del mondo. Ma ciò che temo di più è una vittoria di Messi e compari col mate stasera. Brindo quindi alla vecchia volpe van Gaal, che ricacci l’Argentina nel dimenticatoio, mentre tutti gli sforzi giornalistici sono uniti come un sol mezz’uomo nel rompere le palle a Ronaldo e al Portogallo.

 

Domani tocca a noi, e io lo so che tutti pensate che la Francia andrà in finale. Certo noi inglesi non aiutiamo con le nostre solite sbruffonate su “sappiamo come fermare Mbappé, sono due anni che ci stiamo preparando”: di solito dichiarazioni come questa sono le premesse per un gol dell’attaccante francese di tacco da centrocampo al primo minuto. Io, comunque, ho la scorta di brandy pronta.

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