Foto di Antonio Calanni, via LaPresse 

il foglio sportivo

Allegri ormai è diventato la parodia di se stesso

Jack O'Malley

Brindo a Roger Federer, non alla troppa retorica, e mi preoccupo per il Napoli in Champions League. Fin che durerà

Devo confessare il mio amaro stupore quando, giovedì pomeriggio, mentre mi apprestavo a ordinare la mia seconda pinta al bancone del mio pub e brindare alla salute del re, sono stato raggiunto come tutti dalla notizia dell’addio di Roger Federer al tennis. Perché, giocava ancora? Lo svizzero negli ultimi anni si era distinto per un paio di sentimentali pubblicità della Barilla e poco più. Grandissimo, il tennista più bello e più importante di sempre, senza dubbio, ma ormai vittima di troppo storytelling (quello fatto sul tennis è il più pericoloso, perché permette di esaltare a dismisura i feticci dello sforzo fisico, del dolore, dei sacrifici e della perfezione fisica, tutte cose che ormai appartengono stucchevolmente a qualunque sport, eccetto forse il lancio del nano). 

 

Brindo però a Roger, che non ne può niente e ha fatto bene a smettere. Chi forse ne può qualcosa è invece Massimiliano Allegri, per certi versi diventato la parodia di se stesso nei commenti dopo le partite perse dalla sua Juventus (magari è Pogba che gli ha fatto il malocchio, viste le nuove mirabolanti rivelazioni del fratello, roba da programma serale di una tv privata). Da disgustato osservatore della Serie A sono contento dell’errore del Var proprio contro i bianconeri: dato che ci si accorge delle cose che non vanno solo quando a essere danneggiati sono i potenti, iniziate finalmente a rendervi conto anche voi del danno che il Var ha recato al calcio. Noi inglesi ce ne siamo accorti subito, e infatti la fischiamo e contestiamo. Contenti voi. 

 

Chi mi preoccupa, lo confesso, è il Napoli: questo vizio di battere le squadre britanniche in Champions League, oltretutto giocando benissimo, inizia a starmi sulle palle. La sola speranza è che tra un mese inizino già a pensare di essere i più forti, che vinceranno campionato e Coppa, e che comincino già a pensare l’organizzazione della festa scudetto, con Insigne che da Toronto dice che il Napoli è sempre nel suo cuore e le trattative con le autorità argentine per disseppellire Maradona ed esporne la salma a centrocampo nello stadio che porta il suo nome, come minimo. Oppure posso aspettare il tradizionale tracollo delle squadre di Spalletti nella seconda parte della stagione, e tornare a dormire sonni tranquilli (magari gli azzurri sono il nuovo Borussia Dortmund, spesso fortissimo nel girone e poi mezza sega dagli ottavi). 

 

E sempre a proposito di vecchi, io mi stringo alla mia bionda per celebrare il primo gol in stagione di Cristiano Ronaldo. Nulla di epico, anzi: un rigore contro una squadretta in uno stadio piccolo nella Coppa europea sfigata, l’eterno vorrei-ma-non-posso dell’Europa League, la competizione frequentata da squadre improbabili con calciatori fighi ma non troppo dove anche i gol belli in realtà sono un po’ brutti (la Conference League non esiste, ribadisco).

 

E già tremo pensando a cosa verrà scritto il giorno in cui lui e Messi si ritireranno. Poi penso che qualche settimana fa ha lasciato il tennis un’altra quarantunenne, Serena Williams. Celebrata a dovere, senza ondate eccessive di retorica. Nulla in confronto a Federer. Non vedo l’ora che qualcuno se ne accorga e dica che i giornalisti sportivi sono sessisti. Nel frattempo ordino un’altra pinta, così me la godo meglio.

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