Serena Williams (Ansa)

Niente cerimonie

L'ultimo Slam di Serena Williams, magnifica ottusa rivoluzionaria. Storia di un addio

Giorgia Mecca

I prossimi Us Open, proprio dove ottenne nel 1999 il primo grande trionfo, saranno il suo ultimo torneo. Ha dimostrato che si vince non solo per talento ma anche per rancore. Grazie a lei nessuna si dovrà più vergognare di come scende in campo

Vestita d’azzurro, con il mare sullo sfondo, e sua figlia Olympia fuori dall’obiettivo che le regge lo strascico: così Serena Williams, sulla copertina di Vogue, sceglie di dare l’addio al mondo del tennis. La giocatrice statunitense non parla di ritiro, ma di evoluzione: “Non cerco cerimonie, sono terribile negli addii, la peggiore al mondo”, ha scritto l’ex migliore al mondo annunciando che il conto alla rovescia è cominciato. I prossimi Us Open, in programma dal 29 agosto, saranno il suo ultimo torneo, a quarantuno anni da compiere (lo farà il 26 settembre, quando per la prima volta davanti alla sua professione ci sarà un “ex” davanti). Finisce con un farewell in prima pagina la carriera di una delle atlete più rivoluzionarie della storia dello sport.

 

Ingombrante, eccessiva, contro, sempre o quasi dalla parte sbagliata della rete prima di dimostrare che non esistono modi sbagliati di stare in campo. E’ partita dal ghetto, ha passato l’infanzia a invidiare sua sorella Venus, ha dimostrato che si vince non solo per talento ma anche per rancore, per sbarazzarsi della sindrome del brutto anatroccolo. “Serena, questa sei tu agli Us Open” le ripeteva papà Richard quando la sua figlia minore aveva 5 anni e lui le lanciava le palline. Ed eccola veramente Serena agli Us Open del 1999, il suo primo titolo Slam, la rivoluzione black del tennis. Da allora più di mille partite giocate, oltre settanta trofei, 23 titoli del Grande Slam di cui uno, conquistato incinta di tre settimane, contro sua sorella Venus. Il tennis è sempre stato un affare di famiglia, da piccola l’ha usato per dimostrare la propria superiorità, oggi lo abbandona per decidere di farla crescere la sua famiglia, la tennista desidera un altro figlio e non vuole averlo da atleta. Il giorno dopo il quarantunesimo compleanno di un’altra leggenda di questo sport, Roger Federer, Serena Williams annuncia dunque che è finita. Non ci sarà più per lei la caccia allo Slam numero 24, che l’avrebbe incoronata anche a livello matematico la più forte di tutti i tempi, quello Slam la cui ricerca era diventata ostinata, goffa, tenera e fragile allo stesso tempo.

 

Bisogna essere ottusi per giocare a tennis e continuare a pensare di poter vincere, ha scritto un giorno Maria Sharapova, altra grande ritirata recente nonché odiatissima rivale di Serena. Aveva ragione Sharapova, Serena è stata una magnifica ottusa per tutta la parte finale della sua carriera. Ha insegnato alle tenniste come ci si comporta in campo e come non ci si deve comportare: servizi vincenti e umilianti cadute, pianti isterici ed esultanze sguaiate. Grazie a lei nessuna si dovrà più vergognare di come scende in campo: troppo muscolosa, troppo nera, troppo vecchia, troppo emotiva. Serena in campo è stata tutto, la peggior versione di se stessa e la migliore. Nessuna delle due è sbagliata. Tra poco più un mese il tennis le mancherà e lei mancherà al tennis. Si dice che nessun campione è più grande del proprio sport, ma Serena Williams con e contro il tennis ha giocato alla pari.
 

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