(foto Ansa)

gran calma #6

Ci ricorderemo a lungo di questo weekend di serie A

Enrico Veronese

Tra vittorie all'ultimo minuto e polemiche per la Var, il fine settimana appena trascorso potrebbe risultare decisivo per il campionato. Ma attenzione a dare la Juventus per morta

Perché una VAR così fa più male che bene, e necessita di essere riformata subito

Non ci si può esimere dall’entrare nella vertenza calda del fine settimana, ovvero l’arbitrarietà nell’utilizzo della VAR e le conseguenze, anche disciplinari, dei suoi responsi. Se il caso dello Juventus Stadium è centrale per la virulenza degli effetti - due punti sottratti ai padroni di casa, espulsioni a gogo che si faranno sentire nei prossimi match - anche il pareggio tra Lecce e Monza è inficiato dalla mancata concessione di due rigori evidenti ai danni dei giallorossi. Altrove, invece, il terzo occhio è risultato essenziale nel confermare goal sul filo o nell’assegnare penalty più o meno evidenti, ripercorrendo così la stessa differenza di trattamento di quando il dispositivo elettronico non c’era. A cosa serve dunque una VAR così? Vivisezionare ogni azione ex post, spezzando l’urlo in gola ai tifosi (gran calma se hai segnato, forse non vale) e anestetizzando il calcio a non vivere i suoi tempi in diretta, fa più male che bene. Urge una riforma profonda e veloce, quindi. E basta, una volta per tutte, con le ammonizioni per chi si toglie la maglia dopo un goal: lo sport, dopo tutto, è cosa umana.

 

Perché la Juve non può essere peggio di questa, e perché può ancora dire la sua

La partita di Champions League contro il Benfica già suona come decisiva per dare una svolta alla stagione della Juve, o per confermarne l’incontrovertibile abulia. Dal weekend concluso emerge plastica la natura delle difficoltà, che affondano le proprie radici lontane dall’oggi. Uno vede giocare il Milan, la Lazio, l’Atalanta, il Napoli, financo le meno “spettacolari” Roma e Inter, e le riconosce subito: anche se le videoriprese fossero (sic) in bianco e nero: presentano undici consolidati, titolari in continuità, un’idea di calcio con schemi e modalità d’azione date, perfino i cambi nella ripresa sono testuali. Fino al parossismo di non spostare niente anche quando le cose non girano, come la Fiorentina di Italiano. Allegri invece da anni - come i suoi immediati predecessori - cambia moduli e uomini vorticosamente, per stringere pugni di mosche come un pareggio interno contro la Salernitana: che ha attaccato per prima, con sfrontatezza, e anche dopo il 2-2 si era riportata subito avanti. Forse il goal annullato a Milik sarebbe stata la svolta della stagione? Gran calma, la rimonta appare più rabbiosa e casuale che altro. Ma, considerando che nell’ingiocabile sfida di Parigi stava quasi per uscire un pareggio non del tutto immeritato, e che parte dei singoli vale i top delle altre squadre di vertice, se lo strapagato tecnico livornese insistesse in un modulo certo (il 3-5-2 del dna contiano?), una formazione da mandare a memoria e quel quid chiamato Personalità, forse tutto può ancora succedere.

Perché sabato 10 settembre potrà essere decisivo nella classifica finale

Nella prossima primavera forse ci ricorderemo di questa giornata. Perché sono proprio le partite vinte all’89° minuto, magari senza merito, a determinare le svolte della graduatoria: il Napoli soffre contro lo Spezia ordinato, sbatte contro il muro di Kiwior e rischia di andare sotto, quando il più discusso della domenica (Jack Raspadori) risolve quasi insperatamente. A San Siro, in un curioso revival jugoslavo, l’Inter si affidava a Handanović per rintuzzare le conclusioni di Vlasić e Radonjić, prima che Brozović - appunto all’89 ’- togliesse le castagne dal fuoco. I tre punti fanno classifica, certo, ma non cancellano la difficoltà maturata per arrivarvi: senza la potenza di fuoco di Osimhen per gli azzurri non sarà sempre domenica, e Simone Inzaghi ha già pagato dazio nel suo ritorno a Roma. Però, quando a maggio saranno palesi gli esiti del torneo, forse bisognerà ricordare quanto avvenuto sabato 10 settembre: è così che si vincono i campionati, gran calma se non si segna presto, è il significato distorto del tormentone resilienza. E ora, Milan-Napoli e Udinese-Inter dovranno dire di più.

Perché un campionato senza padroni produce perplessità fuori ruolo e cartellini rossi

Il campionato infatti è confuso, senza leader alla sesta giornata, servitore di più padroni. Molte partite faticano a sbloccarsi dallo 0-0, non di rado impiegano più di un tempo per arrivare alla prima (e a volte unica) rete: più che il livellamento dei valori verso il basso, complici sono alcune scelte tecniche a lasciare perplessi. Se perfino il Sassuolo dei palleggiatori a centrocampo esprime un calcio scialbo, non è indifferente che all’ala sinistra vi sia un terzino adattato come Kyriakopoulos anziché il sostituto specifico di Traoré. Così Faraoni e Tamèze lasciati in panca da Cioffi, McKennie improbabile esterno chiamato a inseguire l’impressionante crescita di Mazzocchi, e via così. Naturale che emerga chi ritocca il meno possibile: l’Udinese è il gusto del mese, premiata dalla reviviscenza di Pereyra ad accentrarsi dalla fascia. E se la Cremonese di Alvini appare, in simpatia padana, il simmetrico della SPAL di Semplici (zero pressioni), non sfugge che dove le cose si fanno nervose i mister rischiano il cartellino rosso più di prima, proprio come i sette giocatori cacciati anzitempo. È raccomandata gran calma, proprio in senso caratteriale.

Perché la nouvelle vague azzurra forse è già alle porte: appunti per Mancini

Bentornato Stefano Sensi, almeno da fermo il tuo talento di cristallo è rimasto intatto. Lo deve aver pensato anche il ct Mancini, da sempre estimatore del piccolo regista conterraneo, tanto da aspettarlo a più riprese nella sua Nazionale: Sensi ha 27 anni, e se il fisico per una volta lo assiste ha pochi emuli in Italia nel suo ruolo (e coi suoi piedi). La giornata ha offerto al selezionatore federale ulteriori stimoli, dallo squillo di Frattesi al lampo di Raspadori, a proposito di atleti usciti da Sassuolo. E poi la candidatura di Emanuele Valeri, terzino sinistro di scuola Lazio, che in B ha imperversato e ora potrebbe trovarsi il terreno spianato in azzurro come vice Spinazzola. Dovrà però battere la concorrenza dell’efficace Fabiano Parisi e appunto di Pasquale Mazzocchi, spinto dal suo stesso allenatore e capace di destreggiarsi egregiamente in entrambe le fasce: non una novità, per chi lo seguiva già a Venezia. Con le conferme a rete di Immobile e Bonucci, il campionato offre altri azzurrabili più o meno inediti, come Miretti, Simone Bastoni, Maggiore, Buongiorno, Okoli, Sernicola, Scalvini, Udogie, Sottil, Baschirotto, Birindelli, Rovella, Cancellieri, Bandinelli, per non dire dei noti Dimarco, Lazzari e Zaccagni… gran calma, senza i Mondiali c’è tempo per ricostruire.

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