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gran calma #5

In Serie A sono partite le lepri. E non è ancora arrivato il de profundis della Juventus

Enrico Veronese

L'Atalanta in testa non sorprende, i risultati di Torino e Udinese sì, ma meglio mettere fieno in cascina ora per non restare senza quando servirà. Per capire questo campionato serve ripartire da Gozzano

I risultati della quinta giornata di Serie A


Fiorentina-Juventus 1-1 (9′ Milik, 29′ Kouame)
Milan-Inter 3-2 (21′ Brozovic, 28′ Leao, 54′ Giroud, 60′ Leao, 67′ Dzeko)
Lazio-Napoli 1-2 (4′ Zaccagni, 39′ Kim, 61′ Kvaratskhelia)

Cremonese-Sassuolo 0-0
Spezia-Bologna 2-2 (5′ Arnautovic, 45’+3 Bastoni, 55′ aut. Schouten, 64′ Arnautovic)
Verona-Sampdoria 2-1 (40′ Caputo, 44′ aut. Audero, 45’+3 Doig)
Udinese-Roma 4-0 (5′ Udogie, 56′ Samardzic, 75′ Pereyra, 82′ Lovric)

Monza-Atalanta 0-2 (57′ Hojlund, 65′ aut. Marlon)
Salernitana-Empoli 2-2 (31′ Satriano, 38′ Mazzocchi, 61′ Dia, 81′ Lammers)
Torino-Lecce 1-0 (40′ Vlasic)

 

 

La classifica della Serie A dopo la 5a giornata

Atalanta 13; Milan e Napoli 11; Roma, Udinese e Torino 10; Inter e Juventus 9; Lazio 8; Fiorentina, Sassuolo e Salernitana 6; Verona e Spezia 5; Empoli 4; Bologna 3; Sampdoria 2; Lecce e Cremonese 1; Monza 0.

  

Perché Gozzano è un autore perfetto per il passatista campionato italiano

Everything in its right place. Il lunch match, le partite alle tre, Loreto impagliato e le buone / cose di pessimo gusto, però che trionfo robusto / ai danni dello Specialóne: Barak rintontito, il Monza / che batte i più brutti primati, già fioccano i candidati / all’esonero col benservito. “Ma bene, ma bene, ma bene”, fa Allegri gesuitico e tardo / esplode quel Sottil Riccardo: “ma bene, ma bene, ma bene”. Come l’amica di nonna Speranza, il campionato rinasce nella sua routine non ancora autunnale e già non più estiva, con nonno Handanović rassicurante presenza nei palinsesti sonnacchiosi del weekend. Se la politica attende il big bang del 25 settembre, i campionati - tutti - non prescindono dall’inedito Mondiale invernale: gran calma come stato dell’anima, certi che l’attuale dispiegamento dei valori (gli ultimi non saranno i primi) troverà consolidamento attorno al panettone. E poi sarà già anno nuovo, proiettato al carnevale e alla Pasqua per chi la resa dei conti rimanda.

 

Perché il derby di Milano, senza mezze misure, inventa neologismi fiamminghi

C’è stato un momento, nel primo tempo del derby di Milano ancora in equilibrio, in cui Rafael Leão - alla ricerca di acqua nuotabile nella morsa interista - si è messo a fare addirittura il regista di fascia, lanciando in orizzontale come il miglior Principe Giannini, mentre Theo Hernandez si sfilava addirittura a fare il centravanti. Eccolo, il passo successivo del piolismo: per carità, non parliamo di calcio totale o di centravanti-spazio (quanto è immanente Giroud), ma la squadra che ha vinto lo scudetto pochi mesi fa sta già cambiando pelle. E a consentirgli queste mosse è anche la fisicità del nuovo Niño Maravilla, Charles De Ketelaere, che prima di trottare attorno alla trequarti andava a inibire le fonti di gioco nerazzurre (Brozović, ma anche de Vrij), come poco poteva fare il piccolo Diaz. Charles è il tentativo di dechetelare il Milan, di tornare a dargli una dimensione europea e glam dopo un tricolore casereccio: il ragazzo-copertina, le cui sopracciglia non avrebbero stonato in un numero del 2009 di Pig Magazine, per ora è solo lampi e disciplina. Ma gran calma, anche Kakà sbocciò tra ottobre e novembre...


Perché la Juve a Firenze non ha fatto schifo, come si legge in giro

A leggere i resoconti post Fiorentina-Juventus pare di aver assistito a un confronto impari, a una potenza di fuoco (poi non sprigionata negli effetti) contro l’armata Brancaleone del dopo armistizio. Inconfutabile che da una squadra di Allegri non ci si aspettano azioni circensi o predominio territoriale strapotente, ma il secondo tempo del Franchi dice che i bianconeri, raccolti in due linee modello Simeone senior, sono stati solidi e compatti come poche altre volte negli ultimi tempi. Danilo è il vero, nuovo leader della retroguardia e non solo, giocatore dalla sapienza tattica inferiore solo a Khedira, Paredes un riferimento centrale costante per i compagni, le ali concrete e capaci di sacrificio, i terzini che stringono e non lasciano passare spifferi. Certo, la rinuncia volontaria a Vlahović e Di María a mezzo servizio hanno limitato l’efficacia offensiva, ma Milik continua a segnare e dietro si balla molto poco: con questi presupposti, gran calma per quanti hanno già intonato il de profundis del corto muso e degli 1-0.

 

Perché le tre battistrada già sanno di essere come le lepri nel mezzofondo

Se l’Atalanta in vetta provvisoria può stupire solo chi non conosce le doti di continua rigenerazione tattica e organica di Gasperini, sono Torino e Udinese le due rivelazioni d’inizio campionato, per motivi differenti tra loro. Ciascuna, chiaramente, reca in sé anche il motivo per cui non dureranno fino alla fine: là dove le scelte del Gasp - spazio a Højlund e Lookman, difesa a quattro, celebrità in panchina - potrebbero causare i soliti malcontenti di spogliatoio, il razzente Toro di Jurić soffre di quanto il suo stesso allenatore andava postulando durante la famigerata crisi estiva in ritiro, ovvero la rosa risicata, la mancanza di alternative, in ultima istanza due centravanti finora poco prolifici. A Udine, invece, si godono il momento sapendo che è una scorta di provviste per la stagione del gelo: pure Sottil padre sta facendo i miracoli, un po’ per intuizioni (Pereyra largo come quando era giovane, più minuti per Lovrić e Samardzić) e un po’ per pregressa abitudine a giocare assieme. Però, specie in difesa, la qualità degli interpreti è quella che è, e non sempre Silvestri potrà metterci una pezza: strano dirlo dopo un 4-0 a favore, ma nel calcio degli episodi - e tanti ne ha avuti la Roma - è d’uopo suggerire gran calma per non vedersi data ragione troppo tardi.

 

Perché i Duemila ne sanno, e nessuno li prende più in giro

Qualche anno fa fiorivano, anche in ambiente calcistico, i meme che mettevano alla berlina alcune presunte caratteristiche dei giovanissimi nati dopo il Duemila. Una fra tutte, la scarsa conoscenza di ciò che sta alle loro spalle, di quanto avvenuto prima della loro nascita: da qui l’artificioso epos dei bomber e dei raduni nostalgisti. Ora è bastato attendere il susseguirsi naturale delle stagioni, i Duemila - di più, i 2003, presto i 2004 - popolano le classifiche dei marcatori e degli assist, e fa ancora impressione leggere quelle cifre così diverse dal 19 - cui si era abituati: solo in questa giornata sono andati a segno i già citati Højlund e Samardzić, la prima volta di Satriano, l’ormai “veterano” Udogie, lo stesso Kvaratskhelia, quel Doig che promette di calcare le orme di Hickey. Tutti professionisticamente e atleticamente già maturi, tutti per forza di cose ancora non al top: esortando sempre a gran calma perché a quell’età ci si fa presto a bruciare in una stagione, non si può non constatare che i Duemila sono qua, e hanno in mano la Serie A.