Il Giro d'Italia tra i misteri "di Santa Cristina"

Hirt vince la 16a tappa del Giro che dice che Carapaz, Hindley e Landa al momento pari sono in salita, che Almeida non molla e che Nibali je l'ammolla

Giovanni Battistuzzi

In cima al Santa Cristina, sotto l’Alpe Strencia c’è un cartello marron piccino picciò nel quale c’è scritto Passo di Santa Cristina. Nella prima carta stradale del regno d’Italia del Passo di Santa Cristina non c’è traccia. Fosse per quella, e per le carte comunali, il Passo non sarebbe un passo, ma un Valico. E nell’archivio diocesano non c’è traccia nemmeno di un Valico, ma di una Colma.

Si capisce mica cosa sia il Santa Cristina. E nemmeno perché l’abbiano dedicato alla Santa, che pure lei era un mistero: non si sa dove sia nata, non si sa come sia arrivata in Umbria, si sa solo che fu martirizzata, e in mille modi, e che venne sepolta fuori le mura di Bolsena.

Il Passo o Valico o Colma di Santa Cristina è anche un bel mistero per il ciclismo. Si è mai capito perché una salita così, cattiva e selettiva, ma capace di non impaurire sino all’immobilismo i corridori, sia sempre stata estrema periferia del Giro d’Italia. Fu scoperta nel 1991, scalata altre due volte (1994 e 1999) e poi abbandonata. Sarà forse per quel cartello marron piccino picciò che non invoglia lo scalatore, ci si fa a fatica una foto. O forse sarà perché là vicino c’è il Mortirolo, il Passo di Gavia e, ancor più in là, il Passo dello Stelvio. Chissà. Non ci sono risposte certe e definitive.

Anche oggi il Passo o Valico o Colma di Santa Cristina ha proseguito nella sua tradizione, giovane e saltuaria, di salita misteriosa.

La sedicesima tappa del Giro d’Italia 2022 ha detto che Richard Carapaz, Jay Hindley e Mikel Landa pari sono in salita. Almeno su queste salite e su queste pendenze, quelle che ballano tra la cifra singola e la doppia, quelle che dovrebbero garantire ai migliori di rimanere soli, ma che, nei fatti, lasciano tutti a provare l’allungo e a tenersi nelle gambe un minimo di margine per evitare un contrattacco. Un autoannullamento. È questo il primo enunciato del teorema dell’Aprica. Il secondo è che Joao Almeida si stacca quando la strada sale, ma mai per davvero e mai troppo. E che è sempre lì, con quattordici secondi in più sul groppone, ma sempre terzo in classifica generale.

   

Foto LaPresse
  

Teorema con due corollari.

Primo. Vincenzo Nibali non è un vecchio pensionato, al massimo un pensionando e comunque, e romanamente, ma è difficile trovare un’espressione migliore e più completa di significato, je l’ammolla ancora. E pure bene. Discorso che vale anche per Alejandro Valverde, quarantadue anni, centocinquantadue chilometri di fuga, quinto posto all’Aprica.

Secondo. Domenico Pozzovivo je l’ammollerebbe pure lui, se non fosse che ogni volta gliene capita una che nemmeno a Paperino o a Wile E. Coyote. Oggi, per esempio, ha avuto un problema alla pompa idraulica dei freni a disco e si è ritrovato per terra sulla discesa del Mortirolo.

Il resto sono impressioni. E cose appese all’incertezza e a domande tanto interessanti quanto non vaporose come l’esatta dicitura da inserire prima della determinazione di luogo geografico “di Santa Cristina”.

Su tutte il fatto che Jan Hirt non è poi tanto diverso dal Valico di Santa Cristina. Hanno la stessa spigolosità, lo stesso fascino un po’ nascosto, lo stesso quesito di fondo: perché un corridore come il ceco non è mai riuscito a diventare un protagonista in una grande corsa a tappe? Perché Hirt avrebbe tutto per stare coi primi. In salita ha passo e tigna, a cronometro non va peggio di altri scalatori e più la fatica cresce più si sente a suo agio.

 

Foto LaPresse
       

Oggi Jan Hirt ha vinto. Forse osservando il Santa Cristina si è rivisto in quella strada che saliva, che si impennava e che chiedeva solo di seguirla. Ha ripreso Lennard Kämna, che si era avventurato alla ricerca dell’improbabile – perché vincere ha già vinto e tanto valeva farlo alla grandissima – si è liberato di Thymen Arensmans, che giorno dopo giorno e corsa dopo corsa dimostra perché nei Paesi Bassi lo considerano un nome buono da spendere per salire sui podi delle grandi corse a tappe, ha incontrato l’ebbrezza dell’uomo solo al comando. Mica male per uno che l’ultima vittoria, prima di questo 2022, l’aveva conquistata nel 2016. In quattro mesi ne ha messe in saccoccia tre. Una al Giro. Oggi.