Stefano Pioli e Simone Inzaghi (LaPresse)

La volata scudetto

Simone Inzaghi si affida al suo passato per sperare ancora nello scudetto

Ruggiero Montenegro

In campo con la Lazio, l'allenatore dell'Inter ha vinto all'ultima giornata nel 2000. Segnò anche il 5 maggio 2002 quando i nerazzurri persero a Roma, consegnando il campionato alla Juve. Ma oltre alla cabala ci sono i numeri e di solito chi è davanti, conferma il pronostico. Il ribaltone è riuscito solo 4 volte

Simone Inzaghi lo sa bene, lo sa forse meglio di tutti. L'ultima volta che è accaduto, lui era in campo. E c'era pure la volta prima, quando il campionato è stato assegnato all'ultima giornata, di rimonta. Quando accade l'imponderabile e il pallone decide che è il momento di prendersi gioco dei suoi protagonisti.

E (anche) per questo ci crede, e spera che il Sassuolo possa fare la partita della vita, anche se la squadra di Alessio Dionisi non ha più niente da chiedere a questa stagione. Proprio come la Lazio di quel 5 maggio 2002. In campo senza pretese, a differenza dei suoi tifosi: "Nè Juve, né Roma, Inter Campione, lo striscione che campeggia in curva nord, feudo laziale", scandiva alla radio Riccardo Cucchi aprendo la diretta di Tutto il calcio minuto per minuto. Poi sappiamo come è finita.
 

Il gol di Simone Inzaghi, il 5 maggio 2002 (Olycom)

 

Segnò anche Inzaghi quella volta. E aveva colpito pure due anni prima, in quel Lazio-Reggina 3-0 che valse il soprasso all'ultima giornata e il secondo scudetto. A farne le spese fu proprio la Juventus, impantanata dal nubifragio, dalle pozzanghere di Perugia e affondata dal gol di Alessandro Calori.

Pomeriggi di tarda primavera che restano nella storia e segnano l'immaginario tra facce stremate, tensione e polemiche - chè diversamente non sarebbe il calcio italiano. Momenti di estrema potenza sportiva ed emotiva. E pure, in qualche misura, popolare tant'è che nella letteratura di certi tifosi il 5 maggio riporta all'Olimpico, mica a Napoleone.

 

Simone Inzaghi festeggia la termine di Lazio-Reggina 3-0 (Olycom)

Domenica a Reggio Emilia, dove al Milan basterà un pari per riprendersi lo scudetto, dopo 11 anni, sono previsti 30 gradi, e soprattutto sole pieno. Non è abbastanza, certo, per rassicurare i tifosi rossoneri. Ma oltre alla cabala ci sono anche i numeri e le statistiche. Perché se è vero che Simone Inzaghi ha una certa dimestichezza con gli ultimi 90 minuti, lo è ancora di più il fatto che di solito, chi è davanti, si cuce il tricolore sul petto.

Dalla stagione 94-95, cioè a quando una vittoria vale tre punti, lo scudetto è stato assegnato in volata sei volte. Ci sono stati due ribaltoni, appunto, negli altri casi il favore del pronostico è stato rispettato: è successo proprio all'Inter nel 2008 e nel 2010 - in trasferta contro Parma e Siena. Qualche anno prima alla Roma nel 2001, di nuovo contro il Parma, ma in questo caso giocando in casa. Si arriva così alla stagione 98-99, quando è stato proprio il Milan a vincere il campionato andandosi a prendere i tre punti a Perugia.

 

E se si ha pazienza di andare ancora indietro e scavare negli archivi, la tendenza non cambia e premia quasi sempre chi è in testa. Certo, con qualche eccezione. Sicuramente, almeno dal dopo guerra in poi, è la Juventus la squadra che più spesso si è trovata in questa situazione. Ed è anche quella che ha firmato i grandi ribaltoni. Nel 1967 i bianconeri battono la Lazio e sono campioni d'Italia a spese, manco a dirlo, dell'Inter. Mentre sei anni dopo la beffa toccherà al Milan: la Juve passa a Roma mentre a Verona si consuma la tragedia: gli scaligeri si impongono per 5-3, scudetto a Torino.

È la fatal Verona, con i suoi fantasmi che ogni tanto tornano a spaventare Milanello. Sono tornati anche qualche settimana fa, l'8 maggio, e per 45 minuti hanno aleggiato sul Bentegodi, fino a quando la doppietta di Sandro Tonali ha ribaltato il vantaggio gialloblu.

Lo scudetto però non lo vincono i fantasmi e nemmeno gli almanacchi. E per fortuna. Inzaghi, l'abbiamo detto, dovrebbe saperlo. Si è preparato già qualche anno fa, chissà se si ricorda. Ne sapranno certamente meno i rossoneri, tra le squadre più giovani del campionato. E non è detto che sia uno svantaggio, perché nel frattempo Stefano Pioli ha studiato. Tanto, e si vede. Buona fortuna.

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