Giro d'Italia. Démare è un dj set ben riuscito

Le volate nel ciclismo sono anche una questione di tempismo. Quello del francese oggi, quello di Vincenzo Nibali che ha scelto casa sua, Messina, per annunciare che questa sarà la sua ultima stagione da corridore

Giovanni Battistuzzi

Le volate nel ciclismo non sono troppo diverse da un dj set. Serve arrivare preparati e con le idee chiare, ossia avere le energie sufficienti per sprintare; capire velocemente cosa vuole la gente, ossia trovare nel marasma di ruote che si affiancano e alternano la posizione più adatta; far partire il pezzo giusto per svoltare la serata, ossia accelerare a velocità, prendere la testa del gruppo e non lasciarla più.

Le volate nel ciclismo sono un misto tra sinergia con il contesto e tempismo, basta un nonnulla e tutto si complica. Basta sbagliare uno di questi passaggi e tutto può complicarsi a tal punto da rendere lo sprint, o la serata, un mezzo disastro.

Arnaud Démare a Messina, quinta tappa del Giro d’Italia 2022 non ha sbagliato nulla. Non accadeva dal 10 ottobre del 202. Le volate d’altra parte sono un’equazione differenziale a troppe variabili, cadere in errore non è così difficile anche per matematici esperti e capaci. Il francese lo è, ma a volte anche chi è capace ed esperto può perdersi tra i numeri.

Il numero che Démare non doveva perdere, mentre valutava velocemente tutte le altre variabili dell’equazione, era il 117, quello di Ramon Sinkeldam, che sostituiva, almeno per oggi, il 113, quello di Jacopo Guarnieri. Il francese l’ha seguito, a tratti inseguito, poi ha accelerato, preso la testa del gruppo e non l’ha più lasciata. Lo striscione d’arrivo di Messina l’ha attraversato per primo. D’altra parte era riuscito a levarsi da quel groviglio di spalle e ginocchia e manubri velocissimi che filavano via su via Giuseppe Garibaldi al momento giusto, quando era apparso uno spazio tra chi lo precedeva e Davide Ballerini che aveva provato ad anticiparlo. A volte il tempismo è tutto.

Ne sanno qualcosa Mark Cavendish e Caleb Ewan, che verso la cima di Portella Mandrazzi hanno perso le ruote del gruppo nel momento sbagliato, quello della prima accelerazione della squadra di Mathieu van der Poel. Ne sa qualcosa lo stesso olandese che si è ritrovato troppo indietro quando la volata stava per partire e chiuso e senza possibilità alcuna di recupero quando era partita.

Ne sa qualcosa Vincenzo Nibali, che oggi nella sua città, Messina, ha annunciato che questo sarà il suo ultimo Giro d’Italia e i cinque mesi che ci condurranno a ottobre gli ultimi della sua carriera. Un carriera, tra i professionisti, lunga diciassette anni, nei quali ha vinto due volte il Giro e poi una Vuelta e un Tour de France, per restare ai grandi giri. Perché poi ci sono le classiche, e quei tre Monumento, due Giri di Lombardia e una Sanremo, che hanno tenuto a galla un movimento che, durante i suoi anni, faticava e non poco.

Fa un certo effetto scrivere i suoi anni. Soprattutto ora che il tempo in gruppo si sta restringendo. È mai semplice fare i conti con l’annuncio di un addio agonistico. Per il corridore. E pure per gli appassionati, anche se in questi anni la benevolenza nei confronti di Nibali è sempre stata un po’ altalenante, mai davvero purissima, nonostante le vittorie, la capacità di ribaltare situazioni che sembravano compromesse (tipo al Giro del 2016). Resta l’idea che forse avrebbe meritato più applausi e meno ma. Tant’è.