(Foto di Olycom) 

Il foglio sportivo

Ci sono i big data dietro al miracolo della Royale Union Saint-Gilloise

Francesco Stati

L’esempio del neopromosso Usg: costruito su statistiche e numeri ha vinto il girone nazionale belga

Una neopromossa in testa al campionato a fine stagione, ma non è il “solito” miracolo. Succede in Belgio e la squadra è la Royale Union Saint-Gilloise (Usg), che con il pari contro il Beerschot ha chiuso al primo posto la Pro League, senza però vincerla. Sì, perché per aggiudicarsi il titolo servirà passare dai playoff, che dal 2010 determinano chi si potrà fregiare del titolo di campione del Belgio, dividendo la stagione in due fasi (la prima con girone “all’italiana”, la seconda con cervellotici scontri tra le prime quattro in un girone da 6 partite). Per ora, dopo le prime due giornate di questa ulteriore fase, l’USG è in testa dopo aver travolto 3-1 l’Anderlecht e pareggiato 0-0 con l’Antwerp.

La squadra di Saint-Gilles è la terza più titolata del suo paese con 11 campionati nazionali (la prima è l’Anderlecht con 34), solo che non vince da un po’. L’ultimo trionfo è datato 1935 e per molti anni il club ha galleggiato tra seconda e quarta divisione belga. Poi, nel 2018, la svolta: Tony Bloom (che nel mondo del calcio gestisce anche il Brighton&Hove Albion, che milita da qualche anno in Premier League) rileva la squadra con un’idea in testa. L’idea è quella riportarla ai fasti di un tempo con una programmazione attenta e un mercato basato sui dati. Nel 2021 la vittoria della seconda divisione, poi la cavalcata trionfale di questa stagione.

Non si tratta, come spesso capita con multiproprietà di squadre, di un club satellite dove far crescere i talenti da riportare subito in casa (l’unico giocatore in rosa in prestito dai Seagulls è il giapponese Mitoma, in gol anche nella prima sfida dei playoff), né di una squadra europea da sfruttare per ottenere permessi di lavoro agevolati per calciatori extracomunitari da far entrare in Regno Unito. La guida del direttore sportivo Chris O’Loughlin? I dati. Non si guarda al nome, né alla provenienza (in rosa sono presenti atleti di 15 nazionalità diverse): la ricerca dei giocatori è incentrata su metriche relative alle performance. Il tutto seguendo i desiderata di mister Felice Mazzù, artefice della promozione dello scorso anno e di evidenti origini italiane (suo padre era un calabrese emigrato, come molti, per fare il minatore). Non solo: vengono monitorati anche i social network dei potenziali bersagli e viene effettuata una serie di interviste a ex allenatori e compagni di squadra. “Giusto per essere sicuri siano bravi ragazzi”, ha detto Alex Muzio, co-proprietario del club, all’Independent.  

Modello Moneyball, ma non è il primo nel calcio. Anche il primo caso di successo ha a che fare con la Premier League. Qualche anno fa, il proprietario del Brentford, Matthew Benham, decise di acquistare il club danese Midtjylland insieme al suo socio Rasmus Ankersen con l’obiettivo di renderlo un club di successo. I due, oltre che la passione per lo sport, hanno in comune l’amore per la statistica e l’azzardo. Alla base del successo della società di Herning (capace di vincere il proprio campionato tre volte in cinque anni) e delle promozioni in serie delle Bees (rilevate nel 2014 a un passo dal fallimento e oggi squadra di Eriksen in Premier League) l’idea di migliorare i risultati attraverso la crescita dei fondamentali statistici che portano alla vittoria, i Key Performance Indicators (Kpi), che vanno dagli xG (Expected goals o gal attesi) alla percentuale di passaggi completati per partita ai metri di campo guadagnati con ogni passaggio e così via. Anche in questi due casi, il mercato è affidato a un gruppo di analisti che seleziona i giocatori in base a quanto questi possano migliorare i Kpi futuri della squadra.

Che l’Usg vinca o meno la Pro League, le realtà che affidano le loro fortune ai dati più che al puro talento sono sempre di più. Per ora, però, solo tornei minori e meno competitivi sono teatro di storie dal sapore di favola come quelle del Saint-Gilloise e del Midtjylland. È vero che il Brentford è ormai matematicamente salvo, ma nei grandi campionati le superpotenze del calcio sembrano ancora resistere ai cervelloni rampanti delle statistiche di mercato. Chissà che le api londinesi, però, non pungano un domani le big della Premier League come non molto tempo fa riuscì al Leicester.

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