Foto tratta dalla pagina Facebook della SSC Bari

La Bari in Serie B è una buona notizia per la nostra voglia di calcio

Enrico Veronese

Domenica allo stadio San Nicola c'erano oltre duemila spettatori a vedere sui maxischermi la partita che i biancorossi stavano giocando a Latina. La passione per il pallone in Italia resiste nonostante tutto

C’erano oltre duemila spettatori, ieri allo stadio San Nicola di Bari, davanti a tre maxischermi piazzati sotto la curva nord, per assistere alla promozione diretta del Bari in Serie B, con tre giornate d’anticipo. Anche con il ritorno della capienza al 100 per cento, non tutti i supporter organizzati pugliesi hanno potuto avere accesso allo stadio Francioni di Latina, dove gli undici allenati da Michele Mignani hanno strappato il pass grazie a una rete dell’eterno Antenucci: green pass alla mano e sotto un sole estivo, venti centinaia di baresi hanno speso due euro di biglietto (devoluto all’Ucraina) per ammirare via pixel le gesta dei propri beniamini, aggiungendosi a quelli nelle case private e nei locali pubblici, anziché assiepare avanti e indietro il lungomare.

Un campionato senza storia, con “la” Bari costruita per vincere l’agguerrito girone meridionale (tra gli avversari anche Palermo, Catania e Avellino - pure nobili decadute - oltre al Foggia di Zeman) dopo quattro anni di umiliazioni fra Serie D e C, dovute al fallimento del 2018: da allora, in mano alla famiglia De Laurentiis, la risalita pianificata e solo smorzata, due anni fa, dallo spareggio perso a Reggio Emilia. I galletti sono così la prima neopromossa del prossimo campionato cadetto: faranno loro compagnia le vincitrici degli altri due gironi, in bilico rispettivamente tra Südtirol e Padova da una parte, Modena e proprio Reggiana dall’altra. Artefici del successo, oltre al 37enne Antenucci (16 reti, 7 su rigore), le punte di complemento Cheddira e Citro, il roccioso difensore Terranova, la nuova bandiera Galano e una serie di reduci dalle categorie superiori: Bianco, Gigliotti, Pucino, Paponi, Botta.

Foto tratta dalla pagina Facebook della SSC Bari
     

Un organico che andrà giocoforza rimpolpato per tentare la doppia scalata, sicuramente nei piani della proprietà: ma i De Laurentiis rischiano comunque di dover sottostare a un altro caso-Salernitana (in capo al laziale Lotito fino alla fine del 2021), dal momento che il nuovo articolo 16 delle norme federali impedisce alla stessa famiglia di detenere la maggioranza del capitale sociale in due compagini professionistiche, quali che siano le serie di appartenenza in una stessa stagione sportiva. Prima del 30 giugno 2024, quindi, i produttori cinematografici dovranno scegliere tra Napoli e Bari, senza artifici e passaggi di mano sospetti tra affini. E non è detto che, se interverranno compratori dall’estero per il team più blasonato, Luigi e il fratello Aurelio non scelgano di gettare anima e corpo in riva all’Adriatico per costruire un futuro all’avanguardia.

  

Lo sperano i duemila della curva di ieri nello stadio vuoto - sì, è ancora l’astronave voluta dai Matarrese per la finalina di Italia ‘90 e la finale di Champions League - e tutti gli altri della diaspora barese, stanchi di vivere di nostalgia per “mett’a’Cassano” e gli anni di João Paulo e Salvemini, Protti e Masinga, Andersson e il povero Ingesson, Bonucci e Antonio Conte. Con il Lecce candidato a tornare in Serie A, l’ambizione al primato regionale è più viva che mai: tutto fa brodo, per rinfocolare la passione per il pallone a partire da piazze importanti, relegate nelle categorie inferiori da fallimenti finanziari più che agonistici. Anche perché, a lungo andare, con le “favole” di scarsa portata e magari costruite in vitro si fa poca strada, quando latita il calore di una tifoseria.

Foto tratta dalla pagina Facebook della SSC Bari

  

C’erano duemila persone, domenica pomeriggio, a guardare la tv dentro il catino di strada Torrebella. E pieno zeppo era Marassi, una bolgia di colori le due gradinate; esaurito lo Stadium di Torino per il big match con l'Inter, strapieno San Siro per spingere il Milan che ha deciso di abbassare i prezzi dei biglietti. C’entra la fine delle restrizioni, ma soprattutto è il chiaro sintomo che la voglia di pallone - specie dove era stata mortificata - è inopinatamente più forte della recente delusione per la Nazionale, del livello tecnico quasi mai eccelso, di politiche volte a ridurre l’aspetto identitario in un ambiente pensato per consumatori senza radici, dei cosiddetti “eSport” e del tedio adolescenziale, di cui si continua a scrivere. E se gli stessi ultras, in gran parte, avevano già rinunciato all’assioma “o entrano tutti, o nessuno” pur di stare vicini alle esigenze delle rispettive squadre, è il segnale che il calcio italiano prossimo venturo potrà vantare un interesse inestimabile: che magari carsicamente s’inabissa, ma poi riemerge quando meno ce lo si aspetta, anche quando il calcio fa di tutto per non meritarselo.

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