Foto LaPresse

Per raccontare Juventus-Inter 0-1 serve Akira Kurosawa

Giuseppe Pastore

La vittoria dei nerazzurri sui bianconeri in due lezioni e tre punti di vista sul proseguo della Serie A

Possiamo persino tollerare che ai nostri figli venga negata l'emozione di tifare per l'Italia a uno o due Mondiali di fila, ma guai a privare un'intera generazione della sua Juventus-Inter riposante e conciliante come le peggiori cagnare condominiali. È giusto che imparino presto come si sta al mondo, o perlomeno in Italia: costringiamoli ad ammirare lo spettacolo di arte varia di due tifoserie ringhianti che si danno reciprocamente dei ladri in questa logorante specie di conflitto mediorientale applicato al calcio, in cui non si capisce bene chi abbia iniziato.

La seconda lezione di questo ineffabile Juventus-Inter 0-1 è che chi vince ha sempre ragione, sempre! E dunque Simone Inzaghi rinvia con un certo gusto la data del proprio funerale sportivo approntato dalle cornacchie con troppa fretta. Persino Handanovic, cordialmente detestato dai suoi tifosi e temuto pure dai suoi difensori, torna un portiere affidabile, mentre Allegri si prende le pernacchie nonostante la miglior Juventus stagionale, perlomeno nel perimetro degli scontri diretti contro Milan, Inter, Napoli e Atalanta (e non ne ha vinto nemmeno uno, sia praticando il cortomuso che partendo con tre punte titolari come ieri).

Il modo migliore di affrontare questo pezzo ci sembra perciò quello brevettato da un vecchio giornalista sportivo venuto da molto lontano, un certo Akira Kurosawa, che tanti anni fa nel suo agile saggio “Rashomon” insegnò l'arte di analizzare le situazioni da diversi punti di vista.

 

Juventus-Inter vista dalla Juve

Di come Allegri sia stato giocato dalla sua beffa preferita avrete già letto in abbondanza: l'Inter è passata allo Stadium con un solo tiro nello specchio della porta, peraltro su rigore. La strategia era chiara ed era stata già applicata altre volte, più o meno brillantemente, in campionato contro Roma e Milan o in Champions col Villarreal: partire forte, andare in vantaggio e poi rientrare nell'amata comfort zone. Questo ha indotto Allegri a schierare subito i suoi pezzi da novanta di modo che, quando ha dovuto estrarre qualcosa dalla panchina, s'è ritrovato in mano solamente Kean (ma perché togliere Morata?), Arthur e Bernardeschi. Il meglio s'è visto in mezzo, dove le intemperie di centrocampo hanno esaltato i bulloni di Rabiot e Zakaria, che quasi la pareggiava da solo con una gagliarda percussione da mini-Pogba. Molto meno brillante la serata di Vlahovic che ha avuto la miglior occasione sul destro, non proprio il suo piede, sul quale vi sottoporremmo un dato: nelle nove partite disputate contro le attuali prime sette della classifica, ha segnato su azione solo in una di queste (la doppietta al Milan a novembre). Paragonarlo a Mbappé e Haaland, nel sollucchero di siti e giornali che non cercano altro che titoloni a prezzi stracciati, è ancora una pia illusione. La partita di Dybala, andata lentamente spegnendosi fino alla brutta punizione del 90', suona come una triste metafora della sua parabola juventina. Lo scudetto è andato e la stagione – Coppa Italia a parte – è pressoché finita: non riteniamo un grosso pericolo la Roma distante cinque punti (che poi sono sei), visto che ha giustamente intenzione di puntare forte sulla dispendiosa Conference League del giovedì sera. Applausi convinti ad Allegri per non aver menzionato nemmeno in una sillaba l'arbitraggio di Irrati: gli juventini più oltranzisti ne saranno rimasti delusi, ma la realtà è che questo Juve-Inter 0-1 è solo l'approdo naturale di una stagione nata molto male e raddrizzata in inverno soprattutto in prospettiva 2022-2023.

 

Juventus-Inter vista dall'Inter

Torna l'Inter più squisitamente interista, quella che flirta con lo psicanalista come una studentessa in Erasmus al terzo gin tonic. La pausa Nazionale ha rimescolato un po' di carte e pensieri e Inzaghi, dipinto sul cornicione pressoché da tutti (a cominciare dagli interisti), aveva un dannato bisogno di una vittoria brutta sporca e cattiva che rimuovesse almeno per qualche giornata il trauma del derby “di Giroud”. I tre punti a Torino rendono tutti belli, biondi e con gli occhi azzurri, eppure rimangono riserve sulla qualità del gioco e sull'intensità atletica che specialmente in avvio è sembrata spaventosamente vicina al rasoterra (Barella è stato soffocato da Rabiot, e per Barella non è esattamente una buona notizia). La convivenza tra Dzeko e Martinez andrà verificata contro avversari più malleabili. Non il Verona, perché Lautaro sarà squalificato e questa potrebbe essere un'altra buona notizia per lo sfiatato Inzaghi, che in coda alla sua intervista a Dazn ha infilato una piccola verità: adesso scommetto che i favoriti torneremo noi. Non è del tutto esatto (dipende dal paragrafo sottostante), ma una squadra così navigata sa meglio delle altre che alla fine di un campionato si vive soprattutto di entusiasmi e paure. Magari Inzaghi non riuscirà a farle rimettere l'elmetto in stile Conte, ma basterà sfruttare l'onda lunga di questa vittoria di platino – leggi: almeno 22 punti nelle otto partite che mancano, tra cui l'incrocio strappacuore con la Roma di Mourinho – per trasformare l'Alcatraz degli ultimi due mesi in Alcaraz e rimandare puntualmente la pallina nella metà campo avversaria. E a quel punto può succedere di tutto.

 

Juventus-Inter vista dal Milan (e dal Napoli)

Settimana dopo settimana, il dibattito verrà orientato a seconda degli umori e delle convenienze e scommettiamo anche che al Napoli verrà riservato solo un taglio basso: sarebbe un grave errore, vista la splendida e meritata vittoria di Bergamo senza Osimhen, Rrahmani e Di Lorenzo e con il debuttante Zanoli tra i migliori in campo. Da Atalanta-Napoli e Juventus-Inter il Milan si sarebbe volentieri accontentato di due 1X: il doppio segno 2 ha fatto svanire come le nuvolette dei fumetti il sogno mostruosamente proibito e irrealistico di una passeggiata-scudetto fino alla 38^ giornata. Quel che può succedere inizieremo a scoprirlo da stasera, dove al cospetto dei 70mila spettatori di San Siro il Milan incontrerà un Bologna che in tempi normali sarebbe avversario elementare, ma adesso scatena un subconscio che in passato ha già bussato alle tempie di Pioli e dei suoi ragazzi del futuro: forse ricorderete l'angosciante Milan-Cagliari 0-0 della scorsa stagione, quando i rossoneri fallirono malamente il primo semplicissimo match point per tornare in Champions dopo otto anni. Negli ultimi due anni, in cui la leggerezza era un obbligo di vita per sopravvivere e migliorarsi, Pioli è stato il più bravo di tutti. Ma una volata-scudetto di questa complessità non è una gita scolastica, e somiglia più a una laurea o a un matrimonio: avere paura è giusto, essere agitati è necessario. Almeno per stasera serviranno i vecchi lupi, i Giroud e gli Ibra, e sarà meglio puntare empiricamente su quelli che in rifinitura corrono più veloci degli altri. Un ultimo appunto per chi fantastica di tabelle e classifiche basandosi sugli incroci del calendario (“quello dell'Inter è più semplice, Milan e Napoli insomma...”). Da stasera fino al 22 maggio le tre contendenti, di cui ormai tutti conoscono a menadito pregi e difetti, vivranno un Campionato della Marmotta in cui incontreranno sempre lo stesso avversario: l'Inter affronterà l'Inter, il Milan affronterà il Milan, il Napoli affronterà il Napoli.

Di più su questi argomenti: