Foto gentilmente concessa da Silvia Zanardi e dal suo team BePink

Il Foglio sportivo

Il ritorno della voce dei velodromo. Intervista a Silvia Zanardi

Giovanni Battistuzzi

 L’amore per la pista, la Uci Track Champions League e i sogni “ovali”. Parla la campionessa europea U23 su strada e su pista nella corsa a punti, nell’inseguimento individuale e  a squadre

Nel 1991 le telecamere di Canal+ seguirono il passeggiare tra le vie di Parigi del regista Roger Vadim. Un viaggio tra luoghi e ricordi, immagini in bianco e nero che si sovrapponevano a quelle a colori. Fu nei pressi di Pont de Bir-Hakeim che Vadim si diresse invece che verso la Tour Eiffel, dall’altro lato di Parigi. Fissando caseggiati anonimi sorrise: “Ci sono stati anni nei quali questo era un luogo mitico. Qui ci si dava appuntamento per bere, chiacchierare, esultare ed esaltarsi per i campioni del ciclismo. Qui c’era il Vel d’Hiv. Qui ci ho incontrato Hemingway, ho cantato con Boris Vian, bevuto con Barthes e Picasso, assistito all’amore di Édith Piaf con Louis Gérardin, visto Coppi far impazzire i francesi”. Prese una pausa. Il suo sguardo vagava nel vuoto. “E non c’è nemmeno una targa che dica: ‘Qui si è fatta la storia del ciclismo e della cultura francese’”. Il Vélodrome d’Hiver negli anni Cinquanta avrebbe potuto contenere, per legge, al massimo 17mila persone. C’erano giorni nei quali si stringevano sugli spalti in oltre 23/24mila.

I velodromi non vivono più in un vociare invernale continuo, sopravvivono in un saltuario accendersi e spegnersi di entusiasmi. Ma resistono ed è una resistenza attiva come dimostra quest’anno l’avvio della Uci Track Champions League, rassegna internazionale del ciclismo su pista creata da Uci e Eurosport Events. Tre tappe sono state corse (ieri l’ultima). Oggi, sabato 4 dicembre (in diretta dalle 19,30 su Eurosport), va in scena la quarta al Lee Valley VeloPark di Londra.

Foto gentilmente concessa da Eurosport 

Quattro discipline, suddivise in due categorie: da una parte la Velocità, con i ciclisti che si sfideranno nello Sprint e nel Keirin, dall’altra l’Endurance, con le prove dello Scratch e della Corsa a eliminazione (qui una piccola guida per capire quali sono le discipline del ciclismo su pista). Sull’ovale si sfideranno in 72: 36 uomini e 36 donne. Tra loro c’è Silvia Zanardi, campionessa europea U23 su strada e su pista nella corsa a punti, nell’inseguimento individuale e a squadre. Strada e pista, com’era normale un tempo, come sembrava essere diventato impossibile sino a qualche anno fa. “Anche se non sembra, pista e strada sono molto simili, almeno per quanto riguarda la preparazione. Sono compatibili, hanno un unico denominatore comune: la bici”, spiega al Foglio sportivo. “Durante l’anno mi alleno prevalentemente su strada. Poi, quando arrivano gli appuntamenti importanti, Europei e Mondiali, le cose cambiano: prevale l’allenamento nei velodromi per prendere il ritmo della pista, ritmo che poi torna utile anche su strada”.

 

Silvia Zanardi corre per la formazione BePink, è nata a Fiorenzuola d’Arda, la città di una delle poche Sei giorni sopravvissute all’oblio di questi anni. “È tra il Pavesi (il velodromo cittadino) e quello di Montichiari che mi sono innamorata della pista. Ricordo ancora quando mi ci portarono la prima volta, correvo negli esordienti. Fu amore a prima vista. Appena ho messo le ruote nel velodromo mi sono sentita a casa: il tempo volava”.

E mentre in Europa si costruiscono nuovi velodromi e il numero di appassionati è in costante aumento “in Italia non abbiamo un velodromo coperto agibile. Questo è uno svantaggio per noi. Pensare che ci sono paesi nei quali ci sono due o tre ovali al chiuso… Nonostante questo però abbiamo dimostrato di essere una nazione vincente”.

Foto gentilmente concessa da Silvia Zanardi e dal suo team BePink
 

Silvia Zanardi sogna le Olimpiadi di Parigi, intanto accumula chilometri di esperienza nelle discipline di Endurance. Prove accorciate e leggermente modificate di format rispetto a quelle tradizionali, più veloci per renderle più attrattive a un pubblico più ampio: un’opera d’“alfabetizzazione” al ciclismo su pista. “L’accorciamento è un peccato, soprattutto per una specialità come lo Scratch. Lo capisco però. Pur di favorire il ritorno della passione nei velodromi, vanno bene anche questi cambiamenti. Il mio allenatore Walter Zini mi racconta del pubblico che assiepava gli spalti quando lui correva le Sei giorni. Quel pubblico, quella festa, vorrei vederlo anch’io”.