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Piccola guida per capire come funziona il ciclismo su pista a Tokyo 2020

Giovanni Battistuzzi

Il grande giorno delle biciclette alle Olimpiadi è l'8 agosto quando si disputerà la finale del Keirin. Aspettando domenica però altre cinque discipline assegneranno medaglie (e qualcuna forse anche all'Italia)

In queste Olimpiadi c’è un giorno, anzi due, più importante degli altri in Giappone. Un giorno, anzi due, nel quale il ciclismo supererà il generico interessare multidisciplinare tipico dei Giochi olimpici, per diventare centro gravitazionale di un interesse diffuso. Il 5 e l’8 agosto, giorno di chiusura dei Giochi olimpici, gli occhi di milioni giapponesi si rivolgeranno, da una tv, al Izu Berodorōmu per quello che è l’evento più importante, almeno per loro, del programma ciclistico di Tokyo 2020: la finale del Keirin. Non c’è altra disciplina su pista che tenga, nemmeno la prova su strada o la cronometro contano di più.

Il Keirin in Giappone è una cosa seria, talmente seria che questa disciplina si corre tutto l’anno, ha un giro di appassionati che è il quadruplo di quello del ciclismo professionistico su strada e genera un giro d’affari annuo (almeno prima del Covid-19) di circa una dozzina di miliardi di dollari. Tra premi, sponsor e soprattutto scommesse. Perché il keirin è una delle poche discipline nelle quali è lecito scommettere in Giappone. Tra i corridori e gli appassionati c’è lo stesso rapporto che negli anni Ottanta c’era tra i cavalli e i Mandrake dell’ippica: innamoramento e dipendenza.

Una passione dovuta anche dal fatto che questa disciplina, tra quelle che si corrono nei velodromi di tutto il mondo, è l’unica non occidentale, l’unica che è stata inventata in Giappone.

 

Come funziona il Keirin?

Lo svolgimento è semplice. I corridori partono da fermo e si mettono a ruota di una moto che alza gradualmente la velocità sino a oltre cinquanta all’ora (45 per le donne). A due giri e mezzo dal termine (se la pista è lunga 250 metri come quella in Giappone) si toglie di mezzo e lascia i corridori liberi di fare lo sprint. Vince chi arriva primo. O almeno così alle Olimpiadi e ai Mondiali, perché in Giappone è un po’ diverso: la moto non c’è ed è sostituita da un corridore-lepre che lancia i corridori a 45 all’ora, i ciclisti devono dichiarare la tattica che seguiranno prima di partire (ossia fare la volata lunga, provare a prendere la testa della corsa all’ultima curva o tentare la rimonta sull’ultimo rettilineo) e devono montarsi le biciclette (tutte uguali) da soli.

Non differenze da poco a tal punto che solo un atleta nipponico, Harumi Honda, è riuscito a vincere un Mondiale (1987), e solo Kiyofumi Nagai è andato a medaglia alle Olimpiadi (Pechino 2008).

Quando i velodromi erano un ritrovo d'artisti

Il Keirin arrivò in Europa all’inizio degli anni Cinquanta. Il Vel d’Hiv, il più importante velodromo di Parigi, era affollato non solo da appassionati, ma anche da scrittori e artisti. Si poteva trovare Ernest Hemingway ed Edith Piaf (allora innamorata del campione della pista Louis Gérardin), Roland Barthes e Pablo Picasso, Boris Vian e André Gide. C’era ogni tanto pure Salvador Dalì che rimase affascinato “da quella strana follia che viene da Tokyo, una volgare velocizzazione di massa del derny, ma che spettacolo”, scrisse all’amico André Breton. Dalì di ciclismo su pista ne capiva abbastanza, forse non da competere con André Gide, il premio Nobel per la letteratura del 1947, che all’Inseguimento a squadre avrebbe voluto dedicare un saggio sull’armonia. Non riuscì mai a realizzarlo.

Proprio con l’Inseguimento a squadre è iniziato il programma olimpico del ciclismo su pista di Tokyo 2020 che prevede anche Inseguimento individuale, Velocità (individuale e a squadre), l’Americana e l’Omnium, oltre al Keirin.

 

Ecco, in breve, cosa prevedono le varie discipline.

Americana

Questa disciplina se la sono inventati gli americani, o meglio i newyorkesi al Madison Square Garden. La chiamavano Madison, ora va per la maggiore Americana, ma tant’è. Si corre in coppia. Ciascuna squadra schiera in gara un ciclista che può dare in ogni momento il cambio col compagno lanciandolo all’americana, ossia afferrandolo per una mano per dargli la spinta. Durante la prova si svolgono diverse volate di gruppo, assegnando punteggi ai primi 4 (5-3-2-1 punti). Vince chi totalizza il maggior punteggio complessivo a parità giri.

Inseguimento

Gli atleti devono coprire quattro chilometri per gli uomini, tre per le donne (ossia, dato che la pista del velodromo è lunga 250 metri, 16 e 12 giri). I corridori partono da fermi, uno da un rettifilo, l’altro da quello opposto (nelle qualificazioni sono soli). Vince il ciclista che riesce a raggiungere l'avversario (o in caso non riuscisse, quello che realizza il miglior tempo).

Inseguimento a squadre

Il meccanismo è lo stesso dell’Inseguimento individuale, solo che si corre in quattro per squadra. Il tempo viene preso sulla ruota anteriore del terzo ciclista che supera il traguardo.

Velocità individuale

Per Roland Barthes era la disciplina che più si avvicinava all’arte, perché formata da forza, velocità ed equilibrismo, “l’unica nella quale serve anche la maestria dell’intuizione”. Tre giri di pista, due uomini, vince chi arriva primo al traguardo. Il sorteggio impone a uno dei due di prendere la testa della corsa. E affrontare lo sprint in testa molto spesso significa perdere. Per questo si procede ad andatura ridotta, almeno sino all’ultima o alla penultima curva. Qualcuno rallenta a tal punto da fermarsi e rimane in equilibrio sulla bicicletta, il surplace. Un tempo questo poteva essere infinito (a patto di riuscirci), a sfinimento dell’avversario, ora ne sono consentiti due di al massimo 30 secondi. La bellezza dell’equilibrio ha lasciato spazio alla velocità bruta. Il nome italiano, usato ovunque sino agli anni Ottanta, all’inglese Sprint.

Velocità a squadre

Tre giri di pista (due per le donne), tre corridori per ogni squadra, (due per le donne). Vince chi ci mette meno tempo. I primi due ciclisti tirano ciascuno per un giro prima di spostarsi, e lanciare il terzo nella volata finale.

Omnium

Più che una disciplina è una sommatoria di discipline, in pratica tutte quelle che non hanno più trovato posto alle Olimpiadi ma sono ancora disputate nelle Sei giorni (quelle che sono rimaste, poche). Si corre individualmente e si affrontano quattro prove: lo Scratch (15 km per gli uomini, 10 per le donne; gara in linea nella quale conta l’ordine d’arrivo, ma nella quale si può guadagnare giri andando in fuga, ossia staccando il gruppo per riprenderlo e inserirsi da dietro); corsa a tempo (gara di gruppo di 10 km in cui, dopo i primi cinque giri di "lancio", a ogni giro si ha uno sprint che assegna un punto al vincitore – anche in questa si può guadagnare giri); corsa a eliminazione (altra prova di gruppo in cui ogni due giri viene eliminato il corridore la cui ruota posteriore passa per ultima il traguardo); corsa a punti (gara su 30 km per gli uomini, 20 per le donne, nella quale vale il risultato delle diverse volate intermedie nelle quali vengono assegnati punti ai primi quattro classificati (5-3-2-1 punti) e 20 a chi guadagna un giro).

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