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Parma-Cremonese sanguina ancora

Paolo Nori

I calciatori, scrivena Nanni Balestrini, "fanno quello che vogliamo noi, che li guidiamo dalla curva". Cercare di farlo da un albergo di Pordenone è impossibile. Per questo i ducali hanno perso?

Domenica pomeriggio ero a Pordenone, a presentare, insieme a Giovanni Francesio, responsabile della narrativa italiana di Mondadori, un libro che abbiamo fatto insieme, Sanguina ancora, che è un romanzo che racconta l’incredibile vita di Fëdor Michajlovič Dostoevskij, come dice il sottotitolo.

A un certo momento è saltato fuori Tolstoj, e io ho detto che la cosa non mi sorprendeva perché, quando si parla di Dostoevskij, quasi sempre salta fuori Tolstoj, e viceversa: se tu dici a qualcuno che ti piace Dostoevskij, quello ti chiede "ma Tolstoj, non ti piace?", se gli dici che ti piace Tolstoj, lui ti chiede "ma Dostoevskij, non ti piace?" ed è come se fosse obbligatorio stare da una parte o dall’altra, un po’ come quella domanda che ti fanno quando sei piccolo "vuoi più bene al babbo o alla mamma?". Che io, ho detto lì a Pordenone, un po’ mi vergogno, ma voglio bene sia al babbo che alla mamma, nel senso che mi piacciono molto tutti e due, sia Tolstoj che Dostoevskij, non so come mai.

 

Giovanni allora ha detto che a lui, se poteva fare un paragone un po’ irrituale, quei due lì, Lev Tolstoj e Fëdor Dostoevskij, gli ricordavano George Best e Johan Cruyff, e in particolare una partita che giocavano contro, nel 1976, Irlanda del Nord – Olanda, e, ancora più in particolare, un’azione in cui Best aveva fatto un tunnel a Cruyff e poi, alla fine dell’azione, gli era andato vicino e gli aveva detto: "Tu sei il migliore solo perché io non ho tempo".

E che, secondo lui, George Best, quello che non ne aveva tempo, era Dostoevskij e il migliore, Johan Cruyff, era Tolstoj.

E io ho detto che ero contento, che Giovanni avesse fatto quel paragone perché l’unico difetto che, per me, aveva l’invito a Pordenonelegge, era la concomitanza con la partita Parma-Cremonese e il fatto che quella sera io non avrei potuto essere allo stadio Tardini per vederla.

Quindi io Parma-Cremonese, quarta partita del campionato di Serie B 2021 2022, giocatasi allo stadio Tardini domenica 19 settembre, l’ho vista al Palace Hotel Moderno di Pordenone, in viale Martelli 1, se può interessare. 

Mi è dispiaciuto molto.

 

Un po’ perché Parma-Cremonese era la prima partita che una parte degli ultras del Parma, magari in incognito, senza striscioni, son tornati a vedere la partita allo stadio (alla prima in casa, contro il Benevento, non c’erano per protestare contro il green pass negli stadi, se non ho capito male). E a me gli Ultras del Parma, non so cosa farci, mi son molto simpatici; quando penso a loro mi vien sempre in mente quel che mi ha raccontato un mio amico che una volta, erano in trasferta a Pescara, i tifosi del Pescara avevano fatto un coro che diceva: "Solo i prosciutti, avete solo i prosciutti. Solo i prosciutti, avete solo i prosciutti". E i tifosi del Parma, avevano aspettato un po’, poi avevan risposto: "Anche i formaggi, abbiamo anche i formaggi. Anche i formaggi, abbiamo anche i formaggi".

Un po’ mi dispiaceva anche per via di una cosa che racconta un romanzo di Nanni Balestrini sugli ultras del Milan, I furiosi. Nei Furiosi di Balestrini c’è questo ultrà che dice, cito a memoria: "La gente pensa che i giocatori facciano quello che vogliono loro, in campo, non è mica vero, fanno quello che vogliamo noi, che li guidiamo dalla curva".

Allora a me, questa coincidenza con l’impegno di Pordenonelegge, impediva di guidare il Parma dalla tribuna stampa che, non voglio esagerare le mie capacità di guida di una squadra professionistica, ma la settimana scorsa, a Lignano Sabbiadoro, contro il Pordenone, chi era presente può testimoniare, li ho guidati abbastanza bene, abbiamo vinto 4 a 0. Invece dalla mia stanza del Palace Hotel Moderno di Pordenone, la cosa evidentemente non ha funzionato, se è vero che quasi subito un difensore del Parma che si chiama Cobbaut, che la settimana scorsa, a Lignano Sabbiadoro, ha fatto un partitone, domenica 19 settembre, al Tardini, ha regalato un pallone alla Cremonese e Nicolò Fagioli, un ragazzo di vent’anni in prestito dalla Juventus, si è trovato da solo davanti a Buffon, ha tirato ha fatto gol, cosa doveva fare?

Uno a zero per loro, non eran passati neanche tre minuti, dall’inizio della partita.

 

Mezz’ora dopo, al trentaduesimo, un centrocampista del Parma che si chiama Schiattarella, che a Lignano Sabbiadoro aveva fatto un partitone anche lui, perde la palla a centrocampo, cross da destra della Cremonese, Valeri, da sinistra, la rimette dentro, Cobbaut, sempre lui, poverino, la ribatte, va a finire sui piedi di Vido che non deve neanche caricare il tiro, mette lì il piede, la palla gli sbatte contro, va a finire in porta.

Due a zero per la Cremonese.

E lì, io, adesso, lo so che non è una cosa molto sportiva, ma ho smesso di guardar la partita. Che è una cosa che allo stadio non sarei mai stato capace di fare, invece nella mia stanza del Palace Hotel Moderno di Pordenone son riuscito benissimo.

 

La sentivo, e quando i commentatori alzavano la voce, guardavo, ma, nel primo tempo, non è successo poi niente di interessante.

Nel secondo tempo, invece, dopo quattro minuti sento il telecronista che dice "Rigore!" e mi rianimo un po’ “Rigore per il Parma?” penso, invece no, rigore per la Cremonese.

“Addio”, ho pensato, però il rigore l’ho guardato.

L’ha tirato Di Carmine, e Buffon l’ha parato.

 

Questo era un segno che voleva dire che la partita, nonostante la mia assenza, non era ancora finita.

Solo che poi, non ho capito bene perché, c’è stato qualcuno che è entrato in area di rigore prima che Di Carmine tirasse, forse, insomma l’arbitro ha detto che il rigore andava ripetuto. “Addio”, ho pensato. Però la ripetizione del rigore l’ho guardata.

Tira Di Carmine per la seconda volta: fuori.

E questo a me era sembrato un altro segno che voleva dire che la partita, nonostante la mia assenza, non era ancora finita.

 

Solo che poi, i venti minuti successivi, non è successo molto, o, se è successo qualcosa, è sfuggito al telecronista, ma poco la metà del secondo tempo, al sessantanovesimo, sento che grida Mihaila, Mihaila (un attaccante rumeno del Parma), Mihaila, gol! E guardo: effettivamente era vero. Mihaila aveva fatto gol.

E questo era forse un altro segno che voleva dire che la partita non era affatto finita.

 

E lì mi son messo a riguardarla, solo che poi, non eran passati due minuti, un centrocampista del Parma, che a Lignano Sabbiadoro era stato probabilmente il migliore in campo, l’italo argentino Franco Vazquez, reagisce a una provocazione, si fa espellere. Parma in dieci contro undici. 

E lì, ho cominciato a dubitare che la partita, nonostante la mia assenza, non fosse ancora finita.

 

Dopo, negli ultimi venti minuti, che io ho guardato un po’ sì e un po’ no, non è che sia successo moltissimo, solo un’altra bella giocata di Mihaila che ha scartato tre difensori della Cremonese poi ha tirato appena alto, ma insomma alla fine poi dopo, nonostante ci siano stati ben sette minuti di recupero, il Parma ha perso in casa due a uno.

E alla fine ha anche detto, il telecronista, che, in serie B, il Parma non perdeva in casa da 17 partite.

Allora, adesso, io, non è che sono uno che vuol sempre vincere, non terrei per il Parma, se fossi uno così. Anzi io, qualche anno fa, quando ho ricominciato a seguire le partite di calcio, ho scritto una cosa che diceva che vincere, sì, va bene, però, non so, per esempio, ho scritto, io mi ricordo l’Italia, i Mondiali, le due volte che ha vinto che io ero al mondo, nel 1982 e nel 2006, la gente sopra le macchine, con le bandiere, con le facce pitturate di blu, o di tricolore, a gridare, a suonare il clacson, a bere, non so, io non l’ho mica mai tanto capito, che gusto ci fosse, a vincere.

Secondo me, ho scritto, mi sbaglierò, ma quando perdi, che poi non perdi te, perdono loro, ma a te ti dispiace, e magari perdi quattro a zero, o cinque a uno, e nell’andare a casa guardi per terra e vedi tutte le foglie, tutte le crepe che ci son sull’asfalto e ti vien da pensare a tutto quello che non va mica bene nella tua vita, a tutte le cose che ti eri ripromesso che le facevi e poi non le hai fatte, tutto il freddo che hai preso, ecco secondo me, quei momenti lì, che te ti chiedi "Ma che vita sto facendo?", secondo me quelli sono momenti che a me piaccion di più, di quando sei in centro, imbottigliato sopra una macchina, che canti l’inno nazionale con una bandiera in mano e la faccia dipinta di blu, o di tricolore o di biancocrociato o in qualsiasi altro modo.

Questa cosa, ho scritto, io credo che, bene, l’abbia raccontata un tennista che si chiama Andre Agassi in un libro che si intitola Open (che ha scritto insieme a uno scrittore che si chiama Moehringer) nel passo in cui Agassi dice cos’ha pensato dopo che ha vinto il primo Wimbledon della sua vita (la traduzione è di Giuliana Lupi). "Ho la sensazione" ha scritto Agassi "di essere stato messo a parte di un piccolo, ignobile segreto – vincere non cambia niente. Adesso che ho vinto uno slam, so qualcosa che a pochissimi al mondo è concesso sapere. Una vittoria non è così piacevole quant’è dolorosa una sconfitta. E ciò che provi dopo aver vinto non dura altrettanto a lungo. Nemmeno lontanamente".

Quindi, direte, il Parma ha perso, bene, sarai contento. Invece no. Ci son due problemi.

 

Il primo, che nella mia stanza del Palace Hotel Moderno di Pordenone, in viale Martelli 1, non c’eran né foglie, né asfalto, né crepe nell’asfalto, quindi io l’effetto benefico della sconfitta non l’ho mica sentito.

Il secondo, che mercoledì prossimo il Parma gioca a Terni contro la Ternana, e io giovedì mattina devo partire presto da Bologna per andare a Schio, in provincia di Vicenza, a fare un’intervista e una presentazione non ce la faccio, ad andare a Terni, e i ragazzi, mi chiedo, come faranno senza di me che li guido dalla tribuna stampa?

Non voglio neanche pensarci.

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