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Il compleanno più bello. Antonella Palmisano si regala l'oro nella 20 km di marcia

Enrico Veronese

La marciatrice pugliese a Tokyo 2020 non era arrivata al top della forma. Ha comunque dominato la gara. È la terza medaglia azzurra nella storia olimpica di questa disciplina, la prima d'oro (e l'ottava in questa edizione dei Giochi)

La marcia è respiro. Prima ancora che regole, garretti, polpacci, è controllo dei battiti e costanza: vince chi resta uguale a se stesso, perde chi decide di strafare troppo presto. Tacco e punta, chi accenna la corsa rischia la squalifica dopo tre richiami. Tutto si sviluppa in strada, a Sapporo l’arrivo non è dentro uno stadio, e il pubblico - l’unico ammesso per la via, come nella maratona - si ferma a fotografare ed applaudire: oggi come ieri, da Palo del Colle a Mottola, dopo la faccia italiana di Massimo Stano la Puglia azzurra manda Antonella Palmisano a prendersi la medaglia d’oro nei 20 km, l’ottavo della spedizione, il quarto dell’atletica. Più di Mosca boicottata, più di Los Angeles dimezzata: ciò che una settimana fa pareva utopia, oggi è reale fantasia.

La marcia è tradizione. Si vince raramente se non si è vinto prima, se non c’è un dna sportivo predisposto alla disciplina: cent’anni fa trionfava Ugo Frigerio ad Anversa e a Parigi, poi Pino Dordoni senza unghie nell’Olimpiade sofferta di Zatopek, Abdon Pamich proprio a Tokyo 1964, l’immenso Maurizio Damilano sotto le insegne dell’orsetto Misha, Ivano Brugnetti che sbanca Atene e il discusso Schwazer a Pechino. Ci sono tutte le scuole d’Italia rappresentate, da nord a sud e pure “irredente”. Per le donne, invece, fin qui solo l’argento di Elisabetta Perrone ad Atlanta nei 10 km e il bronzo di Elisa Rigaudo (2004) nella distanza doppia. Oggi come ieri, Antonella Palmisano ha preso la testa del gruppetto via via sempre meno nutrito, sempre più sgranato. Niente azioni da finisseur, ma un passo difficile da spiegare ai più, come la scelta giovanile di marciare e non di correre.

Se Massimo - nuovo Fauner - ha dovuto liberarsi dei due ultimi giapponesi nella foresta, Antonella le ha regolate tutte alla distanza: sudamericane, cinesi, europee, il mondo di Olimpia ai suoi piedi. La differenza, solo otto minuti tra l’uomo e la donna: 1’21”05 il tempo di Stano, 1’29”12 fissato dalla neocampionessa. Lontana, la povera Eleonora Giorgi che si è infortunata a pochi chilometri dal via, ma ha voluto concludere lo stesso, col sorriso per questo ennesimo exploit di squadra.

Antonella Palmisano compie trent’anni oggi, e pochi sanno che in Giappone non era arrivata al top della forma: "Sono stata ferma quaranta giorni dopo maggio – ha rivelato non appena tagliato il traguardo – e ho pure pianto durante gli allenamenti, era quasi impossibile che io fossi qui. Avevo paura di rinunciare alla gara, ma tutto quello che ho fatto è valso la pena. Quando ero davanti mi sono rivista il film di questi anni, ieri Massimo (compagno di allenamento, ndr) mi ha dato i brividi e la scorsa notte ho sognato la gara. Ora ho solo voglia di sentire l’inno" sopra il palco nel vialone a otto corsie, tra i grattacieli e le luci, dedicato al marito e al cane rimasti a casa. Prima ancora della staffetta volante 4x100, l’Italia raggiunge finalmente la quota psicologica degli otto metalli pregiati e pareggia il proprio record di 36 medaglie, conquistate nei Giochi di casa a Roma. Li stacca una ragazza del sud, nello sport più italiano di tutti, la marcia antica: resistenza, altro che resilienza.

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