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Massimo Stano sa "ancora come si fa". Oro nella 20 km di marcia

Umberto Zapelloni

Il marciatore azzurro era arrivato a Tokyo 2020 dopo mesi di tormento a causa di una periostite alla tibia che l'ha fermato per quattro mesi fino a gennaio scorso. Se ne tornerà in Italia con la medaglia più importante

L’oro più strano arriva da Massimo Stano. Il marciatore pugliese stupisce il mondo con i suoi 20 chilometri magici, il pollice in bocca dedicato alla figlia e l’inchino finale regalato ai due marciatori giapponesi che sono finiti dietro lui. Un gesto di grande sportività. Ventinove anni da Palo del Colle, in provincia di Bari, fino a oggi aveva vinto il titolo italiano assoluto a Roma nel 2018 e l'argento agli Europei under 23 di Tampere. Nel 2019 ai mondiali era tra i favoriti, ma era stato squalificato e aveva reagito con carattere: “Me servirà come lezione ed esperienza per le Olimpiadi”.

Cresciuto sportivamente a Molfetta si è trasferito poi trasferito al nord, a Sesto San Giovanni, per poi ritornare a Ostia dove vive con la moglie Fatima Lofti, un ex siepista da cui ha avuto una figlia, Sophie, che ora ha 5 mesi e mezzo. Nel 2016, per sposare Fatima che ha origini marocchine ma è cresciuta a Varese, Massimo ha abbracciato la fede musulmana. Diplomato programmatore informatico, in forza alle Fiamme Oro, Stano ha regalato all’Italia il quinto oro nella marcia dopo quelli di Alex Schwazer nel 2008 a Pechino nella 50 km, quelli nella 20 Km di Ivano Brugnetti nel 2004 ad Atene, Maurizio Damilano nel 1980 a Mosca e quello di Abdom Pamich, proprio a Tokyo, nella 50km nel 1964. Lui se l’è preso sui 20 chilometri, ha dovuto faticare meno se così possiamo dire, ma il peso della medaglia è lo stesso e restituisce all’ambiente della marcia italiana un po’ di serenità dopo la tormenta Schwazer e in attesa di un’altra pugliese, Antonella Palmisano che ci proverà domani.

La medaglia di Stano ha sorpreso un po’ tutti ed è arrivata in fondo ad una marcia di rimonta, diventata trionfale a tre chilometri dalla fine in condizioni davvero terribili con 31 gradi di temperatura e il 63 per cento di umidità, tanto che ai rifornimenti gli atleti più che bere si facevano la doccia con le bottigliette d’acqua… Gli organizzatori hanno spedito i marciatori a gareggiare a 800 chilometri da Tokyo cercando il fresco a Sapporo, là dove nel 1972 l’oro lo aveva conquistato Gustavo Thoeni, ma in agosto in Giappone è difficile trovare le condizioni ottimali per marciare. Stano è arrivato ai Giochi dopo mesi di tormento e sofferenza non solo per il lockdown da Covid, ma anche per una periostite alla tibia che l'ha fermato per quattro mesi fino a gennaio scorso. A gennaio è in pratica dovuto ripartire da zero. "Come diceva Michael Jordan in Space Jam, devo vedere se so ancora come si fa", aveva detto tornando a gareggiare in primavera alle Terme di Caracalla.

Per l’atletica italiana è arrivato l’anno dell’oro, atteso da sempre e obbiettivamente lontano dai pronostici di tutti. Tre medaglie pregiate, da Jacobs a Tamberi e fino a Stano sono un bottino che va ben oltre le previsioni e ripagano (con gli interessi) la spedizione dalla delusione incassata da sport abitualmente miniere d’oro per il nostro medagliere che ora potrebbe addirittura sfondare il muro record delle 36 medaglie vinte a Roma 1960 nei giochi di casa quando però vincemmo 13 ori, 10 argenti e 13 bronzi. "Vincere un oro è come andare sulla luna, Massimo ha fatto una gara in testa nonostante c'erano alle sue spalle i due giapponesi favoriti, ha dominato contro i padroni di casa, è stato grandissimo", ha commentato il neo presidente della Fidal, Stefano Mei. Una luna che potremmo raggiungere ancora nei prossimi giorni.

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