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Il Foglio sportivo

La rivalità tra Hamilton e Verstappen ha ridato vita alla Formula 1

Umberto Zapelloni

Il duello di cui avevamo bisogno per tenere incollati (e fare infuriare) i tifosi

La Formula 1 è lo sport più tecnologico che ci sia. Ma senza i piloti e le loro grandi sfide, avrebbe lo stesso gusto di una cozza vuota. Il fattore umano conta, conta più di tutto il resto anche se in giro ci sono degli ingegneri che vorrebbero dei computer al volante. Per questo la rivalità tra Verstappen e Hamilton, deflagrata alla curva Copse di Silverstone nell’ultimo Gran premio, fa l’effetto delle bollicine nel vino. Rende tutto più frizzante. Fa ritornare la Formula 1 ai tempi di Senna e di Prost, di Schumacher e Villeneuve o Montoya. Gente che se le dava in pista e fuori. La Formula 1 che insegue, giustamente, la sicurezza in pista ha ancora come immagine copertina il filmato del duello tra Villeneuve e Arnoux di Digione 1979. Il ruota a ruota, le sportellate tra piloti che non vogliono mollare un metro, attirano giovani e anziani come un giardino fiorito fa con le api. La Formula 1 ha bisogno di un duello come quello che stanno mettendo in scena Verstappen e Hamilton anche se farebbe volentieri a meno di crash che catapultano un pilota contro le barriere a 51G.

 

Lewis Hamilton non vuole fare paragoni con le grandi rivalità del passato, ma ha ammesso che da bambino si divertiva un sacco a vedere i duelli tra Senna e Prost. “Ricordo quando ho iniziato a seguire la Formula 1, e in particolare a rivedere i filmati del periodo Senna-Prost. All’epoca era emozionante, non avevo idea se fosse un bene o un male per lo sport, ma ho sempre pensato che le corse ‘ruota a ruota’ sono l’essenza di questo sport, a iniziare dal karting – ha detto l’altro giorno – I momenti più emozionanti nel motorsport sono le corse ‘ruota a ruota’, e oggi fortunatamente vediamo due squadre incredibilmente vicine nelle prestazioni. Ma non mi piace paragonarci ai piloti o ai campioni del passato, è una nuova èra, un nuovo tempo, ma immagino che non sia male per questo sport. Stiamo cercando di migliorare la Formula 1 nel modo in cui interagiamo con i fan e offrendo loro le gare più emozionanti. E credo che i fan ci stiano guardando”.

 

Trent’anni dopo però il duello non si esaurisce più in pista o nel paddock. Trent’anni dopo scendono in pista i social. Quella tra Max e Lewis è la prima vera rivalità esplosa nell’era dei social media che tutto moltiplica e tutto gonfia. I due protagonisti non hanno esagerato. Non hanno neppure pubblicizzato la telefonata che Lewis ha fatto a Max il lunedì dopo l’incidente a Silverstone. A metterci becco però sono stati i tifosi, due fazioni che mai potranno andare d’accordo. Come poi sempre accade in questi tempi un po’ beceri, si sono infiltrati anche gli imbecilli da tastiera con gli insulti razzisti contro Lewis che hanno avuto un unico merito, mettere d’accordo tutti, anche Red Bull e Mercedes, nel condannarli. L’alleanza però è durata lo spazio di un tweet. Poi la Red Bull ha presentato il conto della spesa (1,8 milioni di dollari di danni) e formale richiesta contro la penalizzazione troppo morbida inflitta a Hamilton. Richiesta respinta, naturalmente.

 

Una volta arrivati in pista a Budapest, ancora prima di accendere i motori, Verstappen ha aggiunto ossigeno alle fiamme. Ha picchiato duro in conferenza stampa come un campione di taekwondo a Tokyo. “Festeggiare in quel modo mentre io ero in ospedale ha fatto vedere al mondo come sono fatti: sono stati irrispettosi”, ha buttato lì con la sua espressione da ragazzino che si è stufato di farsi prendere in giro. “Noi non avremmo mai festeggiato così dopo aver sbattuto un avversario contro un muro a 51G”, e avanti così. Costringendo Hamilton a difendersi goffamente: “Avevo visto dal maxischermo Max uscire dall’auto, non sapevo fosse in ospedale, me lo anno detto solo dopo. E comunque per la manovra non ho nulla da spiegare: rifarei tutto”. L’atmosfera è quella giusta perché i toni non si plachino. Ognuno resta della sua idea anche nel racconto dell’incidente, ma questo era abbastanza scontato. Max e la Red Bull avrebbero voluto vedere Hamilton fermato per una gara. Fossimo nel Far West potremmo aspettarci di vedere Perez andare in pista come un carro armato a colpire Lewis. Ma forse basterebbe essere ai tempi di Senna e Prost…

 

Vedremo che cosa accadrà a Budapest, una pista dove già nel 2019 erano finiti col toccarsi (e ad avere la peggio fu Lewis, che andò lungo, e poi per vincere fu costretto a cambiare strategia) e che in passato aveva visto un certo Schumacher spingere a muro il suo vecchio amico Barrichello. In palio non c’è solo il titolo d’inverno (che in Formula 1 è il titolo dell’estate) con i due contendenti separati da 8 punti. In palio c’è la supremazia stagionale e un pezzo di futuro. C’è la battaglia generazionale tra il sette volte campione del mondo e il giovane rampante che anche l’altro giorno ha ripetuto: “Io sono duro, corro in modo duro. Mi difendo e attacco così in pista, ma non sono scorretto: ho zero penalità sulla mia patente”. Frasi che hanno scatenato i tifosi di Lewis sui social. Chi comanda la Formula 1 di oggi finge preoccupazione, si augura duelli leali e corretti, ma sotto sotto ha capito che questa guerra dei due mondi è manna caduta dal cielo per uno sport alla continua ricerca dell’audience perduta. In pieno periodo olimpico qui non si accontentano di vederli partecipare, li vogliono vedere combattere. Senza farsi male, certo. Ma qualche cazzotto, anche in epoca dove il politically correct sta diventando un po’ eccessivo, non farebbe male a nessuno. Oggi, in fin dei conti, se li danno anche le signore.

 

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