L'ossessione tutta nostrana per gli arbitri, anche quando si vince

Roberto Perrone

Non il destro di Insigne né il piattone di Immobile, la scena di Italia-Turchia più vista in replay è il fallo di mano commesso dai nostri avversari. C'entra una fissazione antica, e tutta italiana, per gli arbitri e i complotti. Storia semiseria di una malattia

Stasera c’è Italia-Svizzera e io speriamo che gli azzurri se la cavino di nuovo, ma se non se la cavano, speriamo che non sia colpa dell’arbitro. Altrimenti non ne usciamo più. Ho una domanda per voi: nel dopo Turchia avete rivisto più volte il destro “aggiro” di Lorenzo Insigne, il “porca puttena” di Ciro Immobile dopo aver aperto il piattone sulla respinta del portiere turco o il fallo di mano di Mehmet Zeki Çelik? Risposta troppo facile: il fallo di mano. In euro-mondo-moviola visione è stato propinato in tutte le inquadrature, nord-sud-ovest-est, e con i commenti di solidarietà nazionale, da destra a sinistra. E meno male che abbiamo vinto. Non avessi visto la partita, mi sarei perso i due gol italiani. L’autorete dello iellatissimo Demiral (che chiederà di non giocare più all’Olimpico), neanche pervenuta.

A proposito come si chiama l’arbitro di Italia-Svizzera? Noi, per gli arbitri, abbiamo una fissazione. Per arbitri e complotti, che sono strettamente legati perché un arbitro è sempre al centro di un complotto. Ricordo che negli anni Ottanta il mitico avvocato Peppino Prisco chiamava sempre, il giorno delle designazioni, la redazione sportiva de il Giornale, dove lavoravo allora, per chiedere chi fosse l’arbitro dell’Inter la domenica successiva e mugugnare a certi nomi. Forse è il caso di fare una seduta di ipnosi: perché abbiamo la sindrome arbitrale? Non lo so, ma se chiedete a un tedesco chi erano arbitro (Gottfried Dienst, svizzero) e guardalinee (Tofiq Bakhramov, allora sovietico, oggi azero) capaci di concedere il non gol decisivo di Geoff Hurst nella finale del Mondiale ’66 all’Inghilterra, vi risponderanno che non sanno di che cosa parlate. Anche perché hanno una visione biblica, vedi Giobbe, del calcio, dove si prende e si toglie, si riceve e si dà, e contro gli inglesi un enorme gol regolare (di Lampard) non concesso lo riebbero indietro, nel 2010. 


Solo noi siamo ossessionati a un livello ospedaliero. Arbitri e arbitraggi, sviste storiche, rigori non concessi, sono materia di esame e di narrazione orale. Su “er go de Turone” ci sono stati più studi scientifici e relative pubblicazioni che sulle grandi malattie dell’ultimo trentennio. Qui i nostri bambini, fin dalle elementari, imparano i nomi di Marco Viana (o Vianna), l’arbitro brasiliano di Svizzera-Italia (Mondiale del 1954) che prima di favorire gli elvetici si fece pagare la vacanza nel loro albergo di lusso (perché noi facciamo giornalismo di inchiesta arbitrale, lo si vede anche adesso); di Ken Aston, l’inglese che tollerò il match di pugilato con il Cile (1962) ma, sul ring di Santiago, si accorse solo dei pugni degli azzurri; di Byron Moreno, l’ecuadoriano della sciagurata Italia-Corea del Sud (2002). Dite che non siamo ossessionati? Byron Moreno è financo venuto in Italia, come guest star di un programma di Rai 2, “Stupido Hotel”. Già il nome è una garanzia. Ballò con Carmen Russo e venne intervistato da Josè Altafini (non ho trovato il video in rete, mannaggia, dev’essere stato epocale), poi andò al Carnevale di Cento, due volte, a prendersi fischi e insulti, ma in fondo era una maschera e le maschere questo fanno. Ricevette il Tapiro di Striscia la Notizia, supremo attestato di notorietà.

Altra domanda per voi: ma in Francia o in Inghilterra sarebbe accaduto the same? Certo che no, perché 1) anche se l’arbitro avesse fischiato ad minchiam (copyright il professor Franco Scoglio), il giorno dopo il caso sarebbe stato archiviato; 2) avrebbero messo la sua foto alla frontiera e, nel caso avesse provato a varcarla, l’avrebbero respinto. Ma noi no, noi con gli arbitri, gli arbitraggi, le moviole, i/le (non ho ancora capito il gender, sorry) Var, abbiamo un rapporto morboso, da farci una serie, da andare in treatment. Non si spiega altrimenti il fatto che un pessimo arbitro, in Italia, diventi un feticcio. Il fischietto di Turchia-Italia, il poliziotto olandese Danny Makkelie, non diventerà un punto nero ben visibile nella storia della nostra ossessione. Dopo aver giudicato “congruo” (prima della Var era l’aggettivo con il numero di utilizzi più basso nel vocabolario Treccani) il movimento di Celik, l’Italia ha dilagato. Questo non gli ha impedito di diventare protagonista per una notte, in cui, per replay, quella manata “incongrua” è stata rimandata più volte dei gol azzurri. Ma domani è un altro giorno, se vinci. Tutto il resto viene dimenticato. Alegher. Fino alla prossima moviola. Ah, scusate, non mi avete detto chi è l’arbitro di Italia-Svizzera.

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