I rimpianti dell'Inter tra i mugugni di Conte e i piani di Marotta

Leo Lombardi

I nerazzurri hanno chiuso la Serie A al secondo posto a un solo punto dalla Juventus. Ma è una classifica che non dice tutto sulla stagione della Serie A

“Gli scudetti si vincono in difesa”, ripeteva fino alla noia Massimiliano Allegri. Ma aveva ragione, perché quello con il Milan targato 2011 e i cinque consecutivi con la Juventus li aveva collezionato impedendo agli avversari di entrare in area. Una lezione fatta propria da Antonio Conte nell'esperienza bianconera, con i tre titoli uno dietro l'altro tra 2012 e 2014. Una lezione che ha riproposto quest'anno all'Inter, chiudendo sabato con la miglior difesa della serie A con 36 gol al passivo. Ma, si sa, le regole – anche quelle non scritte di cui abbonda il calcio – hanno le loro meritorie eccezioni, e lo scudetto è andato alla Juventus, che ha chiuso con 43 reti al passivo (non faceva così male dal 2011: 47 gol, con Gigi Delneri in panchina). E la classifica servirà soltanto a ingannare chi, tra parecchi anni, andrà a leggerla e vedrà un solo punto di distacco. Penserà a un campionato combattuto fino all'ultimo istante, se non si prenderà la briga di osservare anche i risultati, frutto di una Juventus che ha alzato al piede dall'acceleratore prima del tempo, una volta acquisita la certezza aritmetica del successo.

 

Ma l'Inter dovrà partire la prossima stagione, oltre che dalla forza della difesa (contro cui si è vanamente esercitata anche l'attacco monstre dell'Atalanta), proprio da questo punto di distacco. Perché è un divario che è anche un rimpianto. Rimpianto per i due scontri diretti persi contro la Juventus e rimpianto per quanto buttato via in casa contro Sassuolo (pareggio per 3-3) e Bologna (sconfitta per 2-1) nella fase del campionato post lockdown. Sono gli snodi intorno a cui lo scudetto ha cambiato direzione instradandosi verso Torino e su cui si dovrà per realizzare l'utopia di uno scudetto finalmente non juventino. In molti ci speravano già quest'anno, forti di quanto Conte ha sempre saputo realizzare la prima stagione su una nuova panchina. Non è stato possibile per una mentalità ancora da costruire e per una squadra con lacune da colmare. Sulla testa il martellamento dell’ex ct ha provato a estirpare anni di “pazza Inter” per generare un gruppo compatto bravo nel portare a casa gli obiettivi prefissati. Sulla squadra c'è un mercato incombente in arrivo, che dovrà essere di perfezionamento e non di stravolgimento. Soprattutto con certe utopie da azzerare quanto prima, come quella legata a un eventuale arrivo di Leo Messi. L'ad Beppe Marotta ci sta provando (“Fantacalcio”), ma al momento è ancora dura convincere tifosi e, soprattutto, esperti di mercato pronti a prendere il minimo appiglio e a trasformarlo in verità acquisita.

 

Si dovrà ripartire dalle certezze che ha offerto Conte, come il lancio di giovani come Alessandro Bastoni o la conferma di Nicolò Barella (ed è un peccato che Stefano Sensi sia stato tormentato dagli infortuni). E poi la riscoperta di Roberto Gagliardini (non ci si deve fermare all'erroraccio sottoporta con il Sassuolo) e Antonio Candreva, oppure la seconda giovinezza del 35enne Ashley Young. Bisognerà ragionare su che cosa fare con Lautaro Martinez e sciogliere il mistero Christian Eriksen. Quindi puntare fisso su Romelu Lukaku, che non ha fatto rimpiangere Mauro Icardi sotto il profilo dei gol (29 stagionali) e, soprattutto, degli equilibri dello spogliatoio: sempre disponibile, dentro e fuori del campo, mai divisivo e senza il peso di una controparte invadente come la signora Wanda Nara.

 

Su tutto, occorrerà trovare un punto di intesa tra le aspettative di Conte e il disegno di Marotta. Il primo vuole gente pronta ed esperta, da gettare subito in campo (vedi Arturo Vidal), mentre il secondo pensa anche al futuro, come raccontano le mosse Sandro Tonali e Achraf Hakimi. Si dovrà armonizzare i due punti di vista – anche caratteriali, come si è visto nel burrascoso (e non è la prima volta) dopo partita di Bergamo, indice di tensione latente – e provare a portare a casa qualcosa. Perché il mercato sarà aperto, ma la stagione non è ancora chiusa, con una Europa League a portata di mano, visto il finale in crescendo dell'Inter. E la proprietà Suning freme nell'attesa di sollevare il primo trofeo della sua gestione. Se non arrivasse potrebbero (forse) aprirsi scenari oggi impronosticabili.

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