Antonio Conte (foto LaPresse)

Nella mestizia del calcio estivo, la sola certezza è l'Inter

Jack O'Malley

Il solito psicodramma nerazzurro garantisce un po’ di verve in attesa di Champions ed Europa League

Fa caldo, ci sono le zanzare (non c’è inviato da bordocampo che non ci racconti della lotta delle panchine contro i fastidiosi insetti), le partite estive fanno quasi tutte discretamente cagare ma non lo si può dire troppo forte (cosa abbiamo protestato a fare tutti questi mesi chiedendo che i campionati ricominciassero, sennò?), la Premier League è archiviata senza feste, la Serie A verrà vinta dalla solita Juventus e continuerà ad avvicinarsi sempre di più a un torneo di qualche paese dell’est Europa. Per fortuna in Italia avete l’Inter, unica e solida certezza da anni per qualunque giornalista sportivo alle prese con il mediocre calcio italiano. Possono cambiare presidenti, proprietari, direttori tecnici, amministratori delegati, giocatori e allenatori, ma si può stare sicuri che a un certo punto della stagione, quando delle altre squadre è rimasto poco da dire, i nerazzurri entrano sistematicamente nella fase-psicodramma: sconfitte evitabili che diventano ineluttabili, allenatore che sclera, retroscena su spogliatoio a pezzi e liti tra giocatori, paragoni impietosi con qualsiasi allenatore a caso del passato, meglio se scarso ed esonerato (anche se il top del masochismo lo toccano rimpiangendo Gasperini, che “guarda che capolavoro sta facendo a Bergamo”).

 

Lo psicodramma stagionale dell’Inter garantisce clic, lettori, articoli che si scrivono da soli – tipo questo – e discussioni infinite sui social network. Antonio Conte torna a essere un gobbo, Marotta un infiltrato, Lautaro diventa un traditore, Gagliardini uno da cacciare a pedate. È un po’ quello che succedeva ultimamente al Manchester United qui in Inghilterra: dall’addio di Ferguson ogni stagione era quella buona ma – salvo rarissime eccezioni comunque non all’altezza della storia di questo club, come l’Europa League con Mourinho – finiva per essere quella dei rimpianti. Se c’è una squadra a cui il lockdown sembra aver fatto bene invece è proprio quella allenata da Ole Gunnar Solskjær: non ha ancora perso, è tornata a segnare a raffica, pende dalle giocate di Bruno Fernandes e dai gol del quasi minorenne Greenwood, ha ritrovato un Pogba che ha smesso di essere insofferente e ha cominciato a divertirsi, è a un punto dalla zona Champions e potrebbe avere voglia di vincere la sua seconda Europa League, ad agosto. (A dimostrazione che in questa rubrica si beve troppo, credo di avere scritto varie volte che Solskjær doveva essere cacciato).

 

Adesso che sappiamo anche gli accoppiamenti della Champions League agostana e portoghese, possiamo rilassarci davanti al mesto spettacolo delle partite di luglio, fare pronostici che non saranno azzeccati e chiederci come sia possibile che non ci sia stata ancora una strage di Covid tra i calciatori di mezza Europa, dato che a maggio tutti gli esperti si strappavano i capelli alla sola idea che qualcuno ricominciasse a fare sport, e chiedevano di giocare senza marcature. Il deserto calcistico durerà ancora un po’, purtroppo, e c’è da sperare che non ci facciano passare la voglia di tornare allo stadio: tra distanziamenti, gel, lezioni di educazione civica dai maxischermi, divieti di cori e passerelle in difesa di questo o quel diritto, meglio fuggire il più lontano possibile, magari in mezzo al mare, su una zattera, un motoscafo, un caicco (e molta birra. Bionda).

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