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Serie Juventus. I bianconeri vincono il nono scudetto consecutivo

Francesco Caremani

All'Allianz Stadium la Juve batte la Sampdoria per 2-0 e con due giornate d'anticipo conquista il suo 36esimo campionato. Il primo per Maurizio Sarri. Il secondo per Cristiano Ronaldo, mai così decisivo come quest'anno

La nona sinfonia bianconera, con qualche stonatura di troppo, arriva dopo la vittoria contro la Sampdoria per 2-0, arriva in una sera d’estate, quando generalmente le squadre sono in ritiro, quando si pensa al mercato, si sognano acquisti immaginifici e non si vede l’ora che inizi il campionato. Arriva al termine di una stagione strana e sciagurata per via della pandemia di Covid-19, una sinfonia attesa ma non scontata, soprattutto alla luce dei ribaltoni degli ultimi match.

  

Il nono di fila è un record, è la storia della Serie A che la Juventus sta riscrivendo dal 2012 ed è il primo di Maurizio Sarri. Vinto sulla panchina di quello che è stato per alcuni anni il nemico sportivo per eccellenza, il Palazzo d’Inverno da abbattere, e adesso che in quel palazzo l’ex allenatore del Napoli siede sul trono appare tutto meno tetro e freddo, perché vincere non sarà l’unica cosa che conta ma rimane importantissimo, soprattutto in uno sport come il calcio. Difficile, però, dire se questo sia più il tricolore di Sarri o di Cristiano Ronaldo, di Dybala o di de Ligt, perché si può fare la storia in tanti modi. CR7 è abituato a farla con i numeri, Sarri ci voleva provare col gioco.

   

L’ha detto il tosconapoletano e l’hanno capito tutti, o quasi. La Juventus di Maurizio Sarri non poteva giocare come il ‘suo’ Napoli o il Chelsea, o l’Empoli. Per tanti motivi, il più semplice? Perché, nonostante i tanti agiografi del tecnico di Figline, lui ha cambiato sempre, mai uguale a sé stesso, mai con lo stesso modulo e il cambiamento più importante è stato sicuramente quello che l’ha portato dai piedi del Vesuvio alla riva del Tamigi, dove è riuscito a vincere l’Europa League, scrollandosi di dosso quell’aura da perdente di successo che è stato l’epiteto preferito con cui i detrattori hanno storicamente schernito gli allenatori che hanno cercato di vincere con la bellezza del gioco, più con gli schemi che con gli acuti. Di gioco, però, a parte il palleggio e il possesso palla, a parte alcune verticalizzazioni centrali, in questa Juventus se n’è visto poco e sulla bilancia hanno pesato di più gli acuti dei campioni bianconeri, Cristiano Ronaldo e Dybala su tutti. Resta un mistero quell’ora di calcio totale e il parziale 3-0 contro il Napoli all’inizio del girone di andata.

   

  

Se questo scudetto ha un volto è sicuramente quello di Cristiano Ronaldo, capace di segnare oltre cinquanta gol in Serie A, in due stagioni. La sua voglia di vincere s’è fusa con quella bianconera, come un DNA che si autoriproduce, un connubio perfetto di talento e determinazione per continuare a primeggiare; CR7 quello sa fare e quello vuole, per sé, per il suo business, per chi gli sta intorno, niente di più e, soprattutto, niente di meno. Ma dietro c’è l’ombra di Dybala, Dybala capitano, Dybala a tutto campo, Dybala che dà a Cristiano Ronaldo la palla del 2-0 contro la Lazio come alla PlayStation, la faccia giovane e bella degli eroi bianconeri ai quali si affianca quella dell’olandese de Ligt, bravo, forte e coraggioso, in prospettiva un portento per i successi del futuro.

  

Alla fine il nono scudetto consecutivo della Juventus è di un gruppo che si è retto sulla forza dei singoli (e di quei pochi nervi rimasti integri), più che in tutte le altre affermazioni di questi ultimi anni. E proprio per questo più di chi è sceso in campo che di chi sta dietro una scrivania, perché la squadra più volte ha dimostrato incertezze in mezzo, colpa di un reparto male assortito dove, a parte Pjanic, non si capisce chi dirige l’orchestra e chi detta i tempi, mancanza alla quale Sarri ha cercato di mettere qua e là delle pezze a seconda degli avversari: più fisicità o più palleggio, più palleggio o più fisicità, non indovinando sempre la formula giusta. Senza considerare i cali d’intensità e di concentrazione, troppi in questa stagione, che dimostrano anche un certo sfilacciamento di chi continua a primeggiare in assenza di avversari all’altezza.

  

La Juventus ha vinto ancora, come il Bayern Monaco. In Germania narrano l’epopea dei biancorossi, in Italia si storce la bocca. Addirittura una parte della tifoseria juventina rimpiange Massimiliano Allegri, dimenticando sé stessa. È quella che voleva Conte a tutti i costi e che oggi ne vorrebbe togliere la stella allo Stadium perché è diventato allenatore dell’Inter e, soprattutto, dimostrando di non conoscere affatto uno degli ex beniamini. È quella che ha digrignato i denti contro il tecnico di quel Milan che si lagnava del gol, non gol, di Muntari per osannarlo ancora oggi. È la stessa che ha ignominiosamente offeso Ancelotti, il quale si è preso straordinarie rivincite. Ed è sempre quella che dimentica una cosa fondamentale del DNA bianconero, vincere lo scudetto alla prima stagione, come Trapattoni, come Lippi, come Conte e Allegri, non è mai banale, soprattutto alla Juventus, appunto.

  

Questa è la volta di Maurizio Sarri, il quale adesso ha davanti a sé una sfida titanica, quella della Champions League. In Europa il tecnico di Figline ha più volte dimostrato di trovarsi a proprio agio, col Chelsea fino alla vittoria finale, ma quella tra la Juventus e la coppa dalle grandi orecchie è una di quelle storie d’amore dove i due si rincorrono per anni senza mai coronare il sogno. Forse anche per questo i tifosi bianconeri sono diventati più volte lividi sui social di fronte all’idea di perdere lo scudetto, come se quel tricolore fosse l’ancora di salvezza, il salvagente con il quale affrontare poi le burrasche europee, dove pesano come un macigno le sette finale di Champions perse, non sempre e non solo contro Barcellona e Real Madrid. Perché se in Italia, in queste nove stagioni, è difficile trovare un avversario vero della Juventus, in Europa dagli ottavi in poi sono tutti all’altezza della competizione.

  

Uno scudetto alla Juventus lo hanno vinto, tra gli altri, anche Heriberto Herrera, Gunnar Gren, Jesse Carver. Solo Trapattoni, Zoff e Lippi, però, hanno dato ai bianconeri blasone europeo, tanto che, nonostante le sconfitte, la Juve è l’unico club in Europa ad avere conquistato tutte le competizioni ufficiali Uefa, pure l’Intertoto (con Ancelotti in panchina). La squadra di Sarri, oggettivamente, ha vinto più per manifesta inferiorità degli avversari che per una netta superiorità di gioco, determinazione, grinta, tigna, concentrazione e voglia di vincere, quelle qualità che, gioco a parte, hanno fatto da cornice ai successi degli anni Dieci del Duemila. Sarri, però, ha più volte dimostrato che non esiste una sola strada nel calcio e che ogni squadra è una storia a sé stante e irripetibile. Con questo tricolore nasce comunque la sua Juventus, la Juventus di Maurizio Sarri, contro tutti i detrattori, esterni e interni, con molte conferme e alcune promesse mancate. Adesso tutti si aspettano il salto di qualità, chi al mercato, chi nel gioco, chi nelle vittorie. Perché se è lo scudetto che traccia il solco della storia è l’Europa che crea la leggenda, soprattutto nella memoria, fragile, dei tifosi.

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