I Mondiali di calcio del 1942 furono sospesi a causa della Seconda guerra mondiale, così come i Giochi olimpici (LaPresse)

Palloni da guerra

Maurizio Stefanini

Campionati sospesi, rimandati, oppure rivendicati. La storia del calcio è stata rivoluzionata dai conflitti mondiali, e ora pure dalla pandemia

Il coronavirus come la Terza guerra mondiale? Il dibattito imperversa. Per molti complottisti il virus sarebbe stato fabbricato e diffuso apposta per vincere una gara di influenza planetaria. Per molti economisti la sospensione della produzione sarà pure peggio. Se non altro, quando si ripartirà, non ci saranno macerie da sgomberare o edifici da ricostruire. Sotto almeno un punto di vista, però, l’impatto è comparabile. Col rinvio delle Olimpiadi di Tokyo 2020 almeno al 2021 la pandemia ha avuto un effetto che solo i due conflitti mondiali avevano avuto. La Grande guerra, che aveva fatto saltare le Olimpiadi del 1916, e la Seconda guerra mondiale, che ha annullato i Giochi del 1940 e del 1944, ma anche ai Mondiali di calcio del 1942 e del 1946.

 

Dal punto di vista delle competizioni nazionali il coronavirus è andato anche oltre. Solo quattro paesi infatti si sono azzardati a continuare il campionato di calcio, uno per continente: il Nicaragua in America, la Bielorussia in Europa, il Tagikistan in Asia, il Burundi in Africa. Poi il 9 maggio hanno iniziato il campionato le isole Faroe, e la Germania ha deciso di ricominciare la Bundesliga dal 15 maggio, ma a porte chiuse, anche se le partite vanno in tv gratis. Anche il governo britannico ha deciso di far ripartire la Premier League a giugno. Accanto a Francia, Belgio e Paesi Bassi, che hanno deciso direttamente di annullare il campionato e all’Italia indecisa, alti paesi stanno programmando il riavvio tra maggio, giugno e luglio. Fuori dall’Europa ha ripreso il calcio la Corea del sud e ha concluso il campionato di basket Taiwan, per cominciare quello di baseball. E da Taiwan sono arrivate le prime immagini di stadi con tifosi in mascherina e distanziati.

 


La Grande guerra aveva fatto saltare le Olimpiadi del 1916, e la Seconda guerra mondiale i Giochi del 1940 e del 1944. Nel Regno Unito il campionato di calcio del 1914-15 andò avanti regolarmente. Il ministro voleva mandare un segnale di normalità


 

Ma non è forse un caso se le decisioni più attese vengono da Berlino e Londra, perché furono proprio le capitali in cui il problema se giocare o no fu più acuto durante le Guerre mondiali. In Italia il 24 maggio del 1915 vide non solo il Regio Esercito “raggiunger la frontiera / per far contro il nemico una barriera”, ma anche la Figc sospendere il campionato. Allora era organizzato per eliminatorie regionali, e fu sospeso quando mancava l’ultima giornata del girone finale del nord, l’ultima del girone centrale, la finale di ritorno meridionale, la finale tra vincente centrale e vincente meridionale, e la finalissima tra prima del nord e prima del centro-sud. La promessa era quella di concludere dopo la prevista vittoria lampo, ma si dovette aspettare fino al 1919. E allora si preferì partire con un campionato nuovo dando invece lo scudetto del 1915 al Genoa, con decisione discretamente arbitraria. Nel 1915-16 era stata intanto giocata una Coppa federale la cui vittoria milanista non fu però mai omologata come scudetto, neanche quando negli undici anni che passarono tra il nono campionato vinto nel 1968 e il decimo nel 1979 i “diavoli” fecero fuoco e fiamme pur di ottenere il riconoscimento che avrebbe consentito loro di fregiarsi della sospirata stella.

 

Un cruccio simile lo ha in Spagna il Levante, seconda squadra di Valencia, che non si è mai vista riconoscere il campionato vinto durante la Guerra civile per la zona repubblicana. Con l’aggravante che il Levante di altri titoli non ne ha vinti mai. Di recente la querelle è stata riaperta da Lotito, che si è incaponito per volere l’assegnazione ex aequo del titolo alla Lazio in quanto unica finalista certa di quella competizione. Un secolo dopo, la Lazio è pure la squadra che vorrebbe riaprire un campionato che le stava andando straordinariamente bene. Corsi e ricorsi storici.

  

Nel Regno Unito, entrato in guerra nel 1914, il campionato del 1914-15 andò avanti regolarmente, su esplicita richiesta del ministero della Guerra, che voleva dare un segnale di normalità. Insomma, Boris Johnson non è il primo, a voler far vedere che tutto è risolto proprio nel momento in cui il paese è schizzato al secondo posto mondiale sia per contagi che per vittime. Allora primo arrivò l’Everton, secondo l’Oldham Athletic, terzo il Blackburn Rovers. Ma l’opinione pubblica era furibonda per la “mancanza di sensibilità”, e le incolpevoli squadre rifiutarono dunque di disputare la stagione del 1915-16 e le successive. Come in Italia, si riprese nel 1919-20, con la vittoria del West Bromwich Albion. Va detto che comunque alla fine il governo britannico dimostrò più comprensione che non adesso Daniel Ortega in Nicaragua o Lukashenka in Bielorussia, che in pratica hanno obbligato le squadre a giocare.

 

Anche allo scoppio della Seconda guerra mondiale, avvenuto dopo la terza giornata del campionato 1939-40, alle squadre britanniche fu chiesto di tirare avanti: stavolta dal ministero dell’Interno. I club fecero però resistenza passiva, nel ricordo delle polemiche del 1915, e così si arrivò a un compromesso: solo campionati regionali e amichevoli, e non più di 8.000 spettatori a partita. Si organizzò inoltre una Football League War Cup, i cui trofei non sono però omologati alle altre Coppe d’Inghilterra, e stanno in un albo d’oro a parte.

 

Anche negli Stati Uniti dopo Pearl Harbor ci fu la domanda delle federazioni se si dovesse sospendere il campionato di baseball. L’esortazione del presidente Franklin Delano Roosevelt fu di continuare. “Il gioco non potrà che recare benefici al morale sia del fronte interno, sia del personale di servizio oltre mare”, scrisse il 15 gennaio 1942 al baseball Commissioner Kenesaw Mountain Landis. Lo spettacolo però peggiorò, dal momento che i campioni non erano affatto esentati dalla leva. Per ravvivarlo, si provò allora a lanciare il primo campionato professionistico di baseball femminile. Con una caterva di licenze storiche e poetiche, la vicenda è raccontata in un film del 1992: “Ragazze vincenti”, con Geena Davis e Madonna.

 

Dall’altra parte del fronte, la Germania sospese il campionato per un paio di mesi. Ma poi riprese fino all’autunno del 1944, quando i continui bombardamenti aerei lo resero impossibile. La nazionale si era invece fermata due anni prima: non è chiaro se per la crescente difficoltà dei trasporti, o non piuttosto per i risultati sempre peggiori. “100.000 persone se ne sono andate dallo stadio in preda alla depressione, e poiché la vittoria in queste partite di calcio risolleva maggiormente gli spiriti della gente di quanto non possa fare la conquista di qualche cittadina dell’est, per tutelare lo stato d’animo popolare, tali risultati devono essere proibiti”, aveva annotato un consigliere del ministero degli Esteri citando Goebbels, dopo il 2 a 3 della Germania contro la Svezia il 20 settembre 1942. Il 22 novembre 1942 si giocò l’ultima partita, e fu una sconfitta per 5-2 a Bratislava a opera della Slovacchia, con il pubblico che faceva ostentatamente rumore durante il minuto di silenzio in onore dei caduti tedeschi. Poi i giocatori furono mandati al fronte, dove due di loro morirono in capo a un mese. Ma pochi giorni dopo lo sbarco in Normandia 70.000 persone assistettero alla finale del campionato del 1944. E il 22 aprile del 1945 il Bayern vinse per 3 a 2 un derby amichevole col 1860 München, proprio mentre gli Alleati stavano per investire Monaco.

 

Anche nel resto dell’Europa occupata il calcio continuò, sia pure con varie interferenze volte per esempio a escludere i calciatori ebrei. E se in Norvegia lo sport entrò in sciopero permanente per protesta contro l’invasione, in Olanda è proprio durante la Seconda guerra mondiale che il calcio divenne uno sport di massa: era il più a buon mercato dei passatempi rimasti a disposizione. Una storia intricata è quella del campionato che fu organizzato a Kiev tra varie squadre degli occupanti tedeschi, romeni e ungheresi, quella dei nazionalisti ucraini Rukh e una Start in cui erano confluite le due squadre cittadine del periodo sovietico, la Dinamo e la Lokomotiv. Un 5-3 inflitto dalla Start il 9 agosto del 1942 a una rappresentativa tedesca, arbitro un ufficiale delle Ss, ha fatto nascere la famosa leggenda della “partita della morte”: minacciati prima della partita, i giocatori sarebbero stati uccisi per aver osato sconfiggere i nazisti, e varie versione parlano addirittura di un portiere fucilato dal dischetto del rigore. Trasposta in un film ungherese e in uno sovietico, la vicenda sarebbe stata poi ulteriormente trasfigurata nel kolossal hollywoodiano del 1981 “Fuga per la vittoria”, di John Huston, con Pelè e Sylvester Stallone. Ma la verità è che la Start giocò anche un’altra partita il successivo 16 agosto, sconfiggendo il Rukh per 8 a 0. Poi qualcuno spiegò infine ai tedeschi che essendo la Dinamo la squadra del ministero dell’Interno i suoi giocatori erano formalmente membri della polizia segreta di Stalin, da cui l’arresto degli otto membri della Start provenienti da quel club: i tre della Lokomotiv, squadra delle ferrovie, furono invece lasciati stare. Tre degli arrestati riusciranno a fuggire, e cinque moriranno nei lager. Il nucleo di verità storica su cui dopo la fine della guerra la propaganda sovietica imbastirà la leggenda dei giocatori uccisi in mezzo al campo e ancora con la maglietta addosso.

 


La mossa vincente dello Spezia, nel 1943 sesta in serie B, che ebbe la sponsorizzazione dei Vigili del fuoco e ci guadagnò un’autobotte. In Italia fino al 1942 giocò perfino la Nazionale. Tre partite: due a Genova contro Ungheria e Croazia, una a Milano contro la Spagna


 

Quanto all’Italia, all’opposto che nel 1915, nel 1940 decise di andare avanti: lo scudetto del 1940-41 fu vinto dal Bologna, quello del 1941-42 dalla Roma e quello del 1942-43 dal Torino. Anzi, fino al 1942 giocò perfino la nazionale, anche se solo tre partite: 1-1 il primo dicembre 1940 a Genova contro l’Ungheria; 4-0 il 5 aprile 1942 ancora a Genova contro la Croazia; 4-0 il 19 aprile 1942 a Milano contro la Spagna. Dopo di che, con lo sbarco in Sicilia e l’8 settembre, il campionato nazionale divenne impossibile. Ma gli italiani decisero testardamente di andare avanti, in una dimensione localista che Antonio Papa e Guido Panico nella loro “Storia sociale del calcio in Italia” definirono argutamente “di Medioevo calcistico”. Il Campionato di guerra dell’Alta Italia, organizzato per eliminatorie regionali con tutte le squadre del nord disponibili e disputato tra 16 gennaio e 23 luglio 1944, fu effettivamente il più rappresentativo, anche se ovviamente alterato dal caos della situazione. La squadra dello Spezia, nel 1943 sesta in serie B, con la sponsorizzazione dei Vigili del Fuoco cittadini fece la mossa vincente, nel senso che ne ottenne un’autobotte sopra la quale venne costruita una piattaforma di legno per i viaggi dei giocatori. Non solo venne così risolto il problema degli spostamenti: particolarmente spinoso in quei tempi di bombardamenti continui. Stivando l’autobotte di generi alimentari da rivendere alla Borsa nera, fu anche risolto l’altrettanto spinoso problema dell’autofinanziamento. Alcuni storici del calcio elogiano comunque anche l’allenatore Ottavo Barbieri, inventore di un originale “mezzo sistema” che contaminava i due differenti modelli del metodo all’italiana e del sistema all’inglese: tre attaccanti, tre centrocampisti, tre difensori in marcatura e un quarto difensore antesignano del libero.

 

L’Italia e il mondo erano un mattatoio, il 4 giugno 1944 gli Alleati erano entrati a Roma, il 6 giugno c’era stato lo sbarco in Normandia, ma l’11 giugno per i tifosi del Bologna il pallone era ancora una cosa abbastanza importante da far invadere loro il campo per un goal dubbio convalidato allo Spezia. Vincitori a tavolino di quel match e arrivati al girone finale con Torino e Venezia, i Vigili del Fuoco La Spezia quel torneo se lo aggiudicheranno. Ma dopo la vittoria a sorpresa per 2 a 1 nella partita decisiva con i granata la lobby torinista, allora forte in Figc, otterrà di degradare il titolo a “Coppa Federale”, per lasciare al Torino il titolo di campione d’Italia conquistato nel 1942-43. Solo il 22 gennaio del 2002 la Figc ha infine deciso di dare allo Spezia un titolo onorifico da apporre in permanenza sulle divise sociali, così come le stelle dei dieci scudetti.

 

Su quel precedente la squadra pugliese del Conversano ha chiesto a sua volta un riconoscimento analogo per il Campionato dell’Italia Libera vinto nel 1944. Torneo più limitato geograficamente, ma la legittimità istituzionale è quella che il nuovo stato repubblicano, attraverso i governi del Cln, ereditò delle “quattro province del re”, sempre rimaste sotto il controllo della monarchia sabauda in Puglia. Anche il Conversano, che come lo Spezia non è mai stata in serie A, fu avvantaggiato dall’afflusso di giocatori sfollati. In particolare, il portiere Leonardo Costagliola: già in A col Bari nel 1942-43, e che dopo la guerra sarebbe tornato in A nel Bari e nella Fiorentina, difendendo anche per tre partite la porta della Nazionale. Come la Lazio, pure il Conversano ha chiesto lo scudetto. Ma anche quella richiesta è stata per ora ignorata, presumibilmente per evitare il precedente. La Lazio, oltre a quello del 1915 e a quello del 2020, potrebbe infatti chiedere pure uno scudetto del 1944, come vincitrice di un Campionato romano. Sarebbero tre scudetti a tavolino su cinque. Ma anche la Roma nel 1945 vinse un Campionato Romano, oltre a un “campionato supplementare” del 1944.

 

Lo Stabia si aggiudicò poi il Campionato campano del 1944-45. Il Palermo un Campionato siciliano. La Fiorentina un Campionato toscano. Il Genoa una Coppa città di Genova del 1945. Il Bari un Campionato pugliese del 1945. Il Como il Torneo benefico lombardo del 1944-45. Insomma, Todos Caballeros, eccetto i partecipanti al Torneo Fiat, che fu organizzato a Torino nel 1945, e che non venne mai assegnato. Motivo: l’ultima giornata era stata programmata esattamente per il 25 aprile. Il Torneo Benefico Lombardo ebbe invece carattere transbellico: girone d’andata prima del 25 aprile, sotto l’autorità della Repubblica sociale; girone di ritorno dopo il 25 aprile, con il Cln. Cambiavano i regimi, restava il pallone.